Il sindaco Caramaschi continua a ripetere che ha fiducia nella competenza dei suoi tecnici. E ci mancherebbe, sia perché non ha gli strumenti per giudicarli sia perché altrimenti non li avrebbe incaricati. Chiariamo subito un aspetto, anzi due, a completamento di quanto detto nel precedente articolo Una follia chiamata tram. Nessuno ha mai messo in dubbio la competenza dei tecnici: i dati forniti sono sicuramente corretti. Il problema sono i tanti, troppi, dati mancanti – e anche qui rimando all’articolo precedente. L’altro aspetto è che il sottoscritto non è contrario al tram come mezzo di spostamento, ci mancherebbe. Il punto è che QUESTO tram è sbagliato dal punto di vista concettuale, perché rappresenta la soluzione sbagliata a un problema reale. Ma attenzione: a dirlo non è certo il primo giornalista che passa, ma fior di politici e tecnici.
Le contraddizioni
Sempre nell’articolo citato - Una follia chiamata tram - leggete quanto dichiarava nel 2012 l’allora assessore provinciale alla mobilità Thomas Widmann. E sarebbe interessante sapere dalla Provincia perché, sei anni dopo, ha stretto un patto con il Comune per fare il tram smentendo di fatto se stessa. Delle due l’una: o erano incompetenti Widmann e i tecnici provinciali di allora, che affossavano il tram, o lo sono l’assessore Alfreider e i tecnici di adesso. Stesso dilemma, forse brutale ma doveroso per sintetizzare, possiamo porlo per le giunte comunali dagli anni ’90 in poi che hanno affrontato la questione tram: o erano incompetenti quelle giunte – e i loro tecnici – o lo è quella attuale. Già, perché alcune soluzioni proposte in tutti questi anni erano diametralmente opposte a quella attuale. Vediamole con l’aiuto di un prezioso documento, il n. 36 (dicembre 2010) della rivista quadrimestrale Atlas edita dall’Istituto nazionale di urbanistica e curato dall’architetto Peter Morello.
Il traffico inizia a essere studiato
1975 – Viene presentato il primo piano su trasporto pubblico e traffico a Bolzano (autore: LARIS, Guglielmo Zambrini - Milano, sindaco Giancarlo Bolognini, assessore alla mobilità Oriano Innocenti, assessore all’urbanistica Claudio Emeri), in cui si inizia a pensare a Ztl, parcheggi a pagamento e corsie preferenziali per i mezzi pubblici. All’epoca si gira ancora in auto in centro storico, piazza Walther compresa. Del tram non si parla.
1986 – Viabilità e indagine sul traffico a Bolzano (autore: CENSIS Roma, sindaco Marcello Ferrari, assessore alla mobilità Gernot Rössler, assessore all’urbanistica Giuseppe Augustin). È una raccolta di dati da cui si evince che oltre il 64% del traffico gravitante sulla viabilità urbana è di origine comunale, ovvero ha origine e destinazione all’interno di Bolzano, mentre il 32,9% è rappresentato da spostamenti inter-urbani tra Bolzano e il resto della Provincia. Non si parla di soluzioni.
1990 – Arriva il Piano del traffico elaborato dall’esperto bavarese Bernhard Winkler (sindaco Marcello Ferrari, assessore alla mobilità Roland Atz, assessore all’urbanistica: Toni Serafini) che diventerà Piano urbano del traffico (Put) nel 1991. Si parla di penetrazione a pettine, che poi darà origine all’arginale, e di zone colorate. Il tram non c’è ancora. Si discute invece di un possibile prolungamento di via Palermo fino a Gries, in via Vittorio Veneto, per eliminare il traffico da piazza Gries.
Arriva la prima proposta di tram: Bolzano-Bronzolo
1992 – Arriva la prima proposta di tram ma non è il Comune a presentarla. Lo “Studio di pre-fattibilità tranvia Bolzano-Laives-Bronzolo” è infatti commissionato dalla SAD e l’autore e l’ingegnere bolzanino Winfried Theil. Il progetto prevede un tracciato di circa 13 km dalla stazione di Bolzano per piazza Verdi, ponte Loreto, via Trento e quindi lungo la SS 12 fino a Bronzolo. Sono previste 19 fermate, i costi sono stimati in 38 miliardi di lire, pari a 19,5 milioni di euro anche se ovviamente il costo oggi sarebbe di parecchio superiore. Da notare che nello studio “si consiglia di disporre un divieto di transito ai non residenti… per garantire un minimo di percorribilità al mezzo pubblico”.
1993 – Un anno dopo sempre la SAD incarica la TRT trasporti e territorio (Milano) di elaborare uno studio preliminare sull’inserimento di una tranvia urbana in Bolzano. Vengono individuate quattro alternative di percorso; alla fine delle comparazioni lo studio privilegia l’alternativa 4 (costo: 87,9 miliardi di lire) perché presenta numerosi vantaggi: arriva all’interscambio di Ponte Adige, serve in maniera molto efficace i bacini residenziali Don Bosco, S. Quirino ed Europa poiché attraversa via Roma, via Torino e via Milano e – udite udite - evita volutamente via Druso, a dispetto del percorso che si vorrebbe attuare adesso.
1998 – Viene presentato lo studio “Bolzano Tram 2000” condotto dal consigliere comunale incaricato Rudi Benedikter (sindaco Giovanni Salghetti Drioli, assessore alla mobilità Ingeborg Bauer Polo, assessore all’urbanistica Toni Serafini). Si tratta di una sintesi di svariati documenti e parla di un investimento di 120 miliardi di lire per l’asse tranviario est-ovest.
1998 – Secondo Piano del traffico elaborato dall’esperto bavarese Bernhard Winkler (sindaco Giovanni Salghetti Drioli, assessore alla mobilità Ingeborg Bauer Polo), in cui genericamente il Comune si impegna a commissionare uno studio di fattibilità tecnico-finanziario per una tranvia cittadina.
1999 – Il tram scende ancora più a sud di Laives. La Provincia di Bolzano infatti (assessore ai trasporti Michele Di Puppo), commissiona uno studio sul collegamento ferroviario metropolitano Bolzano-Ora, in buona sostanza il leggendario terzo binario dal bivio per Merano in giù. I costi stimati, escluso il tratto dalla stazione a ponte Roma, ammontano a 34 miliardi di lire. I tempi di percorrenza dell’intero percorso vengono stimati in 18 minuti.
Gli anni del tram
2000 – Viene pubblicato lo studio “Miglioramento del trasporto pubblico nella città di Bolzano” condotto dalla Electrowatt Engineering di Zurigo su incarico del Comune (sindaco Giovanni Salghetti Drioli, assessore alla mobilità Ingeborg Bauer Polo). L’ipotesi di un’eventuale linea tranviaria viene stroncata: “dal punto di vista della tecnica dei trasporti un moderno, veloce sistema di bus è in grado di soddisfare la domanda prevista; l’introduzione di un sistema tranviario renderebbe l’offerta attrattiva lungo pochi assi, ma, al tempo stesso, la maggioranza degli abitanti dovrebbe fare i conti con un decadimento della qualità dell’offerta; i costi di realizzazione, esercizio e manutenzione di un sistema tranviario sono chiaramente superiori a quelli di un sistema di bus”.
2004 – Il sindaco è ancora Salghetti Drioli, l’assessore alla mobilità invece è Elmar Picher Rolle, quando viene elaborato il nuovo Put che prevede “uno studio di fattibilità tecnico-finanziario per la realizzazione di una tranvia urbana”.
2007 – Arriva il primo studio della IBV Willi Hüsler di Zurigo denominato “Prospettive per lo sviluppo strategico dell’offerta di trasporto pubblico nel comune di bolzano”, che prende in esame le due alternative in lizza all’epoca: il MiniMetro e Tram 2000. Il progetto della Leitner può trasportare 1.000-3.000 persone l’ora e come vantaggi presenta: tempi di attesa ridotti, indipendenza dalle strade e quindi dal traffico, assenza di emissioni (rumore e aria). Gli svantaggi sono l’impatto costruttivo, la bassa velocità commerciale e la bassa capacità. Proprio qualche giorno fa l’attuale presidente della Leitner, Anton Seeber, in un’intervista al “Dolomiten” ha dichiarato che il suo progetto (del quale nel 2010 venne presentato al Comune lo studio di fattibilità) sarebbe costato appena 89 milioni di euro, oppure 150 per un collegamento fino a Caldaro. Mentre oggi solo per la tratta cittadina si parla di oltre 200 milioni… Ad ogni modo il MiniMetro fu affossato.
La tranvia urbana invece, si legge nello studio di Hüsler, ha una capacità di carico elevata (4.000-10.000 persone/h) e gli svantaggi sono i costi elevati (ammortizzabili solo con una domanda adeguata), disagi forti nel periodo di costruzione (2/3 anni), ridotta flessibilità in caso di incidenti, aumento del rumore, possibili conflitti in centro storico, la scomparsa di parcheggi. I vantaggi sono il buon collegamento con gli insediamenti, l’accorciamento dei tempi di percorrenza, l’elevata capacità di carico e l’efficienza di esercizio.
2007 – Nel quarto Put del Comune di Bolzano (sindaco Luigi Spagnolli, assessore alla mobilità Klaus Ladinser) si afferma genericamente che si sta esaminando l’eventualità di un collegamento in sede fissa con Caldaro e Laives; si continua a parlare dello spostamento del tracciato della A22 e del tunnel sotto Monte Tondo.
2008 – Arriva lo “Studio di fattibilità per la realizzazione di un sistema di trasporto pubblico su rotaia tra l’Oltradige e Bolzano”, commissionato dai Comuni di Bolzano, Appiano e Caldaro agli ingegneri Hermann Knoflacher e Harald Frey della Technische Universität di Vienna. Per Bolzano vengono ipotizzate due varianti: la prima lungo viale Druso, via Marconi, piazza Verdi e via Garibaldi; la seconda per via Milano, via Torino e via Firenze. Si preferisce la prima, lungo via Druso a doppio binario. I costi di costruzione per l’intera tratta oscillano tra i 195 ed i 225 milioni di euro, il tempo di percorrenza tra 29 e 40 minuti.
Tram sì, ma attraverso Don Bosco
2010 – Attenzione a questa data. Esce il Pum 2020, così chiamato perché si pone una serie di obiettivi ambiziosi da attuare nell’arco di 10 anni. Nell’occasione il sindaco Luigi Spagnolli e l’assessore all’ambiente e alla mobilità Klaus Ladinser si avvalgono ancora della consulenza di Willi Hüsler (vedi 2007). Dei 10 obiettivi fissati si sono avverati solo le nuove piste ciclabili, la fermata ferroviaria Casanova e la generica riqualificazione degli spazi pubblici. Nulla da fare invece per il tram Bolzano-Oltradige, il tram cittadino, la riorganizzazione del Tpl su gomma, il nuovo accesso all’ospedale, la variante SS12, la galleria Monte Tondo e la nuova funivia di San Genesio. Per quanto riguarda il tram, vengono previsti due tracciati: mentre la linea Caldaro-Bolzano già proposta da Knoflacher, per accelerare i tempi di percorrenza, segue un tracciato rettilineo (da via Druso dritta alla stazione del Renon), la linea cittadina di Hüsler attraversa le zone più densamente popolate raggiungendo circa 50.000 abitanti. Però – sorpresa – il tracciato prima di arrivare in centro, partendo da Casanova, passa per via Resia, via Sassari, via Montecassino, via Milano, via Torino, via Roma e piazza Adriano. Evitando via Druso. Come il progetto del 1993.
Il mistero del cambiamento
La soluzione insomma più coerente, per chi avesse voluto servire i quartieri più densamente popolati. Invece, chissà perché, le conclusioni a cui giunse Hüsler nel 2010 sono state stravolte nel progetto presentato a fine 2018. Nel quale peraltro viene ancora indicata come Linea 1 quella che attraversava Don Bosco… Senza contare l’accantonamento, apparso frettoloso, del MiniMetro e del progetto di doppia linea proposto dalla francese Ratp. Una conclusione appare certa: un’opera simile non può essere decisa in maniera isterica, estremamente politicizzata e arrogante (inevitabile definire così chi dichiara di infischiarsene dell’esito referendario), considerando che di mezzo ci sono centinaia di milioni di soldi pubblici e soprattutto una ferita destinata a rimanere eterna.