Politik | Diario dal Konvent
L'asse Svp-Schützen
Foto: salto
“Mi pare che la maggioranza di voi voglia che il termine autodeterminazione compaia esplicitamente nel documento finale. Noi giuristi avevano preferito indicarlo senza citarlo. Però, se volete l'autodeterminazione, allora avrete l'autodeterminazione”: sono passate le nove di sera quando il professor Roberto Toniatti rende esplicita la deriva a cui il Konvent è arrivato.
Nella volata finale l'asse Svp-Schützen si ricompone e sposta ancora più a destra il risultato, nonostante il tentativo del team giuridico (Toniatti, Happacher, Von Guggenberg) di moderare i toni. Il risultato è un documento approvato solo dalla parte tedesca con il dissenso di quasi tutta la parte italiana. Perfino Toniatti, alla fine, dichiarerà di non essere più d'accordo. Peggio di così, la Convenzione non poteva andare. La seduta, la penultima (di venerdì, 16 giugno, ndr), è convocata per discutere della bozza di documento conclusivo. Il team giuridico ha fatto il possibile, almeno nella forma, per evitare le provocazioni. La linea del documento è comunque quella della “Autonomia integrale”, tanto integrale da odorare di stato indipendente. Ma non basta ancora.
Nella volata finale l'asse Svp-Schützen si ricompone e sposta ancora più a destra il risultato.
Ancora una volta è la coppia Durnwalder-Perathoner a guidare il gioco col sostegno del gruppone degli Schützen: il documento è ottimo, dice Perathoner, ma non è giusto che la parola autodeterminazione non vi compaia. “Possiamo magari registrare che la maggioranza dei colleghi italiani non è d'accordo”, aggiunge l'Obmann Svp di Bolzano (e presidente della società privata di trasporti SAD) senza neppure capire la gravità di quello che sta dicendo. Ma come, su una questione delicata come lo Statuto di autonomia si va a colpi di maggioranza etnica? Con i tedeschi che mettono in minoranza gli italiani?
Se Silvius Magnago e Aldo Moro avessero agito così ai loro tempi, saremmo ancora agli anni delle bombe. La nuova generazione Svp non ha di queste delicatezze. Ma non solo la nuova generazione: Luis Durnwalder rincara la dose. L'ex Landeshauptmann (e consulente della società privata di trasporti SAD) pretende che quella parola, propria quella parola, sia messa nel preambolo dello Statuto: “Il diritto all'autodeterminazione è contenuto in trattati internazionali sottoscritti anche dall'Italia”, dice, facendo il finto tonto sulla potenzialità esplosiva di quel termine nel Sudtirolo e nell'Europa di oggi. Così la “SAD-Fraktion” guida il Konvent contro il muro, e gli altri e le altre Svp gli vanno dietro.
In una questione delicata come lo Statuto di autonomia si va a colpi di maggioranza etnica? Con i tedeschi che mettono in minoranza gli italiani?
La destra va a nozze. Uno dopo l'altra, (Von Ach, Lun, Rottensteiner, Feichter, Tschenett, Niederhofer) il gruppo degli Schützen tesse le lodi del “documento equilibrato” e aggiunge che a renderlo perfetto ci manca solo quella parola, autodeterminazione. Magari esplicitando un po' meglio che la Regione, sì, insomma, che la Regione va abolita.
La sterzata a destra getta sconcerto tra chi non aveva ancora capito dove si andava a parare. Claudio Corrarati dice che lui non ha ancora avuto tempo di leggere e valutare il documento, che poi ne deve parlare con la sua “rete economica”, che insomma chiede più tempo. Laura Senesi dice che lei deve discuterne coi suoi sindacati, e intanto chiede perché nel documento non si faccia alcun accenno al fatto che qualcuno (una minoranza, certo) aveva proposto anche la scuola bilingue.
Anche Bizzo cerca di allungare la minestra, addirittura proponendo che prima di concludere si convochino in audizione i ministri degli esteri austriaco e italiano. Ti puoi immaginare. La richiesta di rimandare tutto alle calende greche fa imbestialire i conventuali, che da un anno e mezzo si sentono le cavie di un esperimento claustrofobico, e non vedono l'ora di concludere. Le carte ormai sono sul tavolo, il gioco è chiuso, piaccia o non piaccia a chi fa il pesce in barile.
La richiesta di rimandare tutto alle calende greche fa imbestialire i conventuali, che da un anno e mezzo si sentono le cavie di un esperimento claustrofobico, e non vedono l'ora di concludere.
Poi tocca a noi. Per noi intendo il sottoscritto e Laura Polonioli, la vicepresidente. Ormai non è un segreto che noi due da settimane lavoriamo in tandem: abbiamo presentato nel corso della Convenzione ben sette documenti su tutti i punti essenziali, da un preambolo autonomista alle proposte per una convivenza moderna e europea: scuola bilingue, superamento della proporzionale, eliminazione della clausola dei 4 anni di residenza per votare, flessibilità della dichiarazione etnica, democrazia diretta e partecipativa, più poteri ai Comuni e status speciale per Bolzano capoluogo, Regione mantenuta in forma leggera ma conservando la funzione legislativa, giudici del Tar per concorso e non per nomina politica, norme di attuazione che devono passare dai Consigli provinciali e tante altre cose ancora. Abbiamo fatto questo lavoro costante e viene riconosciuto. Quando parliamo ci ascoltano e ci rispettano. E l'annuncio di una nostra comune relazione di minoranza è accolto come una cosa naturale e giusta. Anche per questa seduta ci siamo preparati.
Parte Laura chiedendo, anche a mio nome, alcune rettifiche al documento finale, laddove sono citate, ma in modo scorretto, le nostre posizioni che il Konvent ha messo in minoranza. I punti sono: la riforma della Regione (da specificare che deve restare una funzione legislativa su materie comuni alle due province, stabilite con intese tra i due consigli), l'elenco di competenze (noi non siamo d'accordo nel complesso dell'elenco, non solo su alcuni punti) e una frase infelice sui magistrati locali. Il rispetto si vede da questo: il team giuridico prende nota e alla fine comunica che tutte e tre le proposte di modifica sono accettate.
Poi tocca a me. Dico grazie al team, ma non è un grazie formale. “Al contrario di chi è intervenuto prima di me – dico – io non credo che il lavoro fatto sia stato ottimo e meraviglioso. Anzi! Il processo della Convenzione è stato pieno di errori gravi, è mancata una moderazione indipendente, non è stato seguito il metodo della ricerca del consenso, ma la logica maggioranza-minoranza. A voi tre giuriste è stato chiesto di rimettere a posto tutto questo caos e tutti questi errori (sorriso di gratitudine sui volti di Happacher e von Guggenberg, sì con la testa di Toniatti) e voi l'avete fatto scrivendo un documento che mi sento di definire onesto. Sì, le cose sono andate così. E aggiungo: purtroppo. Ma ormai è andata così”.
E adesso come se ne esce? È la domanda di tutti. “Se ne esce senza pasticci ulteriori” aggiungo io. Il quadro è questo: c'è una maggioranza che va in una direzione chiara, e chi non è d'accordo è in minoranza e potrà redigere (non è obbligatorio, ma possibile per legge) una propria relazione di minoranza. A questo punto scopro le carte e annuncio che il sottoscritto e Laura Polonioli presenteranno una comune relazione di minoranza. Lo faremo restando fedeli al processo: non sarà una relazione campata per aria o inventata all'ultimo momento (come farà qualcuno che si fa rivedere dopo mesi di assenza o disimpegno).
Sarà una relazione che riunirà i sette documenti che già abbiamo ufficialmente presentato, in una nuova redazione coerente e sintetizzata. Lo facciamo come componenti del Konvent che hanno lavorato sodo e seriamente e che nel lavoro hanno trovato convergenze sul contenuto. Per questo lo facciamo insieme. Non c'entrano appartenenze politiche o ideologie. Si tratta di concludere un percorso in cui siamo stati tra i più impegnati.
Il mio discorso viene seguito in silenzio e mi sembra che alla fine abbia rasserenato gli animi: si vede una via d'uscita chiara e leale, verso tutti. Fuori dai pasticci, fuori dalle ambiguità, fuori dai continui cambi di opinione di parecchi componenti della Convenzione (che hanno creato continue incertezze e nervosismi) e fuori anche dalla conduzione caotica del presidente del Konvent.
Anche lui, il Tschurtschy, mi sembra sollevato: anche lui vede una via d'uscita e la imbocca senza indugi. Magda Amhof, che mi siede accanto e ha fatto con Brigitte Foppa l'esperienza della elaborazione partecipata della legge sulla democrazia diretta, riprende il discorso così: “Il documento finale indica l'indirizzo di fondo (die Grundausrichtung) del Konvent. Chi non si riconosce in questo indirizzo lo dice e ha diritto a spiegarlo, se vuole, in una relazione di minoranza. Come si fa quando si discute una legge in Consiglio provinciale”. A questo punto Tschurtschenthaler chiede chi farà relazioni di minoranza: si alzano come annunciato le mani di Riccardo Dello Sbarba e Laura Polonioli. Si alza la mano di Bizzo. Si alza la mano di Vezzali.
E, a sorpresa, si alza anche la mano del professor Toniatti, l'estensore del documento finale. Ma dopo le modifiche apportate stasera neppure lui è più d'accordo col testo.
Cinque mani. Di persone di lingua italiana. Sulle nove totali del Konvent.
Cinque mani. Di persone di lingua italiana. Sulle nove totali del Konvent. Altri due, Corrarati e Senesi, si aspettavano che il presidente chiedesse se c'era anche chi non era d'accordo, pur senza scrivere la relazione di minoranza. Ma il Tschurtschy non lo fa e chiude la seduta. Così Corrarati e Senesi restano appesi per aria, chiedendosi come faranno, di qui al 30 giugno (ultima seduta) a segnalare che non sono d'accordo. Corrarati spera ancora in una dichiarazione comune e critica col Wirtschaftsring. Vedremo. Intanto stasera è stato approvato un documento col dissenso di 7 persone di lingua italiana sulle 9 presenti. La spaccatura etnica in materia di Statuto segna il clamoroso fallimento della Convenzione e della maggioranza SVP-PD che dopo averla istituita l'ha mandata alla deriva.
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Warum man an prominenter
Warum man an prominenter Stelle dieses Pamphlet's dreifach und fett markiert auf eine "SAD-Fraktion" hinweisen muss erschließt sich einem nicht wirklich.
Ist es reine Verbitterung oder der Versuch ein thematisch völlig irrelevantes Spielfeld als Negativ-Vorlage für sein eigenes Anliegen zu missbrauchen?
Schade, denn damit zieht Dello Sbarba den Rest seiner Kritik in ein Licht, wo er selbst nicht zu erklären vermag, wie in der direkten Demokratie Ergebnisse erzielt werden sollen, mit denen immer alle Recht und Gefallen finden.
Sehr, geehrter Herr Kofler,
Sehr, geehrter Herr Kofler,
ich gehe davon aus, dass die User von Salto lesen können. Es steht "Tagebuch aus dem Konvent". Ein solches kann wahrscheinlich nur einer schreiben, der dort drinnen sitzt. Wer Riccardo Dello Sbarba ist wird man wohl kaum jemand mehr erklären müssen. Wir haben uns ganz bewusst, für diese direkte persönliche Sichtweise entschieden.
Aber vielleicht sollten wir in Zukunft über solche Gastbeiträge "Achtung (grüner) Politiker!" schreiben, damit Sie zufrieden sind.
Ich jedenfalls habe eine andere Auffassung von Journalismus. Deshalb waren/sind auf diesem Portal von Landeshauptmann Arno Kompatscher abwärts auch immer wieder Politiker verschiedenster Couleur als Autoren zu Gast.
Dabei geht es weniger darum, was einer ist, sondern was er zu sagen hat. Das werden wir auch in Zukunft so handhaben.
Auch weil wir wissen, dass unsere Leserinnen und Leser so kritisch sind, dass sie normalerweise merken und verstehen, was sie da lesen.
PS: Damit es auch für Sie klar ist: Christoph Franceschini, Chefredakteur von Salto.bz.
Antwort auf Sehr, geehrter Herr Kofler, von Christoph Fran…
Lieber Christoph, ich wünsche
Lieber Christoph, ich wünsche Euch etwas mehr Empfänglichkeit für berechtigte Kritik. Wenn Ihr Euch bemüht seht, Beiträge von, sagen wir, Thomas Benedikter mit den Worten "Hinweis zu Community-Beiträgen: dieser Beitrag gibt die persönliche Meinung des Autors und nicht notwendigerweise jene der Redaktion wieder." zu versehen, aber bei einem Politiker auf jegliche Kennzeichnung verzichtet, dann ist die Optik tatsächlich schief. Frage mal die geschätzten Heines, die hier ja mitlesen und -schreiben, ob sie die Rolle der beiden so offensichtlich differenzieren können, wie Du hier mit einer Selbstverständlichkeit voraussetzt. Apropos Heine: dass dem armen Hartig Heine konsequent die Erwähnung seines Namens als Author verwehrt wird (wie übrigens auch meiner Wenigkeit), trägt genauso zur Verwirrung bei wie die belegbare Tatsache, dass immer mehr Artikel als "Redaktion/Redazione" anstatt von Redakteuren gekennzeichnet werden, um bei nächster Gelegenheit über anonyme Kommentoren zu stänkern. Ja, ich weiß, "kritische Saltoleser" erkennen die Redakteure mittlerweile am Schreibstil, oder besser gesagt, an Angriffslustigkeit und Spracheleganz. Jedenfalls sind patzige Verteidigungsreflexe bei Feedback aus der Community sicher nicht hilfreich, um eine Partnerschaft mit kritischer Leserschaft zu erwirken, sondern eher um einen geschlossenen Fanclub zu betreiben. Natürlich steht es Euch frei, die Bälle nicht flach zu halten...
Antwort auf Lieber Christoph, ich wünsche von Benno Kusstatscher
Ich verstehe die ganze
Ich verstehe die ganze Aufregung, bzw. Polemik, hinter diesem Artikel nicht.
Man hätte statt "Diario dal Konvent" vielleicht noch irgendwo "Gastbeitrag" in der Leiste einfügen sollen.
Ich glaube, dass jede Redaktion das Recht hat Gastautoren einzuladen und sich deshalb nicht vor dem Herausgeber und den Lesern rechtfertigen muss. Hier ist es eindeutig, dass man aus politischen Gründen den Gastkommentator nicht goutiert und sich auf Formalismen aufhängt. Ein Gastbeitrag ist immer "die persönliche Meinung des Autors und nicht notwendigerweise jene der Redaktion".
Salto.bz ist sehr bemüht, die unterschiedlichen Autoren und Herkunft der Beiräge zu kennzeichnen. Die allergroße Merheit der Leser können mittlerweile aufgrund der Kennzeichnung auch Community- von Redaktionsartikel gut auseinander halten.
Die Erwähnung des Namens von sog. Kolumnen und dessen Autoren müssen wir natürlich nachbessern.
Antwort auf Ich verstehe die ganze von Max Benedikter
Nur fürs Protokoll: ich
Nur fürs Protokoll: ich "goutiere" Riccardos Beitrag eigentlich schon.
Antwort auf Nur fürs Protokoll: ich von Benno Kusstatscher
Lieber Benno, der Bug wurde
Lieber Benno, der Bug wurde behoben.
Antwort auf Lieber Benno, der Bug wurde von Max Benedikter
Danke Max, gut auch zu wissen
Danke Max, gut auch zu wissen, dass es ein technischer Bug war
Antwort auf Ich verstehe die ganze von Max Benedikter
@ Max Benedikter:
@ Max Benedikter:
Ich habe Schwierigkeiten, den Sinn des Satzes "Die Erwähnung des Namens von sog. Kolumnen und dessen Autoren müssen wir natürlich nachbessern" zu erfassen. "Dessen Autoren" kann sich ja grammatikalisch gesehen nur auf "Namen" beziehen. Wer sind aber die Autoren der Namen? Werden hier Namen einfach von Autoren erfunden? Für eine Aufklärung wäre ich dankbar.
Antwort auf @ Max Benedikter: von Hartmuth Staffler
Aber liebend gerne!
Aber liebend gerne!
Benno Kusstatscher hat salto darauf aufmerksam gemacht, dass wenn er einen Beitrag als Kolumnist erstellt, sein Name unter dem Vorspann nicht erscheint. Also wenn man die Detailansicht des Artikels angeklickt hat, versteht man nicht mehr wer am Ende der Autor ist. Das selbe passiert bei Herrn Heine.
Also ein technischer Bug, den wir hoffentlich zeitnah lösen können.
Hat natürlich wenig mit der Kritik an die fehlende Gastbeitrag-Kennzeichnung des Dello Sbarba Beitrags zu tun.
Ich hoffe ich konnte Ihre Neugier stillen.
Antwort auf Aber liebend gerne! von Max Benedikter
Leider geht die Erklärung an
Leider geht die Erklärung an meiner Frage vollkommen vorbei. In dem von mit zitierten Kommentar ist die Rede von "Autoren von Namen". Das heißt also, dass Autoren Namen erfinden. Ich finde das nicht in Ordnung.
Antwort auf Leider geht die Erklärung an von Hartmuth Staffler
Tut mir leid. Ich kann Ihnen
Tut mir leid. Ich kann Ihnen hier nicht helfen. Sie können mich über FB mittels privater Nachricht erreichen.
Unter diesem Artikel haben wir alle, einschließlich mir, am Thema vorbei diskutiert.
Antwort auf Tut mir leid. Ich kann Ihnen von Max Benedikter
Ich registriere, dass man mir
Ich registriere, dass man mir auf meine Frage nicht antworten will. Das ist sehr schwerwiegend und ein Fall von absolut unseriösem Journalismus. Als Ausrede kann ich höchstens gelten lassen, dass hier Schreiber am Werk sind, die von der deutschen Sprache und ihren Regeln nicht die geringste Ahnung haben. Quod erat demonstrandum.
Riccardo dello Sbarbas
Riccardo dello Sbarbas Beitrag ist tatsächlich nicht als Gastbeitrag gekennzeichnet. Er hat mich in dieser Form auch erstaunt! So ein Privileg!
Inhaltlich aber erstaunt mich am Meisten, dass sich Riccardo komplett in einen der ethnischen Käfige des Grünenheiligen Langer verbarrikadiert! Ein Grüner, der so vehement monoethnisch argumentiert, erinnert eher an die Suaden der italienischen Rechtspolitiker, als an Einen, der seit Jahrzehnten interethnische Politik macht!
Wenn für die Grünen der Begriff der Selbstbestimmung so unerhört schrecklich und in der heutigen Zeit so politisch unkorrekt ist, dann müssten sie auch gegen die Wiedervereinigung Deutschlands sein, gegen die Trennung von Tschechei und Slowakei, gegen die Existenzberechtigung der verschiedenen Balkanstaaten. Eine große Anmaßung, die da postuliert wird!
Langsam frage ich mich wirklich, ob für die Grünen Südtirols ein starker Zentralstaat tatsächlich wichtiger ist, als Autonomie und Regionalität, die eben in letzter Ausbildung auch die Neuformation von Staaten bedeuten kann.
Früher, in der guten alten 68-er-Zeit, waren die Grünen eher gegen die Kolonialstaaten. Aber heute und hier in Südtirol? Oder trauen sie den BürgerInnen in Südtirol nicht zu, eine bessere Lösung für die Gestaltung dieses Landes zu entwerfen, als es Italien und Österreich in erzwungener "Zusammenarbeit" mit den seit 70 Jahren in Rom betteln müssenden südtiroler Politikern notgedrungen machen mussten?
Antwort auf Riccardo dello Sbarbas von Sigmund Kripp
Herr Kripp, bitte!
Herr Kripp, bitte!
Ich schätze Ihre Sensibilität und kann Ihre Kritik an den Grünen durchaus verstehen. Ich bin sogar froh, dass Sie immer wieder einen anderen Blickpunkt einbauen. Es ist auch verständlich, dass Sie heute über Selbstbestimmung und Grüne Positionen schreiben, wo Sie doch als bemühter Umweltschützer und Demokrat die ethnopolitische Parteilinie der Grünen nicht mittragen konnten und sich von ihnen distanziert haben.
Aber bitte nicht auf Kosten von salto.bz. Das ist einfach zu billig.
Antwort auf Herr Kripp, bitte! von Max Benedikter
Hier liegt m.E. der
@Max Benedikter: Hier liegt m.E. der entscheidende Denkfehler vor: Ich bin WEGEN der ethnopolitischen Grundsätze 10 Jahre bei den Grünen gewesen! Auch im Grünen RAT.
Aber ich bin trotzdem FÜR die Selbstbestimmung! Weil ich eben NICHT wie RDS den Akt der Sezession oder vielmehr der Staatengründung, sowie den willensbildenden Prozess, der dem vorausgehehen muss, als RECHTS ansehe!
DAS ist der Grund, warum ich von den Grünen ausgetreten bin, weil über dieses Thema Denk- und Redeverbot herrscht! Bei der Partei, die sonst - zu Recht - so stark auf die Rechte von Minderheiten schaut!
In der Grünen Denke ist Selbstbestimmung und Links ein ungehöriger Widerspruch. Und ich denke, das ist ein südtirolspezifischer Knoten bei unseren Grünen. Leider.
Mit salto hat das gar nichts zu tun, aber ich habe mich trotzdem sehr über die Art der Platzierung von RDS´s Artikel gewundert, mehr nicht!
Antwort auf Hier liegt m.E. der von Sigmund Kripp
Ich kenne Ihre Position.
Ich kenne Ihre Position.
Danke das Sie sie nochmals präzisiert haben.
Herr Kripp braucht keinen Anwalt. Dem fährt so schnell nichts über die Leber...
Antwort auf Riccardo dello Sbarbas von Sigmund Kripp
Herr Kripp!
Herr Kripp!
Ich kenne Ihre Position bezüglich Selbstbestimmung. Gerade Ihre "Fraktion" hat es im Konvent aber nicht geschafft, die Selbstbestimmung aus dem rechten Eck der Identitären herauszunavigieren.
Gerade der Konvent wäre dazu geeignet gewesen am grünen Tisch radikale Positionen zwar zu behandeln, am Ende aber doch ein progressives Projekt für alle Bewohner auf den Tisch zu legen und zwar in der Gegenwart ohne einen langen mühsamen Prozess von Selbstbestimmung, der ohne Zweifel internationale Tragweite hat. Viele interessante Innovationen wurden im Enddokument nicht berücksichtigt: Man spricht immer noch von Volksgruppen und Sprachminderheiten anstatt vom Souverän, man hat die Selbstbestimmung trotz fehlendem Konsens verankert, anstatt Statutshoheit und einen eigenen Landesverfassungsgerichtshof einzuführen, man hat verabsäumt ein modernes multilevel governance einzuführen, die Kompetenzen zwischen EU, Staat, Land und Gemeinde ohne intransparente Kommissionen regelt etc.
Politische Taktik und Strategie ist nicht mehr Blumen am Wegesrand zu pflücken, sondern es werden welke Rosen in den Händen festgekrallt, und wenn jemand sich daran stösst, wird mit dem stumpfen Dornen nachgehackt: vor was habt Ihr Angst?
Antwort auf Herr Kripp! von Christian Mair
Das sehe ich ähnlich. Ich
Das sehe ich ähnlich. Ich halte die Konventsidee grundsätzlich für eine gute Sache und bin auch froh, dass sie umgesetzt wurde. Auch gilt mein Respekt jenen, die dafür viel Zeit geopfert haben. Das Ergebnis klingt aber leider zu sehr nach 19. denn nach 21. Jahrhundert.
Antwort auf Herr Kripp! von Christian Mair
Im Konvent hat bniemand
Im Konvent hat niemand alleine entschieden, es musste Konsens gefunden werden. In der Schlusserklärung habe ich daher die Legitimierung der SB einerseits aus dem Völkerrecht, andererseits aus der demokratischen Willensbildung begründet.
Antwort auf Im Konvent hat bniemand von Sigmund Kripp
ja. schon klar, dass es da um
ja. schon klar, dass es da um konsens und das "machbare" ging - und ein paar "liberale" da wahrscheinlich wenig ausrichten können. dennoch enttäuscht es mich, dass eben von den 33 offenbar der großteil noch im 19. Jahrhundert lebt. zumindest legen das die texte nahe, die man bisher so zu lesen bekam. es geht hauptsächlich um zementierung und nicht um neue ansätze und lösungen. visionen? eher fehlanzeige. dennoch: der konvent war und ist eine gute sache und nochmals meinen respekt vor jenen, die sich eingesetzt haben, wenngleich mir das ergebnis nicht so gefällt. das ist demokratie.
Damit auch andere Leser
Damit auch andere Leser verstehen und um die Vielfalt aufzuwerten. Aber so was kapieren Sie eben nicht.
Herr Kofler, sind Sie sicher?
Herr Kofler, sind Sie sicher? Schauen Sie mal ins Journalistenverzeichnis, dort werden Sie einen Riccardo Dello Sbarba als Berufsjournalist finden. Der heutige Politiker war jahrelang Direktor des "Il Mattino".
Ciao a tutte le persone che
Ciao a tutte le persone che hanno commentato. Grazie per i commenti, tutti: non ho affatto paura del conflitto o delle critiche. Sono benvenute: chi non viene mai criticato significa che non ha una posizione.
Sono contento che la redazione abbia chiarito che si tratta di un Gaskommentar. Così era inteso, lo posso testimoniare. E' una cronaca (sono giornalista) di parte (sono politico). Credo fosse chiaro. Quando Salto.bz mi ha chiesto di poter pubblicare questo mio diario (che io avevo scritto sulla mia pagina Fb) ho detto volentieri di sì. Ringrazio Salto per l'ospitalità.
Ora qualcosa sul merito.
lcuni di voi hanno scritto come se in Sudtirolo fosse vietato discutere di autodeterminazione. Non è vero, è un piagnisteo che ci possiamo risparmiare. Se ne discute da sempre, dalla raccolta di firme del 1945, al congresso Svp a Merano sul Pacchetto, a oggi fuori e dentro il Konvent (tanto che è finita citata nel documento finale di maggioranza). E' un tema, mi vien da dire, quasi più discusso che non l'autonomia. Quindi, non fate le vittime, la discussione c'è, è in corso e lo sarà ancora per molto. Il fatto è che in questa discussione, né nella società, né in diversi partiti (tra cui i Verdi, al contrario invece che nei Freiheitlichen, nella St. Freiheit e nella B. Union che ce l'hanno al primo punto del programma) la linea dell'autodeterminazione ha conquistato la maggioranza dei consensi. E' una posizione di minoranza, che nessuno vieta, ma che non ha convinto ancora una maggioranza. E con questo la chiuderei qui. Però c'è un'altra cosa...
Ed è la faccenda destra-sinistra. Forse è una dietriba inutile, ma cerco di approfondire un po'. La questione non è univoca. In Catalogna e in Scozia la sinistra è indipendentista. Altrove (Sudtirolo compreso) la maggior parte degli autodecisionisti è dentro partiti di destra e sono partiti di destra nel mondo tedesco a proporre questa via. Un motivo ci sarà.
Come ci sarà un motivo per cui anche qualcuno che si presentava come autodecisionista di sinistra, in Sudtirolo, finisce prima o poi dirigente del partito dei Freiheitlichen (vedi il simparico Wolfi Niederhofer oggi, vedi Von Ach ieri), che di sinistra non sono di certo.
Insomma, il significato che prende l'autodeterminazione dipende dal contesto, quindi forse è meglio chiedersi questo: se è utile o no, se è la rivolta degli oppressi da un potere coloniale oppure la pretesa dei privilegiati, se porta avanti il paese oppure se lo porta indietro. Io credo lo porti indietro. E come me la pensano in tanti. Non credo che il Sudtirolo sia oppresso. Non credo che i Sudtirolesi siano ostacolati dal pieno sviluppo delle loro caratteristiche culturali, sociali economiche ecc... o dalla partecipaione democratica (uso i concetti che usa l'Onu). Quyindi non credo che sia giustificato abbandonare la linea dell'autonomia, che ha portato pace e prosperità. Credo che l'autonomia vada sviluppata all'interno, tra noi cittadine e cittadini (convivenza, plurilinguidsmo, partecipazione democratica, eguaglianza soiele, accoglienza ecc...) . Questo mi immagino come sua Weiterentwicklung. Lo so, non tutti siamo d'accordo. Ma questa è la democrazia.
Torno alla questione destra-sinistra, per allargare il discorso. E' caratteristica della nuova destra in Europa, da Marine Le Pen a Farage, da Orban ai fratelli Kaczyński, quella di negare di essere di destra. Non so se ci credano o sappiano per primi anche loro che si tratta solo di un camuffamento per cercare di entrare nell'elettorato popolare, pur proponendo in molti punti ricette antipopolari (vedi Trump, l'uomo degli operai, e vedi la Titelgeschichte della Zeit che dimostra quanto in realtà la sua politica sia politica per i ricchi).
Io giudico la differenza tra destra e sinistra soprattutto da un punto: se si ispirano all'idea che tutti gli esseri umani sono uguali e hanno diritto a uguale felicità, oppure se pensano che qualcuno (persone, classi, popoli e anche minoranze...) siano più uguali degli altri. Chiunque pensi che i Sudtirolesi, o gli Altoatesini, abbiano più diritti degli altri esseri umani, sia in generale, sia qui sul territorio, per me è di destra. Chi ha una linea politica basata sulla disuguaglianza è di destra. Chi dice "prima noi" (come classe, come popolo, come individui, e anche come minoranza) è di destra.
Mi pare che la stragrande maggioranza di chi in Sudtirolo propugna l'autodeterminazione come linea politica da praticare dica anche che i diritti non sono uguali per tutti, ma vanno differenziati (vedere mozioni in consiglio dei diversi partiti, per esempio sugli immigrati).
Anche la stragrande maggioranza di chi propone il referendum sull'autodeterminazione in Sudtirolo dice che a votare non saranno tutti, ma solo chi ha radici qui da una certa generaione o da una certa epoca (vi ricordate, no, la proposta della St. Freiheit: io per esempio non ci rientrerei). Ecco, davanti a ideologie differenzialiste a me viene da usare la categoria "destra". Ma posso anche farne a meno. Per me resta comunque una linea sbagliata, lo dico e continuerò a dirlo anche se qualcuno di voi mi tira i pesci in faccia, e però, contemporaneamente, non farò nulla per impedire che chi invece ci crede abbia tutta la libertà di continuare a insistere fino alla noia.
Grazie ancora a Salto per offrirsi come piattaforma di discussione.
Antwort auf Ciao a tutte le persone che von Riccardo Dello…
Analisi che non fa una piega!
Analisi che non fa una piega!
Antwort auf Ciao a tutte le persone che von Riccardo Dello…
@Riccardo Dello Sbarba: ich
@Riccardo Dello Sbarba: ich habe diese unglaubliche Behauptung nicht glauben können und habe bei der STF nachgefragt. Die Antwort stelle ich hier zur Verfügung:
Sehr geehrter Herr Kripp,
vielen Dank für Ihre Frage.
Nein, diese Aussage von Herrn Dello Sbarba stimmt sicher nicht. Welchen Beleg hat er dafür?
Nach unseren Vorstellungen wären all jene Bürger wahlberechtigt, die die Voraussetzungen erfüllen, um an der Wahl des Süd-Tiroler Landtages teilzunehmen. Nach diesem Kriterium haben wir auch das Selbstbestimmungs-Referendum im Jahr 2013 abgehalten. Dies müsste Herr Dello Sbarba eigentlich wissen.
Herzliche Grüße,
Werner Thaler
Süd-Tiroler Freiheit
Grazie Sigmund per la
Grazie Sigmund per la precisazione. Io mi riferivo alle discussioni che sul tema si sono svolte in Consiglio provinciale, nella scorsa legislatura, quando ancora c'era Eva Klotz: lì la tesi era che in un ipotetico referendum sull'autodeterminazione aveva diritto a votare chi aveva radici qui fino al 1918 (era anche comprensibile dal suo punto di vista, si trattava di una sorta di riconoscimento ex post del diritto di decidere che alla popolazione di allora fu impedito).
Il referendum autogestito del 2013 non può essere portato a esempio di una posizione diversa. Sfido io che allora potevano votare tutti: fu tenuto in Valle Aurina, dove i Sudtirolesi di lingua tedesca sono il 98,76% della popolazione!
Quindi la posizione espressa da W. Thaler la considero nuova e ne tengo conto. Vedo che adesso anche la nuova generazione della StF si è allineata alle posizioni dei Freiheitlichen, più leghiste che tirolesi. Bene.
In generale, però, le posizioni di questi partiti restano comunque nella scia del differenzialismo culturale (vedere mozioni tipo "Südtirol zuerst!" dei F., oppure il "gesunder Egoismus" che Atz Tammerle di StF consiglia ai Sudtirolesi), cioè di chi ritiene necessario difendere e preservare le differenze culturali dai mutamenti tipici delle società occidentali moderne e per questo ("per il bene delle culture altre") pensa che le società non debbano e non possano in nessun modo essere multiculturali. Anzi, che ogni territorio debba definire identità e appartenenza univoche. Che quindi il Sudtirolo sia quella cosa lì, quella cultura tirolese lì, quella che definisce una certa "Leitkultur", e che chi arriva nuovo o è un ospite transitorio, oppure "muss sich anpassen". In fondo, il piantare la inutile bandiera delle "radici cristiane" nello Statuto risponde anche a questa logica.
Ecco, queste culture si ammantano di regionalismo, democrazia diretta, tutela delle minoranze ecc... ma in una chiave etnica, che nel mondo di oggi le colloca nell'alveo - diciamo così per capirsi - della nuova destra globale.
Su questo, lo so, la discussione è infinita, è in corso in tutto il mondo, è prima di tutto filosofica e non la risolviamo certo noi. Comunque è utile chiarire le posizioni.