Tram Bozen
Foto: STA AG
Gesellschaft | Bolzano

Una follia chiamata tram

Quando l’arroganza e la grandeur della politica si traducono in scelte scellerate. L’ennesima dimostrazione di inettitudine in materia di viabilità (e non solo).
“Chi non vuole il tram non ama Bolzano”. “Se il tram non si farà, poi non lamentatevi del traffico”. Bastano già queste due dichiarazioni del sindaco Caramaschi, per capire lo spessore politico di un governo cittadino che in tema di viabilità non sa più che pesci prendere. O piuttosto non l’ha mai saputo. Dopo aver riempito per tre anni e mezzo i media locali (peraltro complici, c’è da dire, perché danno quotidianamente fiato alle fake news propagandate dalla giunta cittadina) di rendering illusori, circonvallazioni che esistono solo nella loro fantasia, autostrade incapsulate, tunnel mai realizzati e così via, adesso i tre (ir)responsabili guru della viabilità – il sindaco appunto e gli assessori Walcher e Lorenzini – invece di ammettere il fallimento cercano di addossare la colpa ai cittadini. Cerchiamo di ragionare sui fatti.
Adesso i tre (ir)responsabili guru della viabilità – il sindaco appunto e gli assessori Walcher e Lorenzini – invece di ammettere il fallimento cercano di addossare la colpa ai cittadini.
 

Opere fatte

 
Vaneggiamenti a parte (questa giunta è una cuccagna per progettisti e grafici, che stanno facendo soldi a palate per disegnare opere che non saranno mai realizzate), di concreto finora la giunta ha all’attivo un semaforo al posto di una rotonda (via Einstein) che non ha cambiato nulla, anzi; una quarta corsia in via Galilei per accedere al Twenty (quando chiamano i commercianti bisogna intervenire subito) che però fa a pugni con l’imbuto di ponte Roma: perché i nostri responsabili non hanno ancora capito che se si fanno arrivare auto, poi bisogna anche farle uscire; la corsia Metrobus su via Druso, che ha ottenuto l’unico risultato di creare file chilometriche ai lati e corsie centrali deserte. Come i rari bus che le percorrono.
 

Il tram: dove sono i dati essenziali?

 
E qui ci colleghiamo al tram. A prescindere dal mezzo in sé, la cosa grottesca del progetto è che si basa sul nulla. Si conoscono, a spanne perché cambiano tutti i giorni, i costi di realizzazione. Basta. E i costi di gestione? Qualsiasi imprenditore privato dotato d’intelletto sa che il problema non è aprire un’attività ma capire quanto costa mantenerla. Bene, i nostri tre responsabili non hanno mai detto a quanto ammonterebbe la spesa annua di gestione (personale, manutenzione ecc.). Perché? Semplice: non lo sanno. Perché per fare un bilancio bisogna avere dei dati. Ovvero, quanto prevedo di spendere e quanto prevedo di incassare. Avete mai sentito parlare di costo del biglietto? No. Oppure di potenziali utenti? No. Loro continuano a ripetere come un mantra “i 22.000 pendolari dell’Oltradige”.
 
 
Eh già: ammettendo per assurdo che si convertano al tram (e vorrei vedere quante carrozze ci vorrebbero per trasportarli tutti nella stessa fascia oraria…), nelle ore che intercorrono tra il flusso di entrata e quello di uscita dei pendolari, chi viaggerebbe sul tram? I bolzanini non credo: io ad esempio, che come altre 14.800 persone abito a Oltrisarco-Aslago, perché dovrei andare alla stazione a prendere il tram per andare all’ospedale se ho la linea urbana 10 che passa sotto casa mia? Stesso discorso per gli altri quartieri. E men che meno è utile ai turisti, che non muoiono dal desiderio di spostarsi dal centro in via Druso o all’ospedale.
 

I pendolari: chi sono e dove vanno?

 
L’inadeguatezza dei tre responsabili si evince anche dal non essersi mai posta quella domanda banale che si fanno tutti i privati che lanciano un nuovo prodotto sul mercato: perché un consumatore dovrebbe comprarlo? Tradotto: perché un pendolare (consumatore) dovrebbe utilizzare il tram (prodotto)? I nostri geni della viabilità hanno mai studiato i flussi di traffico, ovvero si sono mai chiesti da dove partono i 22.000 e dove vanno? Non basta dire che vanno dall’Oltradige a Bolzano. Senza andare più a sud e considerando solo i centri maggiori, è bene sapere che Caldaro e Appiano non sono un centro abitato omogeneo, ma contano in totale la bellezza di 20 frazioni. Venti. Ciò significa, secondo le visioni dei tre responsabili, che – anche nelle giornate di pioggia, neve e gelo – un pendolare diretto, poniamo, in zona industriale, dovrebbe: raggiungere in qualche modo da Castelvecchio o Predonico la statale, prendere il Metrobus, scendere a ponte Adige, salire sul tram, scendere alla stazione e prendere un altro bus. Lascio ai nostri “esperti” il piacere di calcolare quanto ci impiegherebbe il pendolare in questione. Che forse si è appena comprato la macchina nuova e piuttosto che salire e scendere su mezzi strapieni, magari in piedi e con bagagli al seguito, preferisce starsene in coda ma al caldo e con la radio.
 
 
Il punto è, egregio sindaco e compagnia deliberante, che anche dieci tram non convincerebbero una persona a rinunciare a quella comodità chiamata auto, se ha deciso di usarla. L’unico modo per evitare che qualcuno faccia qualcosa, è vietarlo. Il sindaco stesso continua a minacciare “se poi non andranno con il tram, allora prenderemo delle misure!”. Che paura. Già, quali misure? Il divieto di accesso? Il ticket d’ingresso? Scegliete voi, siete pagati per questo. Però sappiate che potreste farlo anche adesso, e senza buttare al vento centinaia di milioni di denaro pubblico e devastare una città per il resto della sua esistenza. Per prendere decisioni impopolari però ci vuole coraggio. E i nostri responsabili hanno dimostrato di non averne, mostrandosi forte con i deboli e pavida con i forti.
 

Questione di coraggio

 
Giusto qualche esempio, piccolo e grande, sparso qua e là. Avete presente la sbarra di via della Vigna verso l’ospedale? O magari le voragini a Bolzano Sud aperte da decenni in attesa di lavori, o ancora gli scheletri di costruzioni mai finite? Beh, guai a parlarne in Comune, perché di mezzo ci sono le famiglie politiche ed economiche più potenti di Bolzano. Per non parlare della figura barbina rimediata con il divieto fantasma sui mezzi pesanti: ricordate l’incidente camion-bici di corso Libertà? La reazione dei nostri responsabili fu severissima: al bando i Tir dalla città. Poi sono bastati due comunicati stampa delle associazioni di categoria per innescare un rapido dietrofront. Un altro esempio che sfiora il ridicolo? Il divieto ai diesel euro 3, che avrebbe già dovuto bloccare una fetta di pendolari. Infatti… le code sono rimaste uguali, se non aumentate. Semplicemente perché le hanno in quattro gatti che chissà quante volte le usano. Ma non basta: oltre a essere pochi i destinatari del divieto, ci sono anche le deroghe. Quella sugli anziani è giusta (ma se la usa il figlio vale?), poi c’è quella bellissima di chi abita a San Genesio o Sarentino. Me l’hanno chiesta i loro sindaci, ha detto candidamente Caramaschi. Basta chiedere no? Tra politici ci si intende… Insomma alla fine il divieto conta solo per qualche poveraccio che magari non ha i soldi per comprarsi la macchina nuova.
 

Caccia al Poveraccio

 
D’altronde, si sa, è molto meglio e più facile concentrarsi sui poveracci. A memoria d’uomo non ricordo una giunta così accanita nei rastrellamenti (che brutti ricordi evoca questa parola) in cerca di barboni che dormono sotto i ponti o pisciano nei giardini. Già, è molto più facile dare il Daspo a un poveraccio che non sa neanche cos’è… Ha generato una tristezza infinita, vedere i nostri tre responsabili presenti e gasatissimi all’inaugurazione della ruota panoramica (un’attrazione da luna park) quando invece da una giunta che si definisce “eco-sociale” ci aspetteremmo una parola di conforto a chi dorme sotto un ponte.
 
 
Ma si sa, in centro comandano i soldi. I turisti per esempio, e torniamo al traffico: qualcuno ha mai pensato di fermarli ai parcheggi di Bolzano Sud (casello A22, fiera e altri spazi disponibili) e portarli con le navette? Non scherziamo: ci vorrebbe il coraggio di sfidare i commercianti del centro, che vogliono il turista motorizzato perché altrimenti come fa a portarsi a casa gli acquisti.
 

Ma tutti gli altri pendolari?

 
Ammesso (e giammai concesso) che la metà dei 22.000 dell’Oltradige accetti di fare le peripezie di cui sopra rinunciando alla macchina e salendo a bordo di un tram bloccato nel traffico generato dall’altra metà, che ne facciamo degli altri pendolari? Quelli che arrivano da nord, ad esempio: basta andare la mattina nel tunnel del Virgolo per vedere migliaia di pendolari che non hanno bisogno del tram. E quelli da sud, da Laives e dalla Bassa Atesina, che già oggi potrebbero venire in bus o in treno e non lo fanno, perché dovrebbero cambiare idea con il tram? E quelli che vengono da ovest – da Terlano a Merano alla Venosta – non li contiamo?
 
 
Anche a questi diciamo di arrivare in qualche modo a ponte Adige e iniziare la giostra delle coincidenze? E poi, cari geni della viabilità, se fatto il tram imporrete il divieto a chi non lo usa, l’obbligo varrà solo per i pendolari dell’Oltradige? Roba da ricorso immediato al Tar. Se invece dovesse valere anche per gli altri, allora perché non lo introducete subito, visto che per questi pendolari il tram non cambierà di una virgola la situazione?
 

Soldi pubblici? Allora si possono buttare

 
Dobbiamo fare il tram altrimenti i soldi vanno ad altre città: un altro mantra dei nostri tre responsabili. Mentalità tipica di una politica arrogante. Piuttosto che darli a qualcuno che magari ne ha veramente bisogno, me li spendo io – questo il concetto. Solo che qui non parliamo del contributo che a fine anno i vari uffici comunali o provinciali danno al primo progetto che passa perché li hanno in budget e vogliono finirli per non dover rifare i conti. Qui si parla di centinaia di milioni buttati in un’opera inutile, e a me personalmente non interessa se il grosso lo mette lo Stato: lo Stato sono anch’io perdio, e voglio che i soldi delle mie tasse vengano spesi bene. In qualsiasi parte d’Italia ma bene. Quindi, egregi governanti, se c’è qualcuno che non vuole bene a Bolzano, è proprio chi amministra in maniera sconsiderata il denaro pubblico che gli è stato affidato.
 

La bufala di Bergamo

 
Se l’ha fatto Bergamo il tram, possiamo farlo anche noi. Ecco un esempio di dilettantismo al cubo: paragonare le cozze con le ostriche. I nostri responsabili (e chi dà loro retta) dovrebbero sapere che la linea 1 del tram bergamasco serve la bellezza di 6 comuni e ha un bacino d’utenza di 220.000 abitanti, altro che i 22.000 dell’Oltradige e qualche sparuto bolzanino. L’anno scorso, per dire, ha trasportato 3,7 milioni di persone, cifre impensabili per la nostra realtà.
 
 
E anche la futura linea 2, quella che godrebbe dei contributi statali tanto bramati dai nostri vertici comunali, non è da meno con cinque comuni attraversati e un bacino di 240.000 abitanti. Vadano a leggersi, in Comune, il dettagliatissimo piano economico-finanziario dell’opera bergamasca (comprensivo di costi di gestione, tariffe, possibili scenari di utilizzo, rapporto costi/benefici ecc.), altro che le quattro cifre in croce buttate lì dai nostri amministratori.
 

L’incubo dell’assessora Lorenzini

 
Pensare alle ciclabili è meritorio. Esserne ossessionati no. Prendiamo ad esempio la ciclabile di via S. Geltrude. Nessuno ne sentiva la mancanza, è stata fatta e va bene. Imbarazzante però fu l’argomento addotto dall’assessora: sarà utilizzata da 800 studenti (sic!). Se l’assessora avesse fatto un minimo di ricerca sul campo, avrebbe scoperto che le scuole elementari e medie sono frequentate per la stragrande maggioranza da studenti che abitano nel raggio di 500 metri e vanno a piedi. Gli studenti della scuola professionale al contrario arrivano in gran parte da fuori comune e da altri quartieri e si servono del bus. Insomma vale il discorso di prima per il tram: se non si fanno analisi serie, il rischio del ridicolo è elevato. Ma la ciliegina è stato il prolungamento della ciclabile fino alle “Fermi”: in un tratto di marciapiede largo due metri nelle ore di uscita dalle tre scuole di via Castel Flavon convivono centinaia di bambini, bici, carrozzine, passeggini e quant’altro…
 
 
 
Ah, e il progetto delle postazioni per le bici elettriche miseramente naufragato con altro spreco di denaro pubblico, ne vogliamo parlare? Meglio di no. Parliamo invece del progetto dell’ascensore inclinato di Oltrisarco, che l’assessora ha promesso di fare a inizio mandato ma che – per fortuna – non ha ancora realizzato perché sarebbe un’altra follia. Già, perché anche in questo caso non esiste uno straccio di studio che quantifichi il realistico utilizzo di una simile struttura. E che rischia di fare la stessa fine di un progetto realizzato dalla giunta precedente, che merita una digressione per far conoscere alcuni dati sicuramente ignoti ai nostri responsabili.
 

L’ autobus fantasma

 
Per anni si è discusso di collegare con bus di linea la parte alta di via Castel Flavon, in quanto gli abitanti delle ultime case che si servono della linea 7A o 7B devono poi scarpinare per qualche centinaio di metri. Bene, prima è stato fatto un tentativo di mettere a disposizione il bus turistico che parte da piazza Walther e arriva al castello, con numeri di affluenza vicini allo zero. Poi sono iniziati i lavori stradali, complicatissimi vista la ristrettezza della carreggiata, costati tra un inghippo e l’altro quasi 600.000 euro. A dicembre 2016 finalmente entra in funzione la linea alta. “Il prolungamento fin lassù? Una str…ata pazzesca”, dichiara a microfoni spenti un dirigente Sasa, che aggiunge: “Ma per noi è uguale quanti passeggeri trasportiamo, la Provincia ci paga a km percorso”. Il paradosso è che, invece di aumentare, l’affluenza cala. Se nel 2016 le due linee 7 registravano quasi 631mila obliterazioni, nel 2017 il dato scende clamorosamente a meno di 529mila e nel 2018 a 545mila (dati forniti dall’ufficio Trasporto della Provincia). Insomma un crollo di viaggiatori.
 
 
Ma i dati incredibili non finiscono qui. Sempre la Provincia informa che nel 2018 sulla linea 7 (A e B) ci sono state giornate con la miseria di 157 obliterazioni in tutto, e durante l’anno parecchie corse da un capolinea all’altro hanno viaggiato con zero viaggiatori. Zero. Sapete quanto costa la gestione annua di questa linea? 600.000 euro. E quanta gente abita nei civici dal 42 al 48 di via Castel Flavon (anche se gli ultimi potrebbero prendere la linea che si ferma in Passeggiata dei Castani e fare due rampe di scale)? Sono 130, informa l’ufficio anagrafe del Comune. Domanda retorica: questi numeri in Comune li conoscevano prima di creare una cosa che non utilizza nessuno? Qui torniamo alla madre di tutte le differenze: se è un privato a investire, fa tutti gli studi possibili. Se il denaro è pubblico, allora chi se ne frega.
 

Il sorprendente bipolarismo della provincia

 
Ma un altro aspetto grottesco della vicenda è il comportamento bipolare della Provincia, che sta spalleggiando il Comune in questa follia chiamata tram ma che una volta la pensava in maniera opposta. Leggete bene: nel 2012 – non un secolo fa – l’allora assessore provinciale alla mobilità Thomas Widmann annunciava testualmente in un comunicato stampa: “I costi per il Metrobus sono circa un quarto rispetto a quelli del tram, i costi di gestione sono più bassi del 50%, e i tempi di realizzazione sono di 18 mesi contro 5 anni. Inoltre, con lo stesso investimento necessario all'acquisto di un tram da 220 posti, si possono comprare 5 bus da 440 posti".
 
 
E non è finita qui. Widmann dichiarava di puntare su “tempi di percorrenza certi e concorrenziali, su parcheggi di interscambio e su un cadenzamento che, nelle ore di punta, può raggiungere i 3-6 minuti. Il tramha bisogno di almeno due binari altrimenti rischia di trasformarsi in un investimento sbagliato, mentre il Metrobus ha il vantaggio di potersi adeguare alle dimensioni della strada: dove non c'è posto per le corsie preferenziali si possono sfruttare i semafori intelligenti”. E poi c’era il carico da undici: “Un terzo degli utenti dei mezzi pubblici e un quarto delle auto in transito si concentra nell'ora di picco mattutino verso Bolzano. Il tram non risolverebbe il problema perché non sarebbe in grado, per limiti strutturali, di sopportare tutta la richiesta di mobilità nel momento di punta, mentre il Metrobus sarebbe in grado di soddisfare questa necessità”. C’è bisogno di commenti?
 

La grandeur de noantri

 
Il senso del pudore e del ridicolo, oltre che della realtà: ecco cosa manca ai tre protagonisti di questa storia. Mai vista in tre anni e mezzo di governo cittadino una mole così imponente di conferenze stampa per annunciare il minimo colpo di piccone, un’altalena in un parco giochi, due metri di ciclabile, un orto per anziani, una ruota da luna park come se fosse il Centre Pompidou. D’altronde, ognuno fa il grande con quello che ha. L’ufficio stampa del Comune probabilmente se li sogna la notte, i due assessori alla viabilità e ai lavori pubblici. Che poi sarebbe come se un impiegato dell’anagrafe ad ogni carta d’identità che emette, facesse un post su Facebook per far vedere quant’è bravo. Assistiamo a una ricerca spasmodica di apparire, una mania di grandezza impudica, la voglia di restare nella storia come “quelli che hanno fatto il tram a Bolzano”.
Assistiamo a una ricerca spasmodica di apparire, una mania di grandezza impudica, la voglia di restare nella storia come “quelli che hanno fatto il tram a Bolzano”.
Speriamo solo che il 24 novembre la cittadinanza li aiuti a dimenticare questo progetto, che sprofonderebbe la città in un cantiere infinito, inutile, portatore di debiti e di cicatrici destinate a rimanere eterne. Evitiamo che i nostri responsabili diventino “quelli che hanno rovinato Bolzano”.
 

P.S. 

 
Io uso raramente l’auto e solo per andare fuori città. In città uso la bici fin quando posso e i maledetti mezzi pubblici. Mi piacerebbe pure ogni tanto usare l’auto, devo dire. Ma ci rinuncio perché le strade sono piene, a seconda dell’ora, da genitori che in macchina portano/prendono i bambini in classe, da migliaia di pendolari (anche bolzanini, che si spostano da un quartiere all’altro) che viaggiano solitari, da turisti calati da ogni dove. E così vado in bici e respiro l’aria buona. Sto ancora aspettando che il sindaco – responsabile della salute dei cittadini - risolva il problema del traffico. Senza tram, però.