Senza voler offendere
Senza voler offendere consiglierei di rileggere la recente e (secondo me) molto più brillante analisi sullo stesso argomento di Alexandra Kienzl https://www.salto.bz/de/article/20022019/ce-un-discorso-urgente-da-fare
La parola è azione. Ed è pensiero.
Con ogni probabilità il consigliere comunale che ha invitato allo stupro di una dj non ha pensato alla violenza che egli esercitava. Sperabilmente non ha mai pensato di passare dalle parole ai fatti. Di certo, non ha pensato. Non ha pensato, punto. Ha ritenuto che usare le parole «c’è una dj da violentare» e allegarci una bestemmia non fosse cosa poi tanto grave. In alcuni circoli privati evidentemente ci si esprime così. Non si tratta di semplice volgarità. Né di ignoranza. Ma di una vacanza del pensiero: la parola esiliata dal pensiero. Ma non dall’azione, perché, come essa è proferita, la parola in sé è azione politica.
La segreteria centrale della Lega ha rastrellato pattuglie di ingenui in ogni città. Giovani che hanno combinato poco e che non hanno mai brillato e a volte nemmeno lavorato un solo giorno. Li ha buttati nell’arena, illudendoli di poter essere «qualcuno», a patto di uniformarsi alla volontà del Grande Capo nazionale. La storia del giovane consigliere comunale asceso alle cronache in questi giorni non è altro che questa. Quel ragazzo non è un mostro. Mostruoso è il messaggio vocale che rimbalza su ogni media locale e nazionale. Mostruosa è la banalità con cui interi circoli politici adoperano la lingua.
Non si immaginava, l’autore di quelle parole, che il suo messaggio vocale sarebbe misteriosamente approdato alla redazione del quotidiano «Tageszeitung». Sarà davvero la sua voce? Lui, a caldo, nega e allude a un complotto per screditare la Lega. Poi scompare e si chiude nel silenzio. In silenzio rimangono tanti suoi compagni di avventura. Intanto la notizia del consigliere bolzanino che istiga allo stupro rimbalza sui quotidiani nazionali. Eh, no, la bufera non si placa.
Il volto del consigliere comunale si affaccia da tutti i giornali. La sua pagina personale «social» è bersagliata di critiche e spesso di insulti, che non fanno onore a nessuno (nemmeno a chi li ha composti). Lui è diventato popolare, ma non certo nel modo che sperava. Incalzato, dopo diversi giorni, ammette. Era la mia voce. «Mi vergogno di quello che ho detto».
La gravità delle sue parole sta solo in questo: non aver pensato. Ma la “banalità” di abdicare al pensiero è una cosa gravissima e conduce ad esiti tremendi. In modo quasi irriflesso, il consigliere comunale ha veicolato - con le sue parole – un messaggio di violenza. A buttare un occhio a una delle sue pagine pubbliche, si resta sorpresi. Sembra un ragazzo come tanti. Sembra persino credere in quello che dice. Lancia dei post dove chiama tutti «amici». Imita le mode dei compagni più grandi (o meno piccoli) di partito. Posta sue foto in tutte le pose istituzionali possibili. Quando prende la parola in Consiglio comunale si premura di darne notizia agli “amici”. E, naturalmente, di postare qualche foto. Pubblica una sua gigantografia come immagine profilo. Il suo motto preferito recita “Se voi ci siete, io ci sono”. Oppure: “Avanti tutta, io non mollo di un centimetro!”. Amici.
Dice di battersi per battaglie civili. Denuncia cumuli di neve che occupano i posti macchina dei disabili. Lotta per i disabili. Dice persino di difendere le donne. E magari, in cuor suo, ci crede anche. Eppure, nella scorsa estate, si fa fotografare con delle mucche e nella didascalia si legge: «Selfie con la Boldrini». Un post che avrà fatto ridere tanti suoi compari, purtroppo. Per difetto di pensiero, colpa gravissima. Si può criticare un’avversaria politica per tutto quello che si vuole. Ma non si può attaccarla in quanto donna, perché questa critica parla più per chi l’ha formulata che non per chi l’ha subita.
La violenza verbale è violenza reale. Anche se dovuta a mancanza di pensiero. In altre parole: il consigliere non poteva fare altro che rassegnare le dimissioni. Lo ha fatto. Anche se ci è voluta una “bufera” mediatica (e se non ci fosse stata?), anche se quella frase sulla «bravata» trasformata in «accanimento mediatico» sarebbe stata da evitare, bisogna prendere atto che ammettere di vergognarsi di questi tempi è l’inizio di una presa di coscienza. Il giovane politico si è dimesso e forse un giorno potrà mostrare ai suoi critici che la voce che abbiamo sentito davvero non era la sua, ma quella di un altro, che aveva preso il suo posto per un momento.
Però.
Però, a me dispiace che il più ingenuo della cricca sia pubblicamente e individualmente svergognato. O bersagliato di insulti sulla sua pagina personale. Non mi piace l’idea che il più sprovveduto e meno addestrato del gruppo vada a pagare per tutto un sistema, che fa della violenza verbale una prassi.
Non mi piace l’idea che Kevin Masocco finisca sulla graticola da solo. Non mi piace l’idea che i Grandi Politici che hanno buttato il giovane consigliere nell’arena si distanzino. O che tacciano in modo conigliesco, sperando di non essere lambiti dalla bufera. Non mi piace che Salvini abbia costruito una piramide di diligenti servi, che emulano i suoi atteggiamenti e che lo osannano ogni giorno. Non mi piace che la parte della Svp che ha caldeggiato e voluto l’accordo con la Lega, ora si sia scandalizzata e abbia persino chiesto chiarimenti. Ma come? Non sapevano con chi si stavano alleando? Lo sapevano, lo sapevano, eccome! Molte voci critiche - molte, autorevoli, nella stessa Svp – avevano avvertito il pericolo. E infine: chi ha inviato il messaggio vocale del giovane consigliere al giornale? Con quale proposito lo ha fatto? Il delatore, per così dire, era indignato per quelle parole? Oppure voleva semplicemente eliminare un avversario politico? Non sarà forse che egli ha raggiunto il suo scopo? E chi è questo delatore? Perché non ha denunciato pubblicamente il suo collega di partito? Come è arrivato l’audio vocale da una conversazione tra i giovani della Lega al giornale «Tageszeitung»?
Non mi piace che venga lapidato pubblicamente il pesce più piccolo, il più piccolo Caino, mentre quelli che si sono serviti di lui – come Salvini si è a sua volta servito di loro, a “cascata” – rimangono zitti, zitti nell’ombra. Eppure, sono loro i veri mostriciattoli, che la classe politica ha partorito. Ogni giorno propagandano idee razziste, seminano rancore, istigano all’odio sociale e razziale. Davvero bastano le dimissioni del giovane consigliere?
Occorre risalire ai mandanti e ai danti causa. Occorre risalire a chi arruola giovani impreparati alla politica e al pensiero e li illude di potere farsi classe dirigente. Occorre risalire a chi con furbizia manda avanti i più sciocchi.
Non basta pretendere le dimissioni – scontate e doverose – dell’ultimo che ci è cascato. Occorre menzionare chi lo ha ingaggiato. Chi istiga all’odio in modo più subdolo e costante, con chirurgica cautela. Occorre menzionare chi è a sua volta il servo di qualcuno più in alto, chi sfoggia buonismo e chiama tutti «amici», ma, dietro la maschera nazional-popolare e il vestito nuovo, propaga incessantemente violenza verbale con parole che non sono semplicemente fiato.
Sono azioni.
Senza voler offendere consiglierei di rileggere la recente e (secondo me) molto più brillante analisi sullo stesso argomento di Alexandra Kienzl https://www.salto.bz/de/article/20022019/ce-un-discorso-urgente-da-fare
Bin auch der Meinung, dass dies ein toller innerer Monolog ist und (andere) Wahrheiten bloßlegt.
È più che ovvio che Masocco non è altro che una fogliolina che si è lasciato trascinare verso l'orrido della sragione dalla corrente cavalcata da Salvini al quale non interessa altro che il massimo della confusione con la quale ubriacare il suo popolino.
Vielleicht sollte es gerade deswegen immer wieder und textlich variantenreich gesagt werden.
Man wird leicht vergesslich in der stetig wachsenden Hektik.
Ich bedanke mich bei Frau Wimmer und Frau Garber für ihre netten Worte.A.M.