Bar Margi, chiuso dalla pandemia
Thomas Tamiazzo e Matteo Corbella, gestori di uno dei bar più frequentati del centro storico di Bolzano, il “Margi” di piazza delle Erbe, sono alle prese con le ultime incombenze prima di abbassare le saracinesche – definitivamente. “Siamo qui che ripitturiamo”, raccontano a salto.bz, “e cerchiamo di liberare il magazzino. È tutto molto triste, perché qui c'erano tanti investimenti e tante nostre speranze”. Due settimane fa l'annuncio della chiusura dato su facebook, nel quale ringraziavano “i ragazzi del bar Margi” per il supporto in questi anni:
“Con grande tristezza annunciamo la nostra imminente chiusura. Quest'ultimo anno di pandemia, unito a chiusure forzate e restrizioni, ci ha segato le gambe. Purtroppo abbiamo spese che non possono essere rimandate. Per questo (non a cuor leggero) abbiamo deciso di terminare quest'avventura. Il Margi è stata una casa e voi clienti la nostra famiglia allargata. Eravamo i primi ad aprire la mattina e fra gli ultimi a chiudere la sera. La nostra forza era l'inclusione, tutti erano i benvenuti, dal clochard al fighettino, dal giovane sbarbatello appena maggiorenne all'anziano. (...) Abbiamo riso, scherzato e pianto con voi... E diamine, ci siamo pure incazzati! Ci mancherete tutti, speriamo rimanga un po' di Margi in ognuno di voi (...)”.
salto.bz: Quando avete preso questa (sofferta) decisione?
Matteo Corbella: Da un po' parlavamo con la proprietaria: non poteva venirci incontro abbassando l'affitto e noi non possiamo continuare a buttare i soldi dalla finestra. Anche garantendo che, appena ripartiva tutto, saremmo tornati a pagare come prima, la risposta è stata che noi “prendiamo aiuti dallo Stato”. Così siamo arrivati a questa conclusione. Pure chiudere “la baracca” ci verrà a costare, e piuttosto di indebitarci per tutta la vita... Il mio socio ha 30 anni, io 34 e una bimba di tre anni: per quanto ci teniamo al nostro bar, non possiamo rovinarci la vita.
Avevamo già deciso, ma una botta che ci ha fatto decidere definitivamente è la bolletta dei rifiuti SEAB: 900 euro. Abbiamo lavorato solo 18 giorni negli ultimi mesi, se col bar chiuso ti porti via mille euro così...
Come andavano gli affari “prima”?
Il bar Margi andava molto bene, con un bel fatturato e sette dipendenti tra i tre a chiamata e i quattro con contratto pieno e a tempo indeterminato. Abbiamo lavorato tutto quest'anno pensando a loro. All'inizio della pandemia si diceva che dopo un anno sarebbe andata meglio, così abbiamo cercato di far lavorare i nostri dipendenti – lavorando meno noi. Quando ad aprile 2020 non arrivava la cassa integrazione, ci siamo impegnati coi consulenti del lavoro ad anticipare il TFR ai ragazzi, per dare una continuità di stipendio. Infine a maggio abbiamo riaperto...
...ed è arrivata l'estate. Una boccata d'ossigeno?
Durante l'estate è andata anche abbastanza bene, sì, a parte un po' lo stress qui in piazza: noi eravamo quelli che chiudevano prima, magari alle 6, perché c'era troppa gente in giro. Noi siamo sempre stati nell'occhio del ciclone – abbiamo subìto non dico un controllo a settimana, ma quasi – perciò ci siamo comportati in maniera integerrima e abbiamo cercato di fare il meglio. Ma abbiamo visto molte contraddizioni in giro, altri locali facevano quello che volevano.
Infine le nuove chiusure in autunno.
Sì, arrivati a ottobre è iniziato a chiudere tutto, con l'inverno ci siamo detti “vediamo come va”. Poi a fine gennaio ci hanno richiuso. All'inizio hanno detto “due settimane”, noi ci siamo guardati e ci siamo detti “qui fino a maggio non si riapre”. Non ci sono certezze: se avessero detto “il 26 si riapre e voi lavorate”, va bene. Ma se poi nei talk-show senti già dire “ora si riapre e tra due settimane si richiude tutto, si lavora solo all'aperto...”. Noi con le attuali normative servivamo sette persone alla volta, al massimo, quando prima ne servivamo 40.
Prima della pandemia arrivavamo a mezzogiorno con 300 euro tra caffè e vinelli della mattina, coi distanziamenti era già tanto arrivare a 120.
Qual è il rammarico più grande rispetto alle misure governative? Solo la mancanza di prospettiva, o anche l'insufficienza degli aiuti economici?
Avendo un fatturato alto, i ristori ci sono arrivati – sebbene, di base, gli aiuti facciano reddito e vengano tassati. Forse era meglio toglierci le spese fisse, come la già citata imposta sui rifiuti. Ma facendo i conti ora, anche riaprisse tutto e con gli incassi più ottimistici, andremmo sotto di cento euro al mese per tenerci uno stipendio di mille euro a testa, dopo oltre un anno che non lo prendiamo. Nel fatturato dello scorso anno incidono quasi al 50% quei due mesi senza Covid, quando nel quarto anno di vita da un punto di vista imprenditoriale avremmo potuto guadagnare un po' di più. Ci siamo guardati e ci siamo chiesti “ti ostini a inseguire un sogno, è solo stupidità?”.
Qui in piazza, un paio di nostri clienti abituali si sono messi a piangere. Per noi è stata dura.
Per giunta in un luogo nevralgico come Piazza Erbe, sempre sotto la lente d'ingrandimento.
Prima erano rischi calcolati: se gestisci un bar che fa vita notturna, fa parlare di sé, “fa piazza” nel centro della movida bolzanina... ma finché riuscivamo a lavorare tutti, ad avere il nostro guadagno, chi se ne frega. Siamo andati a tutte le riunioni, siamo stati propositivi con il sindaco per cercare soluzioni – che venivano puntualmente bocciate – insomma, abbiamo cercato di fare il nostro e di farlo bene.
Passando al lato più emotivo: quanto vi mancherà il bar?
Nei giorni scorsi facendo un giro della piazza e regalando delle bottiglie di prosecco ai nostri clienti abituali – perché praticamente tutti i commercianti di piazza Erbe erano nostri clienti – un paio si sono messi a piangere. Per noi è stata dura, sono persone che sei abituato a vedere tutti i giorni, volente o nolente. Dopo quattro anni non dico che sono amici, ma sono più che meri conoscenti.
Cosa vi spingeva a fare questo lavoro?
Abbiamo aperto questo bar con l'idea di creare un posto per stare bene. La cosa che mi dava più gusto era vedere i ragazzi di CasaPound di fianco agli universitari punkabbestia che facevano aperitivo, che non si rompevano tra loro, eravamo riusciti a creare un bel clima. Ci piaceva l'idea di uno spazio dove stare, facendo capire come un bar non sia solo un bar, ma un luogo dove conoscere gente, far chiacchiera, confrontarsi.
Abbiamo aperto questo bar con l'idea di creare un posto per stare bene. Un bar non è solo un bar, ma un luogo dove conoscere gente, confrontarsi. Una persona viene qui a prendersi una birra perché chiacchiera, non per spendere tre euro di Becks. Con quattro euro al supermercato ne prende sei, di Becks.
In quest'anno di pandemia si sono molto stigmatizzati i giovani “responsabili del contagio” perché avrebbero la “colpa” di divertirsi.
Beh, anche nei periodi in cui si poteva fare take-away, siamo rimasti chiusi. Oltre al fatto che col take-away a fine giornata non ci si ripaga nemmeno le spese. Sono un bar, rappresento una struttura fisica fatta di persone, il mio è un lavoro – anche se non serve una scuola – e dev'esserci rispetto anche per quello. Se divento una macchinetta del caffè, tolgo il bar e apro un locale di macchinette. Una persona viene qui a prendersi una birra perché chiacchiera, non per spendere tre euro di Becks. Con quattro euro al supermercato ne prende sei, di Becks.
E la scelta dell'Alto Adige di fare “di testa propria” nella gestione pandemica?
Prima dici sì, poi dici no, poi se Roma non dà gli aiuti torni indietro... Non si può andare avanti così. Sono certo che gestire questa cosa sia impossibile per chiunque, però forse la classe dirigente dovrebbe farsi un'esame di coscienza. Non c'è un esponente politico di questo governo che sia riuscito a dare un termine, un'aspettativa. Noi a febbraio – senza essere scienziati – abbiamo fatto la previsione “fino a maggio resteremo chiusi”, leggendo e informandoci. Dove sta l'onestà della politica? Del dire “chiudiamo adesso e per tre mesi terrai chiuso”?
Si naviga a vista, insomma.
Leggendo di imprenditori che si suicidano, con il socio mi sono detto “non voglio arrivare a questo punto”. E non voglio nemmeno arrivare a odiare la gente: sono sicuro che se il 26 aprile avessimo riaperto, saremmo tutto il giorno a combattere contro chi si toglie la mascherina, o entra nonostante il limite di sette persone.
Non voglio arrivare a odiare la gente. Con questa pandemia temo stia diventando cattiva.
Il rapporto con le persone è il cuore del vostro lavoro. Non dev'essere piacevole fare i “poliziotti”.
Mi sono sentito carabiniere tutta l'estate scorsa, molte volte ho dovuto rimproverare dei miei clienti; già queste persone vengono, poi se si rompe loro pure le scatole, non vengono più. È un grande conflitto d'interessi. Ho trovato sbagliato sin dall'inizio dare la colpa ai singoli esercenti – perché non alle singole persone? E comunque noi siamo tra i pochi locali del centro che per tutta la pandemia non ha preso una multa, nonostante ci vessassero con controlli in continuazione. Per quanto io sappia, ci sono bar che lavorano in maniera “pirata”.
Piani per il futuro? L'esperienza del bar è un capitolo chiuso?
Personalmente sono sempre stato a contatto con la gente, faccio questo lavoro da quando avevo 18 anni. Negli ultimi anni già vedevo la gente che si imbruttiva, ma adesso con questa pandemia sta diventando cattiva. Aprire un altro locale, ora, non è nelle nostre corde: non si può più creare ciò che volevamo noi. Il rapporto coi clienti era molto importante, perché se hai una bella clientela vai volentieri al lavoro. Per noi, avere questo bar non significava diventare ricchi, ma fare un lavoro che ci piace e ricavarne il meglio.
Traurige und tragische
Traurige und tragische Geschichte. Leider wird sie nicht die Einzige bleiben.
Da würde mich mal die pseudowissenschaftliche Pro Lockdown Aufbereitung, wie hier normalerweise üblich, interessieren......