Da quando il Presidente degli Stati Uniti ha annunciato il trasferimento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, la cui parte orientale venne occupata da Israele nel 1967 e che la comunità internazionale non ha mai riconosciuto come sua capitale, il conflitto israelo-palestinese è nuovamente esploso nella sua forma più cruenta. Solo negli ultimi giorni le vittime tra i manifestanti palestinesi, molti dei quali minori, si contano a decine. Donald Trump, che con la sua elezione ha avuto l’innegabile merito di aver dimostrato al mondo intero che anche un demente può avere successo nella vita, ha ottenuto lo scopo di acuire ulteriormente le tensioni in tutto il Medio Oriente in vista di un conflitto su larga scala che evidentemente la sua amministrazione considera ormai inevitabile, fatto corroborato dall’annullamento del trattato di non proliferazione nucleare con l’Iran e dal bombardamento di obiettivi militari in Siria dopo la strage di Duma (che ha visto l’utilizzo di gas cloro, ma senza che sia ancora stato dimostrato da parte di chi).
All’apposito ricevimento avuto luogo presso il Ministero degli Esteri israeliano il giorno prima dell’inaugurazione della nuova ambasciata americana a Gerusalemme solo quattro paesi europei hanno inviato il proprio ambasciatore: Romania, Repubblica Ceca, Ungheria e Austria. Che il governo dei nostri vicini d’oltralpe abbia preso questa decisione apre indubbiamente nuove prospettive sulla fenomenologia dell’estrema destra in Europa. Infatti, il vicecancelliere Heinz-Christian Strache già nel 2017 aveva precisato che secondo lui è assurdo non riconoscere Gerusalemme come capitale israeliana, e immaginiamo che le risoluzioni dell’ONU 194 del 1947 (che sancisce il diritto di oltre 700.000 profughi palestinesi a tornare alle loro case), 242 del 1967 (che dichiara illegale l’occupazione israeliana della Cisgiordania, della Striscia di Gaza, del Sinai, delle alture del Golan e per l’appunto di Gerusalemme Est) e 252 del 1968 (che dichiara nulli gli atti di Israele volti a unificare Gerusalemme come capitale ebraica) abbiano per un ministro della FPÖ la stessa valenza giuridica di un articolo della Bild.
Osservando a quali personaggi le nostre democrazie parlamentari stanno consegnando il potere, viene da domandarsi se non vi sia qualcosa di irrimediabilmente deteriorato nel rapporto tra opinione pubblica, mezzi di comunicazione e meccanismi di rappresentanza
Quando nel dicembre del 2017 nacque il governo ÖVP-FPÖ il primo ministro israeliano, memore di cos’era la destra in Austria negli anni dell’olocausto, protestò vibratamente contro l’avvento di un governo nero-blu nel paese che nell’aprile del 1938 aveva votato a favore dell’Anschluss alla Germania di Hitler con il 99,73 % dei voti. Ora che le dichiarazioni di Strache a favore di Gerusalemme capitale si concretizzano in precise scelte diplomatiche, non escludiamo che a qualche esponente del governo israeliano da Netanyahu in giù venga il sospetto di incarnare gli stessi identici valori del loro collega austriaco. Sarebbe il primo passo verso una nuova fratellanza, post-ideologica e interreligiosa, chissà foriera di strategiche sinergie nel settore profughi e deportazioni.
Osservando a quali personaggi le nostre democrazie parlamentari stanno consegnando il potere, viene da domandarsi se non vi sia qualcosa di irrimediabilmente deteriorato nel rapporto tra opinione pubblica, mezzi di comunicazione e meccanismi di rappresentanza. Se, per dirne una, il Presidente degli Stati Uniti fosse stato estratto a sorte tra le personalità più carismatiche dell’hardcore wrestling, siamo sicuri che a quest’ora saremmo messi molto peggio? Manca la controprova.
Nel frattempo, Trump si è felicitato per la coraggiosa scelta austriaca inviando immediatamente un messaggio di ringraziamento al premier australiano. Pare che il cancelliere Sebastian Kurz non l’abbia presa bene e abbia offerto il passaporto austriaco a tutti gli abitanti dell’Alaska.