Nihil sub sole novum. La citazione biblica torna alla mente leggendo sul quotidiano "Il Corriere dell'Alto Adige" di un progetto per realizzare una linea tranviaria atta a collegare il quartiere di Casanova con il centro storico. Tracciato ipotizzato quello lungo le vie del quartiere di Don Bosco e costo stimato, non indifferente, quello di 100 milioni di euro, da reperire magari frugando tra le pieghe dei bilanci europei. Di riportare il tram a far da protagonista nella viabilità cittadina si parla almeno da un decennio. Sarebbe, come detto, un ritorno dato che i vagoncini su binari hanno collegato il centro al quartiere di Gries sino ad epoche piuttosto recenti.
C'è però un altro momento chiave della storia della viabilità bolzanina che meriterebbe di essere ricordato a fronte di questo recente entusiasmo per la tranvia come mezzo ideale per il trasporto pubblico urbano.
Per capirci occorre tornare all'inizio degli anni 80 quando, con grandissimo entusiasmo di tutti i bolzanini e in specie di quelli dotati di un mezzo a due o a quattro ruote, viene completato il progetto per lo spostamento a sud della zona industriale della ferrovia Bolzano Merano. Il tracciato originario della linea ferroviaria, quello realizzato ancora in epoca asburgica, correva infatti lungo le rive dell'Isarco. Quando fu costruita la ferrovia la zona era ancora aperta campagna, ma già alla fine degli anni 30, con la nascita della zona industriale, la linea ferroviaria aveva finito per tagliare in due la città, con i passaggi a livello posti in coincidenza dei vari ponti, a bloccare più volte al giorno e il traffico pedonale e veicolare. Già prima della guerra era stato quindi elaborato un progetto per spostare la linea ferroviaria verso sud, ma gli eventi lo avevano lasciato inevitabilmente a prender polvere in un cassetto. Era divenuto poi di stringente attualità negli anni del dopoguerra, con l'aumento del traffico. Per i bolzanini quelle attese eterne ai passaggi a livello di ponte Roma, ponte Loreto e ponte Resia erano divenute un supplizio quotidiano. Fu dunque una specie di festa cittadina quello da celebrare il giorno in cui i treni per Merano cominciarono a passare sulla nuova linea.
A testimoniare l'esistenza del vecchio tracciato rimasero, per moltissimi anni, i binari ancora ben collocati sulla vecchia massicciata. Solo in tempi più recenti si è deciso di utilizzare quello spazio per collocarvi una pista ciclabile che sfrutta anche il vecchio ponte in metallo che attraversa il torrente Talvera poco prima che questo vada a gettarsi nell'Isarco.
Quei binari abbandonati fecero nascere però in qualche cervello lungimirante le ipotesi di utilizzare la vecchia linea per farvi correre un tram che, all'epoca il quartiere Casanova non esisteva, avrebbe comunque potuto collegare in modo rapidissimo la zona di via Resia con il centro, fungendo un po' da spina dorsale di un servizio di trasporto pubblico da ampliare magari anche ad altre zone della città. L'idea non pareva del tutto balzana nemmeno all'allora sindaco di Bolzano Giancarlo Bolognini che però, prospettandola in modo del tutto informale qualche interlocutore, si rese conto di dover remare controcorrente.
I bolzanini si erano appena liberati con enorme sollievo della vecchia ferrovia e, anche se il tram garantiva un sistema molto meno penalizzante per il traffico privato, non avevano nessuna intenzione di veder sfrecciare su quei binari qualche altro mezzo. L'idea fu così lasciata cadere e i binari rimasero ad arrugginire inutilmente. Fosse stata realizzata, si sarebbe forse potuta collegare oggi con quella che gli abitanti di Appiano e Caldaro chiedono vanamente di realizzare per risolvere in modo definitivo i loro problemi di accesso alla città. Anche qui una ferrovia c'era e l'esempio di ciò che è stato realizzato in Val Venosta permette di immaginare lo straordinario impatto che una struttura del genere avrebbe anche sotto il profilo turistico.
Vale la pena di pensarci, forse, o, meglio ancora di ripensarci.