Parole sante!
Parole sante!
Tra le storie minori che punteggiano, in questi giorni, il confuso racconto di come i vari stati stiano uscendo dalla grande pandemia c’è quella raccontata dal bravo collega Marco degli Innocenti che, trovandosi al valico del Brennero nella notte tra il 2 e il 3 giugno è stato testimone dell’incauto arrivo, appena una manciata di minuti prima della mezzanotte e quindi del momento in cui l’Italia aveva deciso di aprire le frontiere, di una famigliola tedesca ansiosa di raggiungere la propria piazzola su un campeggio dell’Adriatico. Una fretta pagata cara con la solita cospicua ammenda, ma la storiella cela un altro aspetto a dir poco inquietante. Proprio nelle ore nelle quali si consumava l’ennesimo ruvido confronto tra un’Austria granitica nel confermare il proprio proposito di tenere chiuse a doppia mandata le frontiere con l’Italia e i politici affranti, a Roma come a Bolzano, per questo estremo oltraggio, i sacri confini venivano tranquillamente attraversati. Che non si trattasse di un caso isolato lo hanno confermato alcune cronache giornalistiche stilate nelle ore successive e che raccontano di un discreto numero di vacanzieri tedeschi e olandesi avvistati sulle corsie nelle aree di servizio della A22. Un’indagine personale, oggi venerdì 5 giugno, sul tratto dell’autostrada tra Bolzano e Affi, conferma: i turisti esteri ci sono, non tantissimi, ma ci sono e i camper targati Monaco o Ulm fanno già bella mostra di sé nei campeggi sul lago.
Nessuno è parso in grado di chiarire fino in fondo i meccanismi che hanno prodotto questa situazione un po’ surreale, ma sembra certo che alla base di tutto ci sia quello che potremmo definire il “fattore corridoio”.
Pare infatti che gli arcigni custodi della sovranità viennese concedano senza troppa difficoltà il transito sulla Inntalautobahn, e sulla Brennerautobahn dal confine bavarese al Brennero a coloro che si impegnano, non si sa se per iscritto o solo verbalmente, a percorrere il tratto senza nemmeno una sosta.
Il famoso corridoio, per l’appunto.
Non si è capito bene se questo patto d’onore corrisponda al vero o sia l’ennesima fake news in una storia che di menzogne ne ha già viste parecchie. Fatto sta che, pochi o tanti che siano, i turisti arrivano e che in qualche modo devono esser passati sul territorio austriaco, dato che non si hanno notizie di Mercedes germaniche paracadutate nei pressi di Vipiteno.
Ecco dunque che il corridoio, concetto architettonico e geografico recuperato improvvisamente dalla soffitta dei nostri ricordi, dov’era stato confinato assieme al bicchierino di rosolio e alle pancere del dottor Gibaud, torna improvvisamente di stringente attualità, evocando ricordi a dire il vero non molto rosei, soprattutto nel mondo di lingua tedesca.
C’è stato infatti chi, come il presidente degli albergatori altoatesini Pinzger ha fatto notare subito come l’idea di questi turisti costretti a percorrere d’un fiato i centrenta chilometri di autostrada che separano il confine con l’Italia da quello con la Baviera gli ricordasse molto gli anni della guerra fredda, con un altro corridoio quello tra la Germania ovest e la libera città di Berlino che correva nel territorio della DDR e che andava percorso anch’esso senza soste, evitando qualsiasi manovra che potesse indurre un Vopo nervoso a schiacciare il grilletto del mitra. Con i riferimenti storici si
potrebbe andare anche più indietro, evocando un altro corridoio colmato, alla fine degli anni 30, da una sinistra fama: quello tra la Prussia orientale e la città di Danzica che fece, incolpevole, da detonatore per la seconda guerra mondiale.
Non è poi che se, dal corridoio geografico, si passa a quello più domestico le cose migliorino molto. Un tempo spina dorsale di qualsiasi appartamento di medie o grandi dimensioni, da decenni ormai il corridoio è caduto in un meritato oblio, primo locale ad essere sacrificato, nelle vecchie case, quando si metta mano ad una ristrutturazione edilizia e del tutto scomparso in tutte le abitazioni costruite più recentemente.
È dunque l’emergenza post-Covid a servircene, su un piatto d’argento, la versione riveduta e corretta ma non certo più felice di quelle precedenti. Sotto il motto “si fa ma non si dice” l’Austria apre appena un poco i rubinetti che, nelle conferenze stampa ufficiali, afferma di voler tenere rigorosamente chiusi. Solo che la cosa assume aspetti abbastanza paradossali se solo si guardi ai suoi effetti concreti.
Facciamo un esempio pratico.
Immaginiamoci un ipotetico Herr Mair, di Monaco di Baviera, che da settimane scalpita, assieme a moglie e figli, al pensiero di poter raggiungere l’appartamento che, con grande fatica, è riuscito ad acquistare sul prediletto Gardasee lato bresciano. Non appena l’Italia riapre le frontiere Herr Mair non aspetta un attimo e si fionda verso sud con il tetto della sua familiare ben ricoperto di tavole da windsurf e biciclette. Al confine con l’Austria impegna la sua “parola d’onore di tedesco” (copy Magnago 1957) a non fermarsi per nessun motivo sin quando non vedrà all’orizzonte la bandiera tricolore. Herr Mair, non più giovanissimo, ha qualche lieve problema idraulico, ma, fedele alla parola data, si è premunito portando in macchina idonei recipienti per evitare di doversi fermare in qualche stazione di servizio proibita. Tutto fila liscio, i confini sono superati e la famiglia può finalmente arrivare a destinazione e godere delle bellezze offerte dall’avamposto della terra dove fioriscono i limoni. Tutte le cose belle finiscono e ci si mette sulla strada del ritorno, dove la manfrina dell’andata si ripete puntualmente, con qualche lieve difficoltà in più dovuta alle libagioni di Lugana e Valpolicella. Herr Mair ritorna a casa e il giorno dopo riprende il suo lavoro che tra l’altro comprende la visita a varie filiali della sua azienda sparse su tutto il territorio austriaco, che nel frattempo è stato riaperto liberamente ai cittadini germanici. Così il nostro amico che solo ventiquattr’ore prima scorrazzava in una delle zone ancora considerate dai virologi danubiani a più alta densità di contagio, può girarsene tranquillamente da Salisburgo a Bregenz.
Questo per dire che la zoppicante storia del corridoio potrebbe mantenere un senso ipotetico solo nel caso l’Austria sigillasse a doppia mandata tutti i propri confini. Altrimenti diventa una costruzione che sfiora il ridicolo.
Per analogia riesce difficile capire come potrebbe essere articolata quell’apertura parziale, di cui si favoleggia nella capitale austriaca, riservata alle cosiddette “regioni sane d’Italia”. A meno di istituire ad ogni posto di confine un ufficio che vada a sindacare, oltre che sulla temperatura corporea, anche sulla storia familiare, le residenze più o meno recenti, le frequentazioni di ogni singolo richiedente l’ammissione, ivi compresi coloro che, effettuate le loro brave ferie nel paese del sole vogliono semplicemente rientrare a casa. Un meccanismo difficile da configurare, anche perché, sia detto per inciso, le colonne alla frontiera arriverebbero più o meno a Reggio Calabria.
Alla fin fine è una storia di passaporti. Mentre qualcuno si arrabattava per averne uno doppio, l’ideale sarebbe avere quello Covid-free che però appare ancora più difficile da conquistare.
Parole sante!
»Un’indagine personale, oggi venerdì 5 giugno, sul tratto dell’autostrada tra Bolzano e Affi, conferma: i turisti esteri ci sono, non tantissimi, ma ci sono e i camper targati Monaco o Ulm fanno già bella mostra di sé nei campeggi sul lago.
Nessuno è parso in grado di chiarire fino in fondo i meccanismi che hanno prodotto questa situazione un po’ surreale, ma sembra certo che alla base di tutto ci sia quello che potremmo definire il “fattore corridoio”.«
Die österreichische Grenze war nie geschlossen, es war in jeder Phase der Pandemie möglich, z.B. von Bayern nach Südtirol zu reisen, sofern man von den italienischen Behörden eingelassen wurde. Bis zum 3. Juni musste man dann halt eine zweiwöchige Quarantäne antreten — seitdem nicht mehr. Mir ist klar, dass die Darstellung von Herrn Ferrandi halbernst sein soll, die Klarstellung scheint mir trotzdem relevant zu sein.