Sono passate appena 48 ore dalla firma del patto di coalizione del centrodestra per le elezioni regionali e comunali di settembre. Ma di sorrisi e strette di mano non c'è più traccia. Sono scomparsi improvvisamente dopo la richiesta di Luca Zaia di un impegno per l'autonomia. Il governatore del Veneto, che ama poco il politichese, chiede alla Meloni "un impegno pubblico scritto." E chiarisce: "Voler bene al paese non significa solo cantare bene l'inno di Mameli e sventolare il tricolore."
"Non capisco", balbetta la Meloni, che a 16 anni militava già nell'organizzazione studentesca della fiamma tricolore. Ma Zaia imperterrito prosegue la sua lezione di storia: "In Veneto hanno già votato per l'autonomia. Dire che c'è chi arriva prima e chi arriva dopo, ma non capire che questo è irreversibile, significa essere fuori dalla storia. Luigi Einaudi nel 1948 sosteneva che bisogna dare a ciascuno la sua autonomia. E anche Luigi Sturzo si definiva unitario per federalista impenitente."
Il problema è che a Roma, ma non solo, si continua a vedere l'autonomia come una sottrazione di potere. E invece è tutt'altro.
In un'intervista al Corriere azzarda addirittura un paragone con il muro di Berlino: "Anche quello sembrava inscalfibile, eppure il 9 novembre del 1989 un gruppo di ragazzi salì sopra e diede il via all'abbattimento." Zaia sulla sua richiesta non lascia il minimo dubbio: "Non esiste che al mio fianco ci siano persone che non credono nell'autonomia o abbiano anche solo il minimo dubbio. Chiederò un impegno pubblico scritto." Ciò significa che ogni candidato della coalizione nel Veneto deve firmare una dichiarazione in questo senso. Meloni si agita: "Si impegni a non fare patti diversi da quelli con i quali si candida." Zaia ribatte: "Sono sconcertato dalle sue dichiarazioni, È una reazione scomposta".
Gli ingredienti per una campagna elettorale al vetriolo sembrano esserci - non tra avversari politici, ma nella stessa coalizione.