Philippe Daverio: design al tempo del consumismo
Per non pestare acqua nel mortaio, è necessario tentare di definire la parole e il valore che gli attribuiamo. Cosa significa il design inclusivo? Design è un termine utilizzato molto ma capito assai poco. Il designer non è uno stilista, ma guarda al futuro. Ad esempio, nella poltrona di Breuer c'è il segno distintivo positivo della decadenza del periodo nazista. Ancora, la lampada del Castiglione contiene ancora oggi elementi stilistici e di intelligenza comunicativa che reggono al tempo. Il design è quindi il risultato di una visione utopica del mondo, quando dura. Gli oggetti di design, se non invecchiati, resistono alla mutazione del mondo. La mitica bottiglietta della gazzosa con la pallina, ad esempio, per otturare la gazzosa, non è più attuale. Invece, lo è il tappo corona (William Painter) che abbandona la linguistica del cono di bottiglia, da quando esistevano le bottiglie. Quello è design che immagina il mondo presente, ma in un'altra dimensione.
Ogni opera importante è e deve essere anche ideologica, perché spinge il suo micromondo in un'altra direzione. Ad esempio, la moda, che deve costantemente battersi contro il moderno, ovvero un corpo che consuma più di quello che necessita. Basta pensare che di 80 milioni di coltelli medievali ne sono rimasti una quarantina, per via del riutilizzo degli stessi per altri fini. Nel grande design, gli oggetti creati restano, perché ipotizzano una situazione diversa della società futura.
Quando si affronta il problema della disabilità, ovvero, anche la nostra presenza di un mese in un letto d'ospedale disegnato da una carogna che ci fa stare male, si può immaginare un design funzionale e duraturo.
Altri e in altri campi, si sono mossi in modo eccelso, quando ad esempio decisero di sostituire i banchi degli asili con elementi più funzionali e coinvolgenti e indistruttibili (Marco Zanuso). Nel campo dell'invecchiamento, dell'handicap senile, cosa significa progettare? Immaginare il tipo di mondo da progettare. Di fronte alla non norma, ovvero metà dell'umanità, fare design significa inventare l'utopia possibile della non norma.
Viviamo in un paese dalla normativa feroce e demente che protegge aree di interesse, non come servizio al cittadino, ma solo per seguire privilegi. Insomma, ci sono le lobby da seguire e riverire alle quali il design si piega. Noi ci difendiamo se osserviamo i parametri e non ci conformiamo.
Cosa vuole dire immaginare un design fatto per l'adulto ricco che sta bene? Il design inclusivo intende individui con redditi altri, o con inclusivo si intende anche includere i poveri? Per quale motivo il design è un privilegio riservato alle classi abbienti? Ad esempio, un arredo sotto i 2000 euro, una sedia da dentista che non faccia paura, perché non si pensa a questo tipo di design, ovviamente inclusivo?
Il tempo nelle stazioni ferroviarie, gli ascensori che ci permettono di risparmiare tempo, è un esempio di design. Non è design, ma riguarda la parificazione dei diritti nella società, anche se la materia è complessa e interseca diverse questioni. Il design per tutti, è quindi quello utile per chi non ha (ancora) subito l'omologazione del comportamento normale.
In definitiva, il mondo delle realizzazioni umane, dovrebbe comprendere due o tre elementi: la fisicità dell'oggetto, la comunicazione dell'oggetto, infine, l'informazione sulla meccanica complessiva dell'oggetto. Se partiamo da queste considerazioni, troviamo aree interessanti dove i problemi sono superati, ovvero la grande distribuzione, con un suo cinismo da fatturato che, ad esempio, non hanno le ferrovie. Il supermarket sta attento alle problematiche del cliente consumatore; lo guarda negli occhi. Quindi, l'utopia sociale deve essere un'insieme di opportunità non equivalenti per persone differenti; come dire che un bicchiere piccolo pieno e un bicchiere grande pieno si differenziano sicuramente per le dimensioni, ma entrambi sono bicchieri pieni. Se partiamo da questo semplice ma rivoluzionario concetto, le barriere cadranno da sole, come polvere al vento.
kein Zweifel...
Presenza più che gradita e come direbbe lui...intrigante...al Innovation Festival.