“Attàccati al tram” (tàchete al tram, in dialetto trentino, nel senso di “arràngiati” o “vaffan…”) non è un invito gentile. Ma significa che il tram è dentro le nostre teste. E nella lingua quotidiana dei trentini.
E adesso a Trento ci si è davvero “attaccati” al tram, innanzitutto a una prima linea che parta dalla periferia industriale nord di Spini di Gardolo fino a piazza Centa, con anello di raccordo a piazza Dante (8 km, 17 fermate): ci si è attaccati al progetto più ecumenico e meno divisivo per il futuro prossimo della città. 10/15 milioni a km, la stima ipotetica dei costi. Nessuno sa esattamente da dove salteranno fuori i tanti milioni necessari: 100, 150, 200? sulla cifra totale non ci si sbilancia, dipende anche dal conteggio delle opere collaterali. Ma i soldi arriveranno: da Roma e dall’Europa, si scommette. I 31,4 miliardi stanziati nel Pnrr sul capitolo “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” fanno luccicare gli occhi a ogni amministrazione pubblica italiana, naturalmente. E nessuno sa quanto tempo ci vorrà: sei anni, garantiscono i tecnici comunali e il comitato Un Tram per Trento, tre di progettazione e tre di esecuzione.
Intanto, sono tutti pazzi per il tram: i tramviari sono di sinistra, di centro, e di destra, tutti uniti su quelle due rotaie strette e dritte. Un partito “tramtrasversale” ha deciso che si farà. Quello che a Bolzano è diventata un’idea-boomerang, 211 milioni di preventivo per un tracciato di 7 km, bocciata dal referendum comunale del novembre 2019 (32% di votanti, 70% di no, progetto morto e sepolto, parola di Caramaschi), cinquanta chilometri più a valle ha messo d’accordo tutti: giunta, maggioranza e opposizioni. Fin dalla campagna elettorale avviata prima della pandemia, tutti i principali candidati a sindaco di Trento ne parlavano come una grande idea super partes. “Tramsversale”.
Sono passati 70 anni giusti dal “Tram chiamato desiderio” con Marlon Brando e restano definitive le parole dell’autore, Tennessee Williams: “What is straight? A line can be straight, or a street, but the human heart, oh, no, it's curved like a road through mountains.” Che cos’è dritto? Una linea può essere dritta, o una strada, ma il cuore umano, oh no, è pieno di curve come una strada di montagna”.
Sarà appunto che siamo tra le montagne e il nostro subconscio è pieno di curve ma l’idea del tram per Trento, una linea dritta, drittissima, in verticale nord-sud, dalla periferia di Gardolo al centro della città (e chissà, in futuro magari fino a Mattarello, periferia sud: ma lì la storia è molto più complicata) è l’idea spietatamente semplice che ha messo d’accordo tutti ma proprio tutti tutti, in Consiglio comunale. Tifare per il tram, oggi a Trento, è moralmente obbligatorio come tifare per l’Italia o amare le Dolomiti. Sul tram è scoppiata la pace universale.
Curve? No, grazie. Meglio la linea.
Le curve, invece, portano complicazioni e rischi di sbandate. Non a caso la circonvallazione ferroviaria che accompagnerà la nuova linea del Brennero e cambierà il volto della città ha già innescato, nei primi mesi della nuova amministrazione di Trento, la mobilitazione di una rete di “resistenti” che ha rivolto undici domande al sindaco, senza ancora ottenere risposte soddisfacenti. Tra gli interrogativi di Ciclostile ciclofficina popolare, Legambiente e Trentino Arcobaleno: “perché investire su una grande opera che non aiuta la riconversione ecologica dell’economia? gli abitanti di S. Martino e via Brennero sono a conoscenza che sotto le loro abitazioni transiterà la galleria Buonconsiglio, che si concluderà presso lo scalo Filzi dove sarà realizzata la stazione internazionale provvisoria?; chi pagherà gli eventuali (e storicamente certi) superamenti di spesa?; quale è l’iter partecipativo previsto per consentire ai cittadini di esprimersi su una simile opera (che trasformerà Trento in un cantiere per decine di anni)?”.
Il tram è l’idea “smart & friendly” che consente alla giunta comunale di aggirare le curve della circonvallazione e mitigare le critiche al cosiddetto “Metaprogetto” complessivo ed epocale per ridisegnare il volto e il cuore di Trento. Se la linea del Brennero interrata, secondo i cicloambientalisti, è il binario cattivo che buca il ventre della città, la tramvia di via Brennero è predicata come il binario bonario. Buono. Mite. Dolce.
La giunta comunale di Trento ha una vena trasportistica che promette faville e sfracelli, sempre ammesso che alle parole seguiranno i fatti. Homo ferroviarius è Ezio Facchin, assessore tecnico alla mobilità chiamato da Bolzano per continuare il lavoro fatto per il tunnel Bbt: uno che non ha paura di scavare e trapanare buchi e fori. Anche se non si è ancora pronunciato con nettezza sul tram, ipotizzando anche un “metrobus” veloce per i collegamenti tra periferia nord e centro. Transport lady è pure l’avvocata Monica Baggia, assessora alla pianificazione territoriale e già presidente di Trentino Trasporti.
Il presidente leghista della Provincia, sapendo di raccogliere molti più voti nelle valli che in città, nel firmare il patto sul Trm (trasporto rapido di massa) con il sindaco di Trento il 21 maggio 21 (data simmetrica come un tram), ha messo le mani avanti: "Quello di una infrastruttura in sede fissa sul Comune di Trento rappresenta certamente un progetto di miglioramento della mobilità, che non può però andare disgiunto da un'implementazione dei servizi anche in periferia, assumendo come priorità gerarchica la linea del Brennero e, a scendere, le linee ferroviarie laterali esistenti (della Valsugana e Trento Malè), e di progetto (in particolare nella tratta Rovereto Riva del Garda)”. Insomma: tram urbani ma anche treni valligiani.
L’accordo di collaborazione Provincia-Comune di Trento ha validità di tre anni rinnovabili e ha come obiettivo dichiarato quello di “conseguire e realizzare l’integrazione modale e l’interconnessione tra servizio rapido di massa e servizio urbano su gomma, mantenendo un elevato livello di qualità dei servizi e l'equilibrio economico delle gestioni”. Il Comune di centrosinistra farà il progetto, la Provincia di centrodestra penserà al piano finanziario: il tram è bipartisan.
Di quantità e modalità di finanziamento non si parla ancora, perché il progetto di fattibilità sarà redatto dal Comune di Trento in collaborazione con Trentino Trasporti e solo successivamente Provincia e Comune individueranno le modalità operative con cui pagare l'opera. Inoltre, qualsiasi decisione in merito ai mezzi e ai tracciati sarà presa in base agli esiti del Pums (Piano urbano per la mobilità sostenibile) e dello studio di fattibilità. Insomma, siamo solo all’inizio della strada, anzi della rotaia.
Pegoretti, una testa per il tram
Ma certo senza la campagna assidua del comitato “Un Tram per Trento” (nato a sua volta dal gruppo di cittadinanza attiva TrentoinBici, esordio al Muse nel settembre 2019) le cose non si sarebbero mosse così in fretta, almeno sulla carta. Massimo Pegoretti è uno di quelli che si potrebbero chiamare ttTT (teste trainanti del Tram per Trento). 49 anni, una passionaccia per la musica classica, amministratore e azionista di società nel campo delle energie rinnovabili (fotovoltaico e idroelettrico), ufficio a Egna, pendolare col treno da Trento e felice utilizzatore del trasporto pubblico dell’Alto Adige (nonché ammiratore delle ciclabili sudtirolesi), è soddisfatto a dir poco: “Il progetto diventerà realtà, ne sono certo. Comune e Provincia si sono messi d’accordo. In Comune la scelta è passata all’unanimità. Perfino la capogruppo leghista si è rassegnata: sempre meglio che usare tre macchine per famiglia, ha detto. Il dirigente Giuliano Stelzer sta seguendo l’iter con molta competenza. È l’occasione per una vera ricucitura urbana. La riqualificazione del trasporto pubblico passa per i binari, per salvare Trento nord attraversata da quattro corsie, divisa tra lato est e lato ovest. Caramaschi l’idea del tram l’ha calata dall’alto, l’ha vista come soluzione trasportistica al flusso dalle periferie. E poi via Druso a Bolzano non si prestava come via Brennero a Trento. Non c’era una tangenziale a quattro corsie. I cittadini di Gardolo capiscono invece che ne va del loro futuro”.
In precedenza, il collettivo di architettura Campomarzio aveva presentato l'idea del ring, una tramvia leggera circolare che in parte avrebbe sfruttato l'attuale percorso della Valsugana, con l’attraversamento di via Brennero. Idea liquidata come troppo ambiziosa. Dall’anello alla linea, ora le cose cambiano. “Non significa castigare il veicolo privato – prosegue Pegoretti – ma indubbiamente scegliere una priorità differente: il tram è l'unico modo per ridimensionare il traffico privato di Trento, che attualmente è pari a quello di una città di 400.000 abitanti”.
Centomila auto in entrata e centomila in uscita tutti i giorni. Tra Gardolo (estremo nord) e Mattarello (estremo sud) 15 minuti in auto, possono diventare addirittura 50 con il trasporto pubblico locale. Il gruppo Un Tram per Trento (quasi mille seguaci su Facebook) si è costruito una solida competenza anche andando a vedere come funzionano i binari urbani a Innsbruck, Gmunden (Alta Austria), Firenze e Bergamo.
Il 16 giugno l’ultimo post di Pegoretti da Firenze ha i toni entusiastici di un bollettino della vittoria: “Un'ora disponibile prima del treno merita un giro sulla T1 dalla stazione Santa Maria Novella all'ospedale di Careggi, 14 milioni di passeggeri/anno, alto grado di soddisfazione per l'87% degli utenti. La frequenza delle corse è così alta da permettermi di scendere a ogni fermata, una ogni 400 metri circa, e risalire dopo 4 minuti. A bordo il comfort già noto: famiglie, passeggini, cittadini lavoratori, studenti, persone anziane in relax, niente che traballa, capacità e spazio per tutti anche in ora di punta, si accede in carrozza comodamente al piano marciapiede”. Tramottimista.
15 milioni di euro al chilometro. Forse
L’idea del tram nord-centro è coerente con il piano urbano della mobilità di Trento 2010 per la riqualificazione di via Brennero e via Bolzano; i tempi di progettazione e realizzazione stimati dai promotori sono brevi (5-6 anni) per una prima linea “T1” da Piazza Dante a Spini di Gardolo. I costi si dovrebbero aggirare sui 10-15 milioni euro/km, più contenuti rispetto ad altri sistemi, come la metropolitana. “Mondotram”, che promuove un tram per Genova, stima in “soli” 8,9 milioni di euro al km i costi di realizzazione. A Besançon, capoluogo della Franche-Comté, con un’area urbana di appena 171.000 residenti e un’area metropolitana di 355mila, l’amministrazione è riuscita a realizzare una nuova tranvia da 14,5 km per 15,1 milioni di euro al km, chiavi in mano. A Firenze, la T1 di 11,5 km, partita da un preventivo di 195 milioni, ne è costata invece 265.
“Io Roma”, rivista dell’Ordine degli ingegneri di Roma, crede nella Tramway Renaissance e sostiene che un tram low-cost è possibile: “Ogni città” – con l’eccezione di Bolzano? – “oggi come in passato, desidera un proprio tram.
La dimensione strettamente cittadina del tram ne fa un oggetto domestico, protagonista di un rapporto intimo, di carattere estetico ed affettivo, con la città ed i suoi abitanti: il tram si lega all’immagine della Civitas, è patrimonio storico e come tale gode di uno status privilegiato. Se la prima stagione del rinascimento tramviario è partita nelle città sopra il mezzo milione di abitanti, ora si sviluppa anche in piccole città, con meno di 250.000 abitanti”.
Attenzione, però, il low cost non può fermarsi alla fase di costruzione. Sarà necessario un attento focus sulle economie di gestione. I risultati di “audience tramviaria” sono molto diversi. Nelle città francesi la Tramway Renaissance ha prodotto i soli 99 passeggeri per mille abitanti di Angers, fino ai 540 di Strasburgo, per un valore medio di 226 passeggeri ogni mille residenti.
Il tram-ottimismo trentino punta sulla disponibilità di finanziamenti europei e statali per sistemi di trasporto pubblico rapido di massa, complementare al progetto di trasporto pubblico ferroviario di medio-lungo periodo “Nordus” della Provincia autonoma di Trento: raddoppio della ferrovia Trento-Malé da Zambana a Piazza Dante, e prolungamento fino al Not, il nuovo ospedale trentino, e a Mattarello, estremità sud del Comune. Inoltre, la linea del tram avrebbe funzioni di supplenza durante la costruzione della nuova stazione ferroviaria ipogea allo scalo Filzi in via Brennero.
Per Pegoretti è anche una sorta di rivincita storica (ed ecologica) della rotaia sulla gomma: “All’epoca d’oro del dellaismo, Grisenti” – l’assessore provinciale ai lavori pubblici, grande asfaltatore e creatore di svincoli, poi “inciampato” nell’A22 – “ha investito 400 milioni in strade che hanno convogliato un traffico enorme sulla città, soprattutto con la doppia canna di Mezzolombardo… Intanto i passeggeri della Trento-Malé sono calati del 20%, perché quella ferrovia non ha orari cadenzati, ha ritmi da anni 80… La tangenziale di Trento va declassata. Devi cambiare la gerarchia degli spazi. Il tram è solo un tassello di un'idea di città, un cambio di paradigma che il sindaco ha capito. Non c'è dubbio che il Comitato abbia fatto un lavoro che è stato recepito e messo in cima all'agenda politica. Tramvia significa modernizzazione ma anche recupero degli spazi cittadini, da trasformare in luoghi da vivere, nei quali troverà posto anche una ciclabile, finalmente in linea retta, tra Gardolo e la città”.
Idea catalana in salsa olandese
Ma, se il TrenTram (potremmo chiamare così il progetto trentino) davvero si farà, è un po’ anche merito della Catalogna e dei Paesi Bassi. Fu infatti l’urbanista di Barcellona Joan Busquets, su incarico dell’allora sindaco Pacher successore di Dellai, a immaginare il famoso boulevard per il piano urbanistico del 2001. Busquets, partito da Barcellona, aveva progettato l’intervento urbanistico a Delft, città olandese vicino all’Aja, dove aveva previsto l’interramento della ferrovia e le linee del tram. Quello fu il punto di riferimento per la giunta di Trento a cavallo del secolo. Busquets si concentrò sull’asse centrale urbano, immaginando un viale di mobilità dolce che potesse sanare la ferita della ferrovia che taglia in due Trento.
Delft è una città di centomila abitanti: un po’ più piccola di Trento, che ne ha 120mila. Ma vive su un’area molto meno estesa, oltre che totalmente pianeggiante: 23 kmq rispetto ai 158 di Trento. Oggi il tram n. 1 di Delft comincia le corse alle 5.14 e prosegue fino all’1.01 con intervalli compresi tra i 9 minuti (nelle ore di punta) e i 16 minuti nelle fasce meno frequentate. La cadenza regolare e ravvicinata è fondamentale per offrire un servizio imbattibile. Poi ci sono i nuovi sviluppi della ricerca e della tecnologia: all’Università di Delft mettono insieme mobilità e ricerca. Uno dei progetti più recenti si chiama “Passive compensation of a tram's stray magnetic fields”. Una tratta di 2 km della linea tram 19 è diventata il laboratorio per quella che gli scienziati di Delft definiscono appunto “compensazione passiva dei campi magnetici a dispersione”, per evitare che il traffico del tram disturbi le sensibilissime misurazioni dei laboratori di nano fisica ed elettronica della TU Delft. La linea tramviaria che collega la città al campus diventa così una esperienza “win-win” di collegamento e sperimentazione scientifico-tecnologica su un “interference-free tram”. Sarebbe interessante se anche a Trento le competenze universitarie venissero messe in gioco sul tram.
La scelta del tram anticipa la ricerca sulla mobilità sostenibile a Trento, che è stata avviata recentemente. Si tratta infatti di un lavoro preliminare alla redazione del nuovo Piano urbano della mobilità sostenibile, che mira a rivedere e riprogettare in modo innovativo tutte le forme di accessibilità al territorio (pedoni, bici, trasporto pubblico, auto...), quelle pubbliche e quelle private, quelle riguardanti le persone e le merci. Alla base del Pums, che riprende il lavoro già iniziato dal vecchio Piano della mobilità, c'è ovviamente l'idea che gli spostamenti cittadini, si vada al lavoro o a scuola, a fare sport o la spesa, debbano essere comodi, veloci, "leggeri" (e dunque non inquinanti), con più trasporto pubblico (efficiente) e meno trasporto privato. Le attività relative al Pums sono svolte anche nell'ambito del progetto europeo Stardust. L’amministrazione comunale di Trento ha affidato l'incarico di redigere il Pums a Sintagma, una società di professionisti specialisti con sede in provincia di Perugia, che ha contribuito a progettare la mobilità di molte città, anche all’estero. Tra gli ultimi lavori, quelli sui collegamenti all’Expo di Milano e sulla Metro C di Roma, ma anche il National Railway Project del Sultanato dell’Oman.
Dal Pums al Biciplan, le incognite dell’accelerazione
Sintagma nei prossimi mesi dovrà elaborare il Biciplan, ovvero il piano delle piste ciclabili e il Masterplan, un documento di studio e di supporto al piano della mobilità. Una volta elaborato, il Pums dovrà essere adottato da parte della giunta comunale e quindi pubblicato per dare modo ai cittadini, alle associazioni e alle categorie economiche di formulare osservazioni. Alla fine sarà il Consiglio comunale a dare via libera al Pums (il cui costo è coperto dal finanziamento ministeriale per le città sopra i 100mila abitanti), che diventerà dunque il punto di riferimento per tutte le future iniziative in tema di mobilità.
Intanto nei giorni scorsi è stato inaugurato TrentoLab, lo spazio in cui condividere progetti, idee, proposte riguardanti il futuro urbanistico della città. Nelle cantine di Torre Mirana di via Belenzani, accanto al Municipio, è stata allestita la mostra "La città e la ferrovia. Un progetto integrato per la rigenerazione urbana" che racconta le connessioni della città di Trento, le sue trasformazioni e le visioni di questi ultimi vent’anni. Il tram si farà (probabilmente) perché lo vuole la gente e perché lo vogliono gli uomini duri al comando in Comune e Provincia. La giunta comunale guidata dal sindaco decisionista ex sindacalista Ianeselli dopo le elezioni del settembre 2020 ha fretta (forse troppa) di dimostrare di essere un’amministrazione dei fatti, dopo tanti anni di progetti e parole. Il progetto del tram si inserisce nell’idea, già avviata nella stagione del sindaco Andreatta, di una grande trasformazione urbana che non riguarda solo la logistica e i trasporti, ma dà il via alla rigenerazione di interi quartieri, come quelli che gravitano su via Brennero o si affacciano sull'areale ferroviario.
Stessa esigenza (la fretta del fare) ha la giunta provinciale salvinista del decisionista ex commercialista Fugatti, che in questa prima metà della XVI legislatura ha cercato – anche con qualche ragione dettata dalla crisi economica da pandemia – di eliminare lacci e laccioli, di togliere vincoli, di semplificare procedure, di oliare al massimo i meccanismi degli appalti, di alleggerire le precauzioni sugli impatti ambientali.
Tutta l’accelerata comunale sui tempi della trasformazione ferroviaria di Trento fa gioco anche alla giunta provinciale. Le elezioni dell’autunno 2023 sono vicine e il presidente leghista, che si è dovuto gestire la tempesta Vaia e la tempesta Covid, già pregusta il possibile bis. E anche il tram di Trento gli può servire. Di qui la fretta, che però non è mai una buona consigliera nelle trasformazioni urbanistiche epocali. La mobilità dipende infatti dalla mentalità, dalla consapevolezza dei cittadini: che ha bisogno di tempi di elaborazione e percorsi di partecipazione.
Ma intanto, oggi, tutti pazzi per il tram. Non sarà un TramTraum, non sarà il sogno di una estate trentina. Lo promette la politica bipartisan. Trento si presta fin dal nome. TrenTram. Una bella verticale. Niente curve su cui sbandare. TrenTram. Non disturbare il manovratore. E dritti filare.