Ideologie smarrite.
In questi anni s'è parlato molto, anche a sproposito, di “tramonto delle ideologie”. La bussola impazzì a partire dal 1989, con la graduale disgregazione del blocco comunista che sembrò segnare il trionfo del libero mercato occidentale. Dai primi anni duemila, però, è l'Occidente a cercare nuove coordinate, per non perdere il passo degli altri, che sembrano orientarsi meglio. In Europa, economia e politica sono sprofondate in un sonno profondo, piegandosi su sé stesse. Difronte ai mutamenti – globalizzazione tecnologica, consumi ed edonismo di massa, crisi dello Stato, incontro/scontro tra culture, arricchimento e impoverimento, clima “impazzito” – gli europei hanno perso ogni certezza. La bussola è caduta in frantumi. E il nostro lessico appare quantomai usurato: “sinistra”, “destra”, “liberale”, “socialista”, “liberista”, “laico”, “socialdemocratico”, “popolare”, “progressista”, “conservatore”, persino “ecologista” e “populista” sembrano categorie non più degne di essere prese in seria considerazione. Dagli anni '90, in seno alle democrazie europee e nordamericane, sono cresciuti i partiti “estremisti”, “localisti” o persino “separatisti”. Ieri l'altro abbiamo avuto i movimenti dell'1%, da #occupy agli indignados e Anonymous, oggi in Italia c'è un “moVimento” al 25% nato grazie a internet. I partiti tradizionali si interrogano sui cambiamenti, e spesso non capiscono, mentre uno Stato nazionale è in default controllato e l'Unione Europea allo sbando. L'opinione pubblica, più che attiva, pare disorientata.
La "generazione 1989" è cresciuta per prima nell'era della comunicazione assoluta, capace di travolgere qualsiasi etichetta del passato. Eppure, prima ancora di cercare nuove chiavi interpretative, è importante recuperare il significato delle parole. Personalmente, non sono convinto della fine di tutte le categorie politiche “classiche”, così come le abbiamo conosciute sinora, semplicemente perché la cornice di riferimento (democratica ed economica) è rimasta pressoché immutata. E le ingiustizie che donne e uomini subiscono, in vari frangenti della propria esistenza e sin dalla loro nascita, sono riconducibili ad una (piuttosto che ad un'altra) idea di società. Perciò, questo blog su salto.bz – nel suo piccolo e per quanto possibile nei limiti dell'autore – non si arrenderà alle banalizzazioni, spesso propagate colpevolmente dai media, soprattutto in Italia. Senza nostalgia alcuna né paura del futuro, ma nemmeno con facili “rottamazioni” di ciò che la storia c'insegna.
Ecco
che ti vedo ;-)
Antwort auf Ecco von Jutta Kußtatscher
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