Aumenta l’Irap, l’unica certezza
L’incontro tra presidente e giunta provinciale da una parte e parti sociali dall’altra ha dato modo a tutti di conoscere i programmi dell’esecutivo per i prossimi anni, legati allo sviluppo economico e al mantenimento di una condizione positiva della nostra economia e della nostra provincia. Alla base del confronto vi sono state le voci legate alle tassazioni esistenti e ai nuovi programmi per gestire al meglio il bilancio provinciale.
Le parti sociali hanno concordato come sia importante che il ruolo della contrattazione venga demandato ai corpi intermedi, senza che la politica debba e possa interferire. Stimolare le parti ad un dialogo è sicuramente positivo, diverso invece è dettare parametri che devono rimanere oggetto di una trattativa tra parti datoriali e parti che rappresentano i lavoratori.
Chiarita, per lo meno si spera, questa posizione, si sono analizzate le misure a breve termine che la giunta ha intenzione di mettere in atto per dare una mano all’economia e ai cittadini.
La Provincia vuole aumentare l’Irap, passando da un’aliquota del 2,68% a 2,90%, ma nello stesso momento intende ridurla a chi incrementa i salari ai dipendenti. Dunque la riduzione delle tasse non c’è
E qui arriviamo al dunque: l’attuale aliquota Irap per le imprese è, in Alto Adige, pari a 2,68%. Un’aliquota molto bassa, se si considera il paragone con altre parti d’Italia (a parte Trento, che ha 2,68%, si va dal 2,93% della Sardegna al 3,90% di gran parte delle regioni, fino al 4,97% della Campania) e che spesso stimola il cosiddetto “turismo fiscale“, portando in questa terra aziende che si insediano grazie alla tassazione vantaggiosa. Un valore comunque ancora alto per i datori di lavoro, che gradirebbero una riduzione della pressione fiscale che permetta loro di essere competitivi e poter dare migliori riconoscimenti economici alle maestranze.
Veniamo al tema “Irap e salari”. La Provincia ha dichiarato di voler aumentare l’Irap, passando da un’aliquota del 2,68% a 2,90%, ma nello stesso momento di volerla ridurre a chi dimostra di aumentare i salari ai dipendenti oltre gli standard dei contratti collettivi nazionali.
Il problema è che per chi applica salari maggiori viene applicata la tassazione attuale. Per tutti gli altri aumenta. Pertanto possiamo dire “Tasse giù, anzi no. Tasse su per tutti”
Primo punto: la riduzione della tassazione di fatto non c’è, in quanto per chi applica salari maggiori viene applicata la tassazione attuale. Per tutti gli altri aumenta. Pertanto possiamo dire “Tasse giù, anzi no. Tasse su per tutti”.
Secondo punto: dimostrare l’aumento salariale si può fare sia tramite contrattazioni di secondo livello o di terzo livello, ma anche attraverso la volontà singola del datore di lavoro di aumentare lo stipendio ai suoi collaboratori. Se si eroga un superminimo, si agisce sul contratto nazionale e si dimostra di avere dato un incentivo alle maestranze. Ma qui viene il terzo punto: chi controlla? Dobbiamo mandare le buste paga ad un ufficio che a sua volta valuta? Se così fosse, quante migliaia di buste paghe invieranno le aziende e quali costi avrà l’Amministrazione per eseguire i controlli?
Introdurre agevolazioni, che in realtà non sono agevolazioni rispetto all’attuale tassazione, con criteri di valutazione ancora non chiari comporta quello che noi imprenditori definiamo “burocrazia cattiva”. Certo, la soluzione sta nei contratti, ma se una ditta già applica compensi maggiori e migliorativi, dovrà inviare tutto l’incartamento su quel che fa?
Apprezziamo con entusiasmo la voglia di incontro tra politica e parti sociali. Si prosegua ammettendo, però, che se l’aliquota sale si dice aumento della pressione fiscale. Altrimenti cadiamo in pericolosi equivoci
Oggi il vero aiuto alle aziende viene da una riduzione fiscale senza criteri da verificare, da una semplificazione dell’apparato pubblico e amministrativo che liberi risorse per investimenti, da una capacità di agevolare l’accesso al credito, ancora da una contribuzione mirata alla crescita per merito e risultati più che per titoli di investimenti da finanziare.
Vedremo. A fine settembre ci sarà il secondo round di un confronto che non deve assolutamente diventare scontro, ma opportunità di analisi e verifica congiunta degli strumenti da mettere in atto per aiutare l’economia e il lavoro. Apprezziamo con entusiasmo la voglia di incontro e di confronto tra politica e parti sociali. Si prosegua ammettendo, però, che se l’aliquota sale si dice aumento della pressione fiscale e se rimane uguale si chiama mantenimento della pressione fiscale. Altrimenti cadiamo in pericolosi equivoci.
Il trucco cé,ma non si vede??
Il trucco cé,ma non si vede???? Un inganno perfetto,ma solo per chi non capisce!