Per una liberalizzazione delle idee

Un appello alla mia generazione
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Foto: Salto.bz

Sono nato nel 1990: farò alcune considerazioni che ritengo possano rispecchiare non solo la mia persona, ma anche una buona parte della mia generazione.
Un po' di tempo fa mi è capitato per le mani un volantino di Casapound. Siccome sono una persona curiosa e non odio a prescindere, gli ho dato un'occhiata. Sono rimasto abbastanza turbato dal mio essere d'accordo con una buona parte dei punti, specificatamente quelli riguardanti sovranità monetaria, ritrattazione degli accordi con quel fallimento che si chiama Unione Europea (per quanto mi riguarda, l'Imperialismo non è mai finito, vedi Mali, ed è di gran lunga il più grande olocausto della storia conosciuta dell'uomo), proposte per il rinnovamento delle istituzioni (qui il bersaglio era il Senato).
Mi sono detto: vuoi vedere che sono fascista e non lo sapevo? D'altro canto, se io mi dichiaro - come faccio - contro ogni forma di violenza e di discriminazione, vuol dire che sono di sinistra? (Hollande mi pare sia 'socialista').
In Italia il Partito simil-USA Democratico chiede due euro per le primarie (oltre a tutti i soldi dei rimborsi e bla bla, cose che tristemente diamo ormai per scontate) a noi che ci dobbiamo contare le monete in tasca per il caffè e ci sentiamo in colpa per una birra, ma poi a ben vedere è d'accordo quasi con tutto quello che professa l'altra parte, appunto come negli USA. Niente di un certo sistema che regola il pianeta in primis e il Paese poi, viene messo in dubbio, e tutto quello che sembra riguardare la solidarietà, la libertà, e tutte queste idee 'di sinistra' si riduce alla mera pronuncia o stampa di queste parole, in certi casi orwellianamente. Lasciando perdere il Movimento 5 Stelle, altamente impreparato per i suoi stessi propositi, e impegolato ormai in diatribe 'noi vogliamo i soldi / noi non li vogliamo'


 

1.

A me e alla gente con cui discuto, sembra ovvio che la nostra generazione non sia di destra o di sinistra. Primo perchè queste parole, come quelle prima, non hanno più significato nel nuovo medioevo che ci troviamo ad affrontare, e questa è una questiona puramente linguistica, e quindi umanistica, che richiederebbe una trattazione a parte (l'etimologia delle parole, l'uso corretto, è una delle cose più rivoluzionarie al giorno d'oggi) . Secondo perchè non può esserlo, le sfide che si trova e si troverà  ad affrontare  non vedono soluzione in questa dialettica. Pensare così non porta da nessuna parte.

Siamo così abituati a vedere proprietà dappertutto che facciamo i contratti di proprietà pure alle idee. Conseguenza di ciò, a essere discusse non sono più quelle, ma le ideologie. Empasse infinita, sterile.

In un suo intervento a Palazzo Istruzione a Rovereto, lo psichiatra e scrittore Vittorino Andreoli ha sottolineato con forza come tutto il novecento abbia delineato come fondamento strutturale dell'individuo, e di riflesso della società (e viceversa), il conflitto. A partire da Freud (Edipo - il padre come nemico da uccidere simbolicamente), passando per Darwin (lotta per la sopravvivenza - eliminazione dell'altro per l'affermazione, adattamento tramite protagonismo) e infine arrivando al massimo sistema con Marx (sviluppo sociale attraverso l'eliminazione degli sfruttanti da parte degli sfruttati). Tutto ciò non ha fatto altro che legittimare un modo di pensare che non prende neanche in considerazione la cooperazione. Livello estremo di ciò, la gente che per difendere questo modus cogitandi intrinsecamente violento si riempie la bocca di 'natura umana'. Li invito, come sempre, a dare un'occhiata alle nuove scoperte nel campo delle neuroscienze. Qui, basti sapere che l'uomo, in quanto animale sociale, è formato dall'ambiente in cui vive. A voi le speculazioni in merito.

Non si può, alla luce di questo, non comprendere la 'cultura del nemico' dominante. Per quanto mi riguarda, Casapound non è un nemico. Pure la casta dei politici corrotti ( a cui adesso, nel bene e nel male, iniziano a traballare gli scranni), in generale non è un mio nemico (qualcuno diceva 'perdonali, perchè non sanno quello che fanno', e qualcun altro, un po' dopo, 'lo sanno a memoria, il diritto divino, e scordano sempre il perdono'). Tutto ciò esiste e fa quello che fa perché le barriere sono nelle nostre teste.
Il mio temibile e per ora insoverchiabile nemico, e quello di tutta questa generazione, è il suffisso -ismo. Cercherò di essere chiaro.
Fascismo, comunismo, socialismo, nazionalismo e compagnia cantante devono essere storicizzati, e bisogna mettersi in testa che parlarne in termini non storici è anacronistico e controproducente. 
Sempre Andreoli vedeva nel conflitto di posizione per principio (quello a cui siamo abituati ed educati nei dibattiti politici e culturali dalla televisione, tipo tifoseria calcistica, che porta a difendere idee per la difesa fine a sè stessa, e quello che i ragazzini di sedici anni ripropongono tal quale nei loro modi di pensare e di dialogare) una logica conseguenza della cultura del conflitto, che non può portare all'avanzamento culturale in quanto questo è veicolato dalla coerenza.
Nel 1981 la Teoria dell’agire comunicativo di Jürgen Habermas codifica le basi della cosiddetta etica del discorso. Sottesa alla visione del filosofo è la semplice ed elementare constatazione secondo cui, al di là delle divergenze di opinione sui fatti o sulle soluzioni ai problemi, nessun discorso, normativo o descrittivo che sia, possa evitare di riconoscere implicitamente e di presupporre di principio i criteri di giustezza, verità (o verosimiglianza), veridicità e comprensibilità.
In base a questi criteri, nessun enunciato coerente, e nessun argomentante che voglia esprimersi con coerenza, può eludere alcune condizioni fondamentali: ascoltare le argomentazioni altrui e riconoscere la confutazione delle proprie da parte dell’interlocutore; strutturare enunciati logicamente consistenti e che tengano conto il più possibile delle evidenze effettive; esprimere argomentazioni di cui si è razionalmente e fondatamente convinti; esprimerle in modo che siano comprensibili (e quindi, si potrebbe aggiungere, intrinsecamente esposte alla confutazione).


 

2.

Gli -ismi dividono la gente e creano confusione nella risoluzione dei problemi. Nessuno fa eccezione: userò l'esempio dell'ambientalismo.

Questo concetto parte dall'idea - lapalissiana - che l'uomo sta distruggendo, in modo suicida e senza riguardo nemmeno per il suo presente e futuro prossimo, il suo stesso ecosistema. Per capirci, è il discorso che fa l'agente Smith a Morpheus a proposito dell'intima somiglianza fra l'uomo e il virus. In molti, per giustificazionismo per le proprie o altrui azioni, trovano comodo credere a questo, e che questa sia l'unica e immutabile 'natura umana', ancora una volta. C'è una bella differenza da tracciare: assimilare la natura dell'uomo e le sue potenzialità a una delle sue concrete realizzazioni è come minimo stupido. Il modo in cui il virus si comporta non è il modo in cui l'uomo si comporta: è il modo in cui è strutturata l'organizzazione economico-sociale-massificata-consumista a comportarsi da tale. Ed è apparentemente incrollabile perchè 'così è sempre stato e sempre sarà', dicono quelli che, evidentemente, invece di pensare ai loro business hanno studiato una vita intera la società umana. Evidentemente non è così. L'unica cosa certa della vita, dicono gli orientali, è il mutamento, e ora siamo in tempi di enormi convergenze di mutamenti.
Siamo alla fine di un processo che, iniziato in Gran Bretagna alla fine XVII secolo, ci ha portati a essere ciò che siamo, una società in crisi -dove la crisi è tutt'altro che meramente economica.
Al Festival di Internazionale del 2012 s'è potuto, tra le altre cose, assistere ad una mostra molto interessante. Si tratta di Urban Survivors. Un progetto di Medici Senza Frontiere in collaborazione con l’agenzia fotografica NOOR e il supporto concreto di foto-reporter straordinari: Pep Bonet, Stanley Greene, Alixandra Fazzina, Jon Lowenstein, Francesco Zizola per sensibilizzare l’opinione pubblica su cosa significa, oggi, sopravvivere nelle baraccopoli.

"Negli ultimi secoli si è assistito ad un’urbanizzazione della popolazione senza precedenti. Nel 2007 le Nazioni Unite hanno ufficializzato che più del 50% della popolazione mondiale vive nelle città e non più nei villaggi e nelle campagne. Per il 2030 si prevede che l’80% dell’umanità sarà urbanizzata."

Per il 2050 invece, si prevede la completa scomparsa dei ghiacciai sulle Alpi, questo vuol dire niente acqua a casa vostra- a meno di una mediazione, ovviamente: in Spagna si beve praticamente solo acqua che gira e rigira, nel 90% dei casi, è della Nestlè.

Chiaramente, la dialettica destra-sinistra non può niente su dinamiche come questa, e su molte altre.
 

Tornando all'ambientalismo. La deformazione del chiaro concetto di allarme ambientale – che è un fatto – in un altro ismo, ci porta a presupporre che le persone che si definiscono ambientalisti siano le uniche su cui grava la responsabilità attiva di risolvere il problema, di vivere in modo più sostenibile e di sensibilizzare altri che si accolleranno questa responsabilità – fatto che non sta in piedi in termini logici. Implica altresì che tutti quelli che invece ambientalisti attivi non sono, siano in una posizione che, di fatto – per le azioni quotidiane che compiono, per il modo in e le cose a cui pensano e che desiderano – è la posizione di chi è a favore della distruzione del pianeta, o perlomeno di una gran parte delle specie animali, compreso l'uomo (posizione che, se esistesse ancora in una società in cui l'educazione fosse adeguata ai tempi, sarebbe da camicia di forza).

3.
“Gli analfabeti del 21 secolo non saranno quelli che non sanno leggere e scrivere, ma quelli che non saranno in grado di imparare, disimparare e reimparare”. Questa frase di Alvin Toffler dice esattamente a che punto siamo col nostro zeitgeist.
Quello che voglio dire, è che dobbiamo disimparare a discutere per ideologie, e reimparare a discutere le idee. Noi dobbiamo dimostrarci liberi dai condizionamenti, dai pregiudizi che hanno ingabbiato le generazioni precedenti e portato all'attuale stato delle cose (una società che, nel momento stesso in cui i sintomi di morte diventano assordanti, fa finta di non sentire), e che non sono nostri, a meno che non li vogliamo.
Quindi, qui sta il mio appello, ed è indirizzato soprattutto a chi è nato intorno agli anni novanta.

A chi si definisce neofascista: non fatevi sedurre da idee che non stanno né in cielo né in terra, quali xenofobia, omofobia e quant'altro, che di fatto non sono nient'altro se non problemi personali originati dall'ignoranza, dimostratevi esseri umani dotati di buon senso, leggete, non pensate di avere la verità in tasca, lasciate stare il passato, non cedete a chi vi vuole solo cani da guardia o scimmioni con atteggiamenti da stadio, rifuggite la violenza come confronto.
A chi si definisce antifascista, comunista o quant'altro: dimostratevi onesti intellettualmente, non pensate di avere la verità in tasca solo scegliendo una parte. Soprattutto: non cedete alla comodità di rifiutare le cose in blocchi, al pregiudizio, ascoltate, rifuggite l'indifferenza da quelli che con voi costruiranno un futuro.

 

In un generale tempo di cambiamento, per cambiare la realtà che ci circonda, bisogna cambiare la realtà che è dentro di noi. Bolzano oggi non ha tessuto sociale. Perpetrare ideologie vecchie e non più rilevanti non ci porterà che alla deriva.