Change non cambia
10 Febbraio 2016: undicesima volta del “Giorno del Ricordo”, ricorrenza istituita nel 2004 di cui potete leggere in lungo e in largo su Giap e non solo. Una giornata all’insegna della rimozione, perché istituita con caratteristiche che perpetrano visioni distorte della realtà storica. Chiunque vuole che si faccia luce su quanto accadde nelle tre parentesi temporali separate cui “il Ricordo” si riferisce, quindi la finestra tra l’Armistizio dell’8 Settembre ’43 e la creazione della OZAK (Zona d'operazioni del Litorale adriatico), l’immediato dopo guerra e l’esodo che avvenne tra il ’46 e il ’53. Ben diverso è però il discorso impostato dalla giornata così istituita, ma non è questo il luogo per ribadire quello che potete già leggere nell’articolo di Lorenzo Filipaz, 24 FAQ per il Giorno del Ricordo: il problema attuale è la mistificazione e rimozione funzionale al discorso vittimista e alla riproduzione dello schema mentale degli “italiani brava gente”, la deriva verso una storia condivisa infallibile. Chiunque si permette di insinuare il dubbio cercando fonti, riscontri e verità storiche viene infatti tacciato di negazionismo.
Parte di questa mistificazione è l’utilizzo di fotografie fuori contesto, che vengono ribaltate di significato: le vittime e i carnefici vengono invertiti in modo funzionale al discorso, quindi le vittime slave diventano feroci aguzzini di innocenti, colpevoli solamente di essere italiani. Il lavoro di debunking di Piero Purini in collaborazione con il gruppo di lavoro “Nicoletta Bourbaki” sui falsi fotografici è diventato in questo senso importantissimo e sempre più conosciuto.
Il problema di questi falsi è soprattutto che il loro utilizzo non è preceduto da alcuna ricerca o approfondimento: il fact-checking è una pratica in disuso anche per i giornalisti (vero Biloslavo?), figurarsi per l’utente medio che si accontenta di scrivere qualche parola nei motori di ricerca.
In vista del 10 Febbraio le ricerche per riempire volantini, manifesti o post sui social network si faceva frenetica e altrettanto diventava il lavoro di ricerca e smentita. Sono state fatte centinaia di segnalazioni, ma io ho visto una risposta decente e le scuse per l’errore solo dal Mattino di Foggia (trovate qua la tweet-line)
A sinistra il volantino della Destra di Storace con la fotografia modificata e ribaltata, a destra il contesto originale estratto dall'articolo di Piero Purini
“Il sonno della ragione genera mostri”. In questo caso orrori, foto completamente errate a sostegno di tesi pericolose.
In casa Storace devono aver dormito fino a tardi, infatti hanno preso la cantonata più famosa del Giorno del Ricordo (ma è solo una delle migliaia) appena passato, non solo utilizzando una foto in maniera impropria ma addirittura modificandola amplificando l’errore. Potete leggerne sul Fatto Quotidiano e questo esempio è indicativo del clima intorno alle Foibe: la sinistra (quella vera, non il PD che si riempie la bocca di antifascismo e poi va alle cerimonie con chi porta la bandiera della RSI o lo stendardo della Decima Mas) viene accusata di negazionismo perché non accetta tutto come oro colato… ma poi è la destra ad utilizzare un falso e la storia a proprio uso e consumo, finendo per stravolgerla e negarla.
Ma arriviamo al punto di questo articolo: Change.org
Foibe? Dal nome sembra una marca di pentole!
Il 10 Febbraio su RTL la speaker Jennifer Pressmann si lascia scappare questa battuta infelice, che subito un patriota riporta in una petizione su change.org proponendo di boicottare RTL per l’accaduto. Per rinforzare la serie di imprecisioni che riesce ad infilare in una sola frase, l’ideatore della petizione Gianni Lombardi aggiunge una foto.
Quale? Chiaramente la stessa di Storace, terzo risultato cercando “foibe” su Google immagini (grazie alla Rai e a La Storia Siamo Noi), lo stesso falso che in qualche centinaio di tweet Wu Ming ha cercato di smascherare.
Ovviamente la cosa non sfugge e subito parte la richiesta di Wu Ming per la rimozione almeno della foto “ribaltata”
Change.org chiede un po’ di tempo e noi aspettiamo con ansia. Peccato che l’esito sia veramente deludente:
Cari amici di Change.org, oggi vorremmo dare una risposta al collettivo Wu Ming e cogliere l’occasione per raccontarvi...
Pubblicato da Change.org su Lunedì 15 febbraio 2016
In un post su Facebook Change risponde citando le proprie policy, che porteranno sostanzialmente a nulla di fatto: solo il promotore può cambiare la foto e può essere sollecitato a farlo dalla piattaforma, ma gli amministratori del sito non faranno nulla di più e se ne laveranno le mani.
Si scopre così una falla non indifferente nel sistema di Change.org: se una foto non è esplicitamente violenta non c’è alcun modo per toglierla. Anche se è palesemente errata e propaganda un messaggio opposto, diventando due volte violenta perché rappresenta cinque morti la cui memoria viene profanata nel momento in cui vengono trasformati in carnefici.
Insomma, già lo strumento delle petizioni online ha un valore puramente retorico, visto che anche raggiungendo grandi numeri non è detto che qualcuno vi presti reale attenzione, ma per una piattaforma che si propone di essere “aperta, forte e sicura per tutti” è ridicolo non adattare le proprie policy ad un errore logico che viene fatto notare. O, se proprio cambiare le policy di un’impresa sociale da milioni di contatti e dollari, con uffici in oltre 20 paesi e centinaia di impiegati, è troppo complesso si poteva trovare una soluzione che rendesse giustizia: la sostituzione o rimozione forzata della foto. Non si sarebbe trattato di infrangere la policy, ma di intendere in modo più ampio l’accezione di “violenza” già presente nella policy.
Se Change.org si pone l'ambizioso obiettivo di poter cambiare il mondo con le proprie petizioni, forse ha bisogno di cambiare prima sé stesso, modificando questa policy. O almeno modificare la petizione incriminata e non ripetere questo errore in futuro.
Il commento su Giap in cui
Il commento su Giap in cui rimando all'articolo http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=23737#comment-28764
Per chiunque volesse leggere di Spazzali (direttore dell'Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia), della sua dichiarazione in cui i migranti di oggi "fuggono al primo bau" mentre gli esuli giuliano-dalmati sarebbero rimasti "se avessero potuto difendersi. Insomma, un articolo sui cortocircuitie le volontà politiche legati al Giorno del Ricordo. Navigando un po' nell'articolo potete trovare anche (moltissimi) altri riferimenti.
Siamo tutti d'accordo nel
Siamo tutti d'accordo nel dissentire dalla strumentalizzazione di fatti storici, sopratutto se si arriva ai paradossi come l'(ab)uso di immagini da parte di forze più o meno (dichiarate) fasciste. Però a leggere quest'articolo come i link ai quali rimanda, non posso non constatare come ci sia una lettura politica diametralmente opposta dei fatti storici volta a minimizzare crimini di guerra e contro l'umanità che sono senza ombra di dubbio avvenuti.
Questo è il motivo principale per il quale ho sempre nutrito seri dubbi sull'antifascismo in Italia ed in Europa. Chi si dice antifascista, da comunista convinto che i crimini degl'uni alla fine sotto sotto siano stati meno peggio dei crimini degl'altri, non può che essere definito un mentecatto (per non usare altri termini).
Antwort auf Siamo tutti d'accordo nel von Mensch Ärgerdi…
Nessuna minimizzazione, i
Nessuna minimizzazione, i crimini vi sono stati, nessuno li nega. Ma è sbagliato estrapolarli dal contesto (quello che avviene con questa impostazione del Giorno del Ricordo) ed è sbagliato scollegarli dalla documentazione storica (quello che avviene quando si diffondono falsi).
Tant'é che l'accusa di negazionismo mossa a Cernigoi ed altri non è basata sulla loro rimozione dei crimini titini, ma sul fatto che loro intendano ridurre il termine "infoibati" a quanti vennero realmente infoibati, mentre un'altra, diciamo, corrente di pensiero (che è quella più istituzionale avvantaggiata dal GdR) mette tra le vittime delle foibe anche quanti perirono in altre situazioni. Il discorso sugli esuli è ancora più difficile.
Non è questione di dire che un crimine è stato peggiore di un altro, né di giustificarne alcuno. Si tratta, visti i decenni di difficoltà a parlare del tema, di ristabilire storiograficamente cosa sia accaduto, ricostruendo un contesto senza il quale è inutile parlare degli "effetti". Senza contare che, spesso, pure gli effetti sono travisati. Vogliamo evitare sia il riduzionismo che rimuove le colpe italiane, funzionale al vittimismo e alla retorica del "buon italiano" (http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=18453), sia l'esagerazione che chi non si attiene ai dati fa.
Nell'articolo cito le FAQ di Filipaz che chiariscono bene questa posizione.
Posso anche consigliarti questo articolo ( https://avanguardiedellastoria.wordpress.com/2015/03/02/una-zia-quasi-i… ) di Tommaso Baldo, di cui allego una citazione:
"Senza dubbio per capire la vicenda di mia zia occorre conoscere questo «dopo», ma anche il «prima» e «l’intorno», due cose che in Italia tendiamo invece ad espellere dalla narrazione o a riassumere un po’ troppo.
Se infatti dimentichiamo di raccontare cosa stava accadendo in quel momento sul confine orientale e in tutta la jugoslavia cosa rimane della vicenda di mia zia? L’immagine di due energumeni armati di tutto punto che minacciano una maestra elementare."