All'illustrissimo
Direttore Regionale di Trenitalia
Sua Sede
Le scrivo, Egregio Direttore, perché voglio tutto cuore ringraziarLa per avermi regalato, domenica scorsa, un inatteso quanto commovente viaggio nel passato. Quando, alle 19:50 in punto, sono riuscito a salire, col fiatone, sul treno regionale veloce 2266, in partenza da Verona e diretto a Bolzano, mi è sembrato di tornare indietro nel tempo di tanti, troppi anni. Schiacciato sino all'inverosimile negli interstizi di un'umanità compressa oltre i limiti di ogni legge della fisica nei vagoni e nei passaggi di collegamento, ho creduto, per un attimo, di esser tornato giovane studente universitario fuori sede. Si partiva, allora, noi bolzanini, comodamente seduti sul treno per Verona e già chi saliva a Trento poteva avere qualche problema a trovare un posto per sedersi. Il viaggio allucinante, però, iniziava a Verona e si concludeva, per noi, a Padova. Pochi vagoni per moltissimi studenti e pensi, Direttore, che era considerato fortunato chi godeva dell'igienicamente dubbio privilegio di potersi sedere sulla tazza del WC.
Da allora, ahimè, è passato quasi mezzo secolo, ma domenica sera ho avuto la conferma che, per quel che riguarda l'organizzazione nella quale Lei occupa un posto di tanto prestigio, non è cambiato assolutamente nulla.
Sa com'è, Direttore, il trovarsi coinvolti in tanta emergenza sviluppa l'istinto delle relazioni sociali. Anche allora, ricordo, si stringevano amicizie e in qualche caso, mi par di rammentare, nacquero anche effimere relazioni amorose. L'altra sera, mentre il treno risaliva in disordine le valli (copy Diaz) ho avuto conferma che non ero caduto vittima di un evento eccezionale. Tutte le domeniche sera lungo i binari si muove una fetta di umanità composta perlopiù da studenti o da giovani lavoratori che, trascorso a casa il sabato e la domenica, cercano di raggiungere il luogo dove affrontare una nuova settimana. È gente, mi creda Direttore, che non prende il treno per diletto o per un ghiribizzo ecologista, ma semplicemente perché non dispone di un altro mezzo. Paga il biglietto e già questo pesa non poco sui bilanci delle famiglie che li mantengono o di retribuzioni a volte veramente misere. A proposito, il ragazzo con cui condividevo qualche centimetro di corridoio, parlando con un'amica, ammetteva tranquillamente di guadagnare due euro l'ora per sei ore al giorno di lavoro più straordinari non retribuiti.
Questo è il popolo che tutte le domeniche sera si schiaccia degli spazi di un treno. Da settembre a giugno ogni settimana così. Eppure non ci vorrebbe molto, Lei converrà, ad aumentare in modo ragguardevole il numero dei vagoni oppure a far partire due o tre convogli al posto di uno solo. Un'emergenza può capitare, ma quando l'emergenza si verifica puntualmente ogni anno per quasi tutti i mesi dell'anno, non ci sono più scuse. L'ennesima conferma che le cose stanno proprio come le ho descritte, è venuta, domenica, dall'arrivo di un solerte gentilissimo controllore che, dopo la stazione di Trento, quando il treno regionale veloce 2266 ha ripreso l'aspetto che avrebbe dovuto avere sin dall'inizio, è riuscito finalmente a fare il suo dovere e cioè a controllare che tutti avessimo il nostro biglietto. Subissato ovviamente da una serie di improperi, ha mostrato grande tolleranza dettata forse dall'abitudine. Ci ha confermato che quel treno, come diversi altri, la domenica sera, era regolarmente pieno ben oltre i limiti, che il personale viaggiante inoltra regolare rapporto alle superiori autorità (ne sa qualcosa Direttore ?), ma che a quanto pare, per rimediare, mancherebbe il materiale rotabile. Dai tempi in cui andavo all'università, mi permetta di obiettare, sono passati anni sufficienti a costruire almeno un milione di vagoni.
La realtà, lo sappiamo benissimo, è che, in questo come in altri casi, viene applicato il principio secondo cui i tagli di bilancio e/o le inefficienze vengono tranquillamente scaricati sul popolo di coloro che dovrebbero essere considerati come utenti di un servizio e quindi titolari di doveri ma anche di precisi diritti come quello di viaggiare in condizioni decenti e che invece, non a caso, sono comunemente definiti come "passeggeri", quasi che fossero gente tirata su per cortesia mentre faceva l'autostop.
Non siete solo voi, Signori dei binari, glielo consento, ad attuare questa pratica. Lo fa comunemente l'altro grande ex monopolista delle Poste, che ci lascia in coda per delle mezz'ore solo per ritirare una raccomandata o fare un pagamento. Peggio ancora può accadere in luoghi dove non entriamo nemmeno troppo volentieri come l'Agenzia delle Entrate o il pronto soccorso. E così succede che chi può permetterselo viaggia comodamente seduto su un Freacciarossa o usa direttamente l'auto propria, alla faccia delle esortazioni ad usare il mezzo pubblico che quotidianamente ci vengono impartite da politici che farebbero meglio ad occuparsi di questi problemi. Così, chi può, manda a fare le code la segretaria o il commercialista e da un po', a Bolzano, se si rompe una gamba sciando, può optare per un pronto soccorso privato, antesignano forse di un servizio a pagamento anche per le emergenze di altro genere.
A questo punto Lei mi dirà che la sto facendo un po' tragica. Cosa saranno mai quaranta minuti in piedi. In fondo anche domenica sera, nonostante qualche borbottio, tutti parevano cupamente rassegnati a vedersi privare di un diritto lautamente pagato. Sarà un'antica abitudine, sarà il fatto che sono in tanti ad essere ormai convinti che se i treni, gli uffici postali, gli ambulatori del pronto soccorso sono diventati i luoghi dell'attesa, la colpa è solo dei soliti immigrati, sarà perché noi stessi ci siamo sempre considerati come scomodi questuanti piuttosto che come cittadini, ma queste cose continuano a passare senza che nessuno si alzi e dica: "adesso basta!".
In Francia, da una settimana, stanno mettendo a ferro e fuoco il paese per motivi non troppo diversi, ma lì, si sa, per queste cose hanno un'antica vocazione. Da noi alla Sua azienda, Direttore, hanno in animo di affidare il risanamento e il rilancio di Alitalia, che già di problemi ne aveva abbastanza per conto suo. Immagino già il volo della domenica sera con i passeggeri sdraiati delle cappelliere e seduti nella toilette.