Se non ho capito male la storia è questa.
I dirigenti degli enti pubblici provinciali a volte svolgono delle mansioni straordinarie. Per questo percepiscono delle indennità speciali. Finito di svolgere questo lavoro in più smettono di prendere i soldi per il lavoro in più.
No.
Perché una qualche mente geniale in Provincia inventa una legge: continuare a pagare l'indennità speciale anche dopo e integrarla poi nella pensione. Mi si corregga se sbaglio, non sono uno specialista.
Che la cosa puzzi l'avvertono tutte le narici. Tant'è che la Corte dei Conti più volte richiama la Provincia. Ma il pastrocchio continua. Finché, nel 2019, interviene la Corte Costituzionale: la legge è illegittima e i dirigenti, che non hanno nessuna colpa, devono restituire i soldi. 16 milioncini.
Che la cosa puzzi l'avvertono tutte le narici
Katzi atschidi, deve aver pensato Kompi. Al quale esce però fuori l'uovo di Colombo: fare pagare a tutti i dipendenti provinciali il privilegio di pochi dipendenti provinciali. Come? Attingendo al fondo per la contrattazione collettiva. Quello che serve cioè per il rinnovo dei contratti. Di tutti i contratti dell'amministrazione provinciale, non solo quello dei dirigenti. La cosa avviene senza consultare i diretti interessati. Solo una mail: grazie per la solidarietà. Chi l'ha concessa, la solidarietà?
L'incredibile proposta passa, stranamente, nel silenzio di quasi tutti i media. I sindacati sono chiamati a sottoscriverla in fretta e furia. La Cgil si oppone.
Questa storia ha molto a che vedere con quella che segue.
In marzo il Covid chiude le scuole. Insegnanti e alunni a casa. È dura, anche per i genitori che non sanno come occupare i figli. Forse è solo in questo momento che molti si accorgono della seconda funzione dell'insegnante: oltre a quella pedagogico-didattica c'è anche quella di babysitting. Anche il più fancazzista di loro è comunque obbligato a sorvegliare i ragazzi all'interno delle strutture scolastiche.
Le lezioni riprendono a distanza. Funzionano. Alcuni insegnanti lavorano il doppio: con gli alunni in internet e con i propri figli a casa.
Ad anno scolastico concluso si sprecano gli elogi. Bravi, complimenti, dice Achammer (che qui affettuosamente chiameremo Akki) siete stati occhei, insegnanti. Vi siete adeguati alla situazione, con i vostri mezzi, le videoconferenze, le nuove piattaforme, teams, meet.
Premi? Schei? Rinnovo dei contratti? Come per gli infermieri: niente. Pacca sulla spalla e via. Tira e tasi.
È proprio in questi mesi che tanti nodi vengono al pettine. Non tutti hanno pc adeguati o tablet, molti li devono condividere con il resto della famiglia, la connessione internet è debole, la linea cade, ecc.
E qui facciamo un passo indietro al 2018. Nel 2018 Akki, con il compare Tommy (Tommasini, l'assessore ormai trombato), dice no alla Carta del docente. Quel contributo che permette, con 500 euro all'anno, di acquistare e acquisire mezzi e strumenti per l'attività didattica. Come in tutto il resto d'Italia.
Premi? Schei? Rinnovo dei contratti? Come per gli infermieri: niente. Pacca sulla spalla e via. Tira e tasi
“No perché poi li spendono per l'acquisto di computer e software”, argomenta Akki. Che sarebbe esattamente ciò che serve.
Tutto il Consiglio provinciale vota a favore. Svp e Pd no. La legge non passa.
Ma questa è solo la punta dell'iceberg. Nella scuola il malcontento è forte. Perché gli stipendi sono assolutamente inadeguati, non ci sono da anni progressioni stipendiali, aumentano enormemente le attività da svolgere, l'indennità di bilinguismo A è la metà rispetto a quella di altre categorie “provinciali”, non si può accedere ad un anticipo della liquidazione, ecc.
È così che l'insegnante Markus Klammer, dopo il lock down, lancia una petizione con chiare richieste.
La firmano tremila colleghi. La indirizzano all'assessore alla cultura tedesca Philip Achammer, all'omologo Giuliano Vettorato, ai due intendenti scolastici.
Akki, che solitamente negli incontri con gli operatori scolastici parla solo lui, adesso tace. Passano i mesi e, a proposito della petizione, continua a tacere. A giorni la scuola riprende e Akki tace. Ignora tremila insegnanti.
Nulla è cambiato. Tira e tasi.
Che fare?
Il vecchio caro sciopero. Generale, interetnico.
Non aspettiamoci nulla dai sindacati. Nella scuola la loro attività si limita ad un paio di riunioni informative all'anno.
Ma, come per la petizione, l'azione può partire anche dalla base. Da internet. Sui social, nei canali di comunicazione intrascolastici quali Lasis. Come la petizione, potrebbe avere un inaspettato, rigenerante, efficace successo.