Politik | Il ritratto

La paura di annegare

La Lega è probabilmente il partito più in salute di Bolzano e l'unico in grado di poter già esprimere un candidato sindaco ufficiale: Carlo Vettori.

Aspetto Carlo Vettori nel fumoir dell'Hotel Laurin. Sono le cinque e mezzo di un cupo pomeriggio di metà novembre, ma – a solo tre giorni dagli attentati che hanno fatto ripiombare un intero continente nella paura – l'atmosfera ovattata del grande albergo rende tutto (persino l'orrore) un po' distante. Il mio interlocutore è informato sui pregiudizi che ho nei confronti della Lega: un partito che privilegia i moti istintivi al ragionamento, che usa slogan crudi e non raramente offensivi nei confronti degli immigrati, che confonde volutamente “Islam” (cioè un contesto religioso vasto e variegato) e “islamismo” (la sua degenerazione fondamentalista e terroristica) e che, a livello locale, ha incassato moltissimi voti solo dopo che il suo “capitano”, Matteo Salvini, nel famoso comizio di piazza Matteotti esordì equiparando la zona intorno alla stazione di Bolzano a un quartiere martoriato di Beirut.

Vettori compare comunque puntualissimo e, smentendo perlomeno con l'aspetto posizioni troppo drastiche, suscita l'impressione di un britannico venuto solo per bersi un tè e tirare qualche boccata di pipa nel suo club preferito (“in realtà – mi confessa – al Laurin ho ripreso a venire solo da quando mi occupo di politica, prima ci venivo solo per impressionare le ragazze”). Vedendolo, nessuno crederebbe al fatto che, in questo momento, si tratta dell'unico candidato sindaco apertamente dichiarato in procinto di presentarsi al giudizio degli elettori per voltare pagina dopo l'uscita di scena di Gigi Spagnolli. La nostra conversazione inizia perciò dal fallimento della precedente giunta comunale.

Mai stati vicino a Spagnolli

Per rompere il ghiaccio provo a ricordargli la voce che fu fatta circolare per solleticare un'opinione pubblica già sulla via del disgusto, allorché Spagnolli – ricorderete – si dibatteva come un'anguilla, constatando le scarsissime probabilità di sopravvivenza del suo terzo mandato. La voce, in sostanza, ventilava l'ipotesi che la Lega potesse dare una mano al sindaco morente per scrollarsi di dosso i riottosi eco-sociali. “Guardi, per dir la verità quella voce fu messa in giro da qualcuno che contava già pochissimo all'interno del suo stesso partito (Antonio Frena del Pd, ndr) e infatti non ebbe alcun seguito. In quel periodo la Lega era (e se vogliamo ancora è) il terzo partito in città, il primo gruppo di opposizione. L'operazione dunque era impossibile perché noi siamo un partito dichiaratamente anti-Pd e Spagnolli era il tramite della politica del Pd a livello locale, quindi non era certo il caso di appoggiarlo. Se ci fosse stata solo la Svp, sarebbe stato un altro discorso...”. Un altro discorso evidentemente sospeso su un futuro molto lontano, visto che comunque l'autodistruzione del Pd sulla scena politica nazionale (e locale) appare sul medio termine decisamente irrealistica. O forse no? “Il Pd – prosegue Vettori con lo scetticismo di chi non ha bisogno di farsi troppe illusioni – non è un partito unitario, sconta il suo vizio d'origine. Essendo nato dalla fusione della Margherita e da quel che restava del vecchio Pci, sarà sempre destinato ad avere problemi. Ma noi potremmo considerare soltanto una collaborazione con un partito non troppo di sinistra”.

Tutta un'altra storia

Vettori (classe 1982) usa con disinvoltura il gergo della rottamazione (pur non ricorrendo ovviamente alla formula renziana). Cita con modestia le preferenze ricevute a maggio (“166, se non ricordo male, e per essere la prima – considerando che gli italiani barrano in genere solo il simbolo – posso ritenermi abbastanza soddisfatto”) e dice che la fase attuale è quella di un nuovo consolidamento. La stagione in cui la Lega viaggiava ai suoi minimi storici, gli scandali legati all'amministrazione fraudolenta che erose fino all'osso la leadership di Umberto Bossi, non solo è messa definitivamente alle spalle, ma sembra la preistoria di un mondo parallelo e remoto. La parola d'ordine, quindi, è “resettare”, scordarsi il passato, o fare persino finta che non sia mai avvenuto: “Non avevo mai votato Lega prima di entrare a far parte del movimento, cioè fino a tre anni fa”. Anche la figura di Elena Artioli è considerata, con malcelato fastidio, un fantasma con il quale non si vuole avere a che fare (“una delle condizioni per la mia adesione era che non ci fosse più lei”). “Adesso è tutta un'altra storia”, sintetizza, omaggiando il Mosè che ha ridato un contorno alla terra promessa.

Un'azienda in cui vince chi grida più forte

A parte l'ovvia gratitudine per il segretario federale, Vettori coltiva comunque un culto salviniano piuttosto assennato e pragmatico. Ma l'esser compassato non esclude strategie variabili. La non inedita teoria della comunicazione propagata, per esempio, recita: “se tutti gridano non è che puoi metterti a parlare a voce più bassa”. Il populismo – orgogliosamente rivendicato come mera vicinanza alle esigenze del popolo – può dunque permettersi di assumere anche dei toni esasperati. L'importante è non naufragare nell'indifferenza, che sta inesorabilmente abbattendo la partecipazione, e strappare quanti più possibili “like”. “Noi comunque – ci tiene a precisare preoccupato di contrastare una sensazione diffusa – non viaggiamo solo sull'onda di Salvini, né tanto meno prendiamo ordini da Trento. Anche se magari ci giocheremo ancora la sua carta pesante, il segretario federale tira, ora dobbiamo imparare a camminare con le nostre gambe. E a questo proposito posso dire che in Consiglio comunale abbiamo avuto una discreta percentuale di produttività, pur considerando la nostra mancanza di esperienza. Sì, io penso che fare politica sia come portare avanti un'azienda: se non ti dimostri produttivo è meglio che cambi mestiere”.

“Per adesso guardiamo solo a noi stessi”

Nonostante il cronista ci abbia provato, è inutile cavare da Vettori una dichiarazione su possibili alleanze, scoprire qualche indizio piccante (o almeno non troppo sciapito) sulla prossima campagna elettorale. “Per adesso non guardiamo da nessuna parte, raccogliamo solo informazioni in mezzo alla strada. Sarebbe del resto inutile accovacciarsi ai piedi di un grande nome e non avere un programma. Prima cerchiamo di capire quali sono i punti discriminanti del nostro programma e poi vediamo chi ci sta”. Sull'ordine di priorità dei punti programmatici, intanto, il candidato sindaco leghista fa registrare una piccola sorpresa: “Non è vero che vogliamo puntare solo sul tema della sicurezza, anche se resta certamente al top dei nostri interessi. A mio avviso la città deve ripartire dal lavoro, dall'economia. Occorre ridare a Bolzano lo smalto che merita, la centralità degna del suo ruolo di capoluogo. Altrimenti rischiamo di diventare un dormitorio”. Qui si innestano le inevitabili considerazioni su Benko (più che gradito sul consolidato asse “riqualificazione di una zona degradata” e “opportunità per le imprese locali”), ma il tema della sicurezza, apparentemente smorzato in precedenza, torna prepotentemente fuori quando il discorso va a toccare gli evergreen della propaganda leghista: contrasto dell'immigrazione selvaggia e difesa dei valori identitari.

Dalla prudenza alla chiusura

Se le prossime elezioni comunali sono (ancora) abbastanza lontane e impalpabili, quasi esasperante si è fatta invece la pressione della cronaca internazionale (ma anche di quella locale). Pongo a Vettori ripetutamente la domanda: lei pensa che l'Islam sia una religione votata di per sé alla degenerazione estremistica? La risposta si sforza di essere sofisticata, nascondendo il punto d'intolleranza nella piega della parola integrazione (che poi, a guardar bene, ha la stessa radice di integralismo): “L'integrazione può avvenire solo se chi vuole essere integrato cessa di costituire un problema per chi è disposto a integrarlo. So benissimo che anche la cultura islamica ha contribuito ad arricchire la nostra, ma nella situazione attuale io non scorgo molto impegno, da parte dei musulmani, nel prendere le distanze da quello che alcuni criminali stanno facendo in nome di Allah. Se, come dicono tutti, i fondamentalisti sono una sparuta minoranza, a fronte di una grandissima maggioranza di musulmani moderati, allora perché i moderati non riescono a circoscrivere ed estinguere le cellule malate?”. In attesa che venga trovata una risposta plausibile a un problema di dimensioni epocali, l'istinto che prevale è così quello di una prudenza che cede facilmente alla chiusura: “Vede, il problema è a monte. Non avendo più un caposaldo come il reato d'immigrazione clandestina, non abbiamo più neppure le poche certezze che potevano garantirci una minima selezione. Noi non siamo contrari a tutta l'immigrazione, ma vogliamo che vengano stabiliti con rigore dei paletti per evitare l'arrivo di individui potenzialmente pericolosi o dei cosiddetti profughi economici, che a mio avviso non hanno diritto di essere accolti”.

Zukunftsmusik

Auspicata una maggiore chiusura nei confronti dell'esterno, quando torniamo a parlare di Sudtirolo (Vettori predilige questa espressione ad “Alto Adige”, almeno mi pare) i sigilli, quasi per incanto, si riaprono all'interno. “Posso dire di essermi riaccostato alla politica perché, almeno da quando vivo con una compagna di madrelingua tedesca, ho avuto il pallino, il miraggio, il sogno di fare un partito interetnico. Mi ero stufato delle solite divisioni. Io vengo dal conservatorio, ho studiato violoncello, e nella musica non ci sono preclusioni: quando suoniamo il problema linguistico sparisce completamente”. Tuttavia, l'orchestra euroregionale che Vettori ha in mente è pur sempre a denominazione di origine controllata (e quindi circoscritta ai principali gruppi che risiedono storicamente sul territorio). Anche l'autonomia, per intenderci, è vista esclusivamente come un meccanismo di tutela buono a proteggerci dall'impoverimento e dal rischio di essere spodestati a casa nostra. Più o meno una declinazione veneta della questione, quello che conta sono in primo luogo i schei. Ma se “venissero meno le condizioni socio-economiche che ci hanno assicurato la prosperità”, il rischio di un disfacimento del collante sociale potrebbe essere evitato da ciò che auspicano già i denigratori delle conquiste autonomistiche (ovvero gli indipendentisti)? Vettori non dimostra di essere molto avanti nell'esame della problematica, consolandosi per adesso col dato – peraltro del tutto ipotetico o quanto meno millantato – di stare “nell'unico partito italiano gradito anche ai tedeschi”. E a questo proposito non manca neppure un'ultima stoccata nei confronti dei “sedicenti progressisti”: “Tanto per capirci, io non avrei neppure nulla in contrario se il prossimo sindaco di Bolzano fosse di madrelingua tedesca. Quando è stato fatto il nome di Durnwalder – nei confronti del quale ho molta stima, anche se penso che non rappresenti ciò di cui abbiamo bisogno per il nostro futuro – chi ha gridato vade retro è stato Carlo Costa, uomo del Pd, a mio avviso palesemente prigioniero di vecchi schemi etnici, ormai superati”.

La paura di annegare

Prima di chiudere l'articolo faccio in tempo a leggere che la Lega ha in mente di organizzare un nuovo presidio al Brennero (si terrà sabato 21 novembre, alle ore 15.00). Chiederanno che venga sospeso il trattato di Schengen. Mando un messaggio a Vettori domandandogli la ragione di un'iniziativa così estrema. Mi risponde così: “Vogliamo la sospensione provvisoria del trattato fino a quando non si calmeranno le acque”. Ha scritto Zygmunt Bauman: “I confini sono tracciati per creare differenze, per distinguere un luogo dal resto dello spazio, un periodo dal resto del tempo, una categoria di creature umane dal resto dell'umanità. Creare delle differenze significa modificare le probabilità: rendere certi eventi più probabili e altri meno, se non addirittura impossibili”. Nel mondo diventato liquido c'è sempre chi ha paura dell'acqua, e cerca così di risolvere la situazione illudendosi di poter prosciugare rivoli, fiumi e mari. Per non annegare.

 


 


 

 

 

 

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Dr. Streiter Sa., 21.11.2015 - 23:39

Gabriele Di Luca fragt ob der Islam eine extremistische Religion ist. Aus seinem Selbstverständiss als toleranter Europäer eindeutig zu beantworten und ein Hinweis auf den Extremismus Vettoris oder wie der Mensch da heisst. Leider ist diese Frage doch etwas schwieriger als die Frage ob Hitler ein guter Mensch war.
Wenn Führende Islam Gelehrte zum Mord an Hamed Abdel-Samad aufrufen weil der den Islam mit dem Faschismus vergleicht.
Wenn der Koran eine alltägliche Gesetzgebung vorschreibt die mit unseren Werten nicht vereinbar ist (bitte Koran: lesen birgt wirklich keine überraschung. Penible Gesetzgebung für ein Kamelhirtenvolk vor 1400 Jahren das Ewigen Gültikeitsanspruch stellt, für ein Europa des 21.Jh? Hallo?). Wenn jeder Atheist in einem Muslimischen Land den Tod zu fürchten hat, und meine Freunde haben das erlebt! Habt ihr einen Rassisten wie Salvini nix entgegenzusetzen ausser dass wir uns Selbsverleugnen? Der Islam darf in die Moschee wie das Christentum in die Kirche. In der Politik, und in der Gesellschaft gibt es null Toleranz für ihn. D.h.: kein Schleier in Europa. Keine Friedensgerichte. Kein separater Schwimunterricht und die absurde Idee das Schweinefleisch unrein ist wird in den Mensen nicht toleriert. Kein Gebetsteppich in der Arbeit. Wer feststellt seine Religion verbiete es einer Frau die Hand zu geben, das ist ganz klar ein Kündigungsgrund oder ein Ausweisungsgrund falls er noch nicht Staatsbürger ist.
Ob der Islam zu Europa gehört, hat vor allem der Islam noch nicht gezeigt.

Sa., 21.11.2015 - 23:39 Permalink