La concorrenza galoppa meglio del virus
Cento miliardi al mese per il sistema Italia, il 70% del Pil, un miliardo per la Provincia di Bolzano. È la perdita stimata da Confindustria a causa della crisi economica indotta dal coronavirus e aggravata - questa è la posizione degli imprenditori, che non hanno apprezzato la mossa del governo in parte mediata con le categorie - dal lockdown imposto a tutte le imprese non essenziali partito dalla mezzanotte di ieri. Un passo e soprattutto una prospettiva che non piacciono affatto a Federico Giudiceandrea, presidente di Assoimprenditori Alto Adige. Convinto che le imprese non si possano fermare e che i loro collaboratori debbano poter lavorare, con le dovute protezioni e distanze tra le persone. Altrimenti la concorrenza globale che ancora galoppa meglio del virus farà peggio dell’epidemia.
Blocco totale, un costo ignoto
“Gli altri non si fermano, penso qui vicino a noi a tedeschi, austriaci, francesi. Ho già sentito di fornitori italiani di ditte germaniche dell’automotive a cui hanno chiesto gli stampi per spostare la produzione altrove” afferma il ceo della Microtec di Bressanone. In ballo, fa capire, c’è la sopravvivenza delle aziende italiane e della capacità di reddito prodotta per i lavoratori, oltre che di generare introiti per il sistema fiscale e dunque i servizi pubblici.
Gli altri non si fermano, penso a tedeschi, austriaci, francesi. Ho sentito di fornitori italiani di ditte germaniche a cui hanno chiesto indietro gli stampi per spostare la produzione altrove (Federico Giudiceandrea)
Al momento, fino al 4 aprile, il sistema produttivo a tutte le latitudini della Penisola si è spento per gran parte della sua totalità, salvo le filiere essenziali come cibo e medicinali. In Alto Adige significa l’ulteriore chiusura, dopo al serrata per bar, ristoranti, imprese turistiche, parrucchieri ed estetiste, di circa 12.000 aziende. Solo poche realtà funzionano ancora, la Memc ad esempio che va a ciclo continuo.
Il decreto del presidente del consiglio Conte (Dpcm) varato per rafforzare la lotta al contagio prevede la scadenza ravvicinata, ma non si sa cosa succederà dopo. Gli imprenditori sperano naturalmente che il lockdown duri il meno possibile. Riaprire un’attività industriale e commerciale, ribadiscono, non è come accendere la luce. Una volta sfumati i contatti con i clienti e i canali di vendita è difficile recuperarli. Si rischia di non rialzarsi più.
L’Italia sta facendo da cavia. Gli altri Paesi ci osservano, possono adottare misure mirate e continuare a produrre, soffiandoci quote di mercato
“La verità - afferma Giudiceandrea - è che l’Italia sta facendo da cavia. In Cina non hanno chiuso le aziende, l’hanno fatto solo nelle regioni colpite che corrispondono a circa 80 milioni di abitanti su un miliardo e mezzo di persone. Nemmeno in Giappone o in Corea, e lo stesso vale per altre parti in Europa. Ora nessuno sa cosa succederà davvero”. La paura dei titolari delle imprese è che gli altri Paesi sfruttino la debolezza di una nazione investita dall’onda d’urto del contagio in proporzioni senza eguali nel mondo (forse solo la Spagna vive una situazione altrettanto drammatica).
“Gli altri ci osservano, vedono cosa facciamo. Possono adottare misure più mirate, senza il lockdown totale” prosegue il presidente di Assoimprenditori. Una concorrenza da zone “amiche”, anche da oltre Brennero. “Se i fornitori italiani ad esempio sono costretti a ‘cedere’ temporaneamente le loro produzioni, c’è il rischio più che concreto che queste non tornino più”.
L’impresa come servizio “essenziale”
La posizione degli industriali è chiara. La categoria l’ha sostenuta con forza nella trattativa con il governo, il quale si è trovato a mediare fra i sindacati - che chiedevano la tutela massima per i lavoratori, a loro volta impauriti dalla possibilità di contagio nelle fabbriche e in fibrillazione in tanti luoghi di produzione - e appunto la parte datoriale.
Finché possiamo non licenzieremo. Speriamo che l’emotività finisca e si possa riprendere la produzione, in tutti i luoghi dove è possibile, tutelando il personale
Tutte le imprese, non solo quelle del cibo, dei farmaci, sono ritenute “essenziali”. Giudiceandrea è d’accordo: “Posto che prima di tutto viene la salute, su questo sono chiaro, è altresì vero che le aziende e i loro collaboratori sono in questo momento di emergenza come i medici, gli infermieri, le cassiere dei supermercati. Forniscono un servizio imprescindibile, che genera ricchezza per tutti i cittadini e introiti fiscali per i servizi pubblici. La loro attività deve continuare, con le dovute protezioni e distanze tra le persone”. Altrimenti sarà dura rialzarsi. Già diversi imprenditori ragionano su un impatto della crisi che durerà “due-tre anni”, non settimane o mesi.
I sindacati troppo “ideologici”
“Finché possiamo non licenzieremo - continua Giudiceandrea -. Noi speriamo che questo momento molto emotivo finisca e si possa riprendere la produzione, in tutti i luoghi dove è possibile, tutelando il personale. Dobbiamo abituarci a questo ordine di idee”. Chiude con una critica ai sindacati: “Non mi aspettavo sfruttassero questa fase difficilissima per una lotta ideologica contro gli imprenditori ‘sfruttatori’. Siamo tutti sulla stessa barca”. L’invito al governo è far rientrare il blocco il prima possibile. Era molto meglio l’approccio adottato a livello locale la Provincia di Bolzano: “L’autocertificazione delle aziende è il principio corretto, una misura più attenta”.
Hier kann man nur zustimmen.
Hier kann man nur zustimmen.
Lange habe ich überlegt, ob
Lange habe ich überlegt, ob ich das kommentieren soll oder nicht, denn ich muss sagen, ich habe mich über die Aussagen wirklich sehr geärgert, tagelang. Und doch darf diese Interview nicht unkommentiert so stehen bleiben. Man müsste eigentlich sehr weit ausholen und eine ganze Systemkritik anbringen, global, über Europa bis nach Südtirol hinein. Das ich hier nicht machen will, denn das würde den Rahmen sprengen. Deshalb nur ein Fazit: Dass in dieser Situation, in der wir uns befinden noch immer der Profit über die Gesundheit gestellt wird, ist einfach nur Wahnsinn und unverantwortlich. Es schlägt dem Fass den Boden aus. Dass gegen die Gewerkschaften gewettert wird, sie seinen zu ideologisch, finde ich eine bodenlose Frechheit und zeigt zudem von der Sensibilität des Unternehmerverbandes den Beschäftigten gegenüber. Dass es eine Streikdrohung brauchte, um die Unternehmen in die Schranken zu weisen und zu zwingen die Sicherheitsmaßnahmen einzuhalten, sagt eigentlich alles.
Antwort auf Lange habe ich überlegt, ob von Dieter Mayr
Her Mayr:
Herr Mayr:
"Dass in dieser Situation, in der wir uns befinden noch immer der Profit über die Gesundheit gestellt wird, ist einfach nur Wahnsinn und unverantwortlich." Einerseits muss ich Ihnen zustimmen. Andererseits geht es nicht nur um den Profit, sondern auch um die Beschäftigung und Besoldung der Mitarbeiter, das materielle Überleben, gesund überleben der Familie. Man kann sich nicht nur um die Sterbensrate der älteren Bevölkerung kümmern, sondern auch um das Überleben, der Wirtschaft, des bescheiden Wohlstands der Lohnabhängigen und Rentner. Denn wenn wenig in die Rentenkasse zu wenig eingezahlt wird, könnten bald auch nicht mehr die Renten bezahlt werden. Die INPS ist jetzt ja schon mit den Sozialmaßnahmen für die Arbeitslosen in Folge der Corona-Krise überfordert.
Heute gab es eine Schlagzeile in den Medien: bei der Statistik wurden die Toten der Seniorenheime nicht mitgezählt. Man kann sich fragen, warum sind sie im Heim gestorben und wurden nicht in die Intensiv-Abteilungen gebracht? Ich vermute, weil sie dort nicht mehr hin wollten oder weil in den Patientenverfügungen festgelegt wurde, dass sie keine Intensiv-Maßnahmen wollten!
Das könnte auch heißen, dass es auch Senioren gibt, denen Civid-19 gelegen kommt oder die sagen: ich habe mein Leben gelebt, ich kann jetzt auch sterben! Also es könnte auch sein, dass viele der Risiko-Gruppe gar nicht wollen, dass man vor allem wegen Ihnen so rigide Maßnahmen trifft!