Micoletta Blauenpower vs Barak
Per far fuori l'eterna rivale Barbionda, Louise elaborò un piano diabolico. Falsificò una circolare del partito che prevedeva il taglio delle gomme del primo dei non eletti e la consegnò a Massimo Capestro che, abituato a svolgere il lavoro sporco, eseguì puntualmente l'ordine. Poi chiamò Ramberto il Bizzoso e gli disse che il colpevole era Toro Vitelloni, marito di Barbionda che gli aveva pure pisciato sui sedili. Ramberto il Bizzoso nitrì dalla rabbia e ordinò ai suoi avvocati di preparare una caterva di ricorsi contro Barbionda.
“Avrà altro da fare e forse la smetterà di complottare” grugnì Louise con l'aria di chi aveva appena risolto un problema.
A quel punto però entrò in scena un'altra bionda, ancora più pericolosa: Micoletta Blauenpower, colonnella del partito libety, fida collaboratrice del cancelliere dello scacchiere, terza classificata nel concorso miss commissione esteri disputatosi su una spiaggia del mar Rosso che per l'occasione venne colorato di blu affondando una petroliera in omaggio ai buoni rapporti tra Itaglia e l'Egizio. Nel corso di un convegno su Veltrusconismo e riforme in un hotel di Lauregno Micoletta Blauenpower aveva tagliato di nascosto una ciocca di capelli di Barak. Durante un viaggio in centroamerica aveva consegnato la peluria a una sacerdotessa da spiaggia di Cayo Largo che l'aveva cucita sulla testa di un pupazzetto vudù a immagine e somiglianza del suo rivale. Tornata in Italia ogni sera trafiggieva la bambola con i suoi affilatissimi tacchi a spillo in acciaio inossidabile da 12 centimetri provocando atroci dolori al malcapitato. Certe sere si dimenticava e allora Barak dormiva tranquillo ma la volta che il pupazzetto venne a una convention di donne del partito Liberty Barak provò atroci sofferenze. Trafitto dalle scarpe dalle punte acuminate di Milly Accuccia, schiacciato sotto le zeppe della ministra Maronna Ficagna e infilzato dagli stiletti in acciaio di Vania Gloria Trombilli, il giovane politico ebbe anche un saggio della forza di Geggia Maglioni che al grido di “Forza Roma” aveva sferrato un calcio al pupazzetto facendolo volare in giardino in mezzo ad un roseto dove rimase appeso per qualche giorno.
Tra gli agguati di Massimo Capestro che sosteneva che il segretario di partito dovesse allenarsi a parare i colpi bassi e dunque gli rifilava un lopez ogni volta che lo incontrava e le sofferenze derivanti dalla magia nera il povero Barak non sapeva più che fare. Il manicotto in pelle fornitogli dal professor Pasqualino dell'Università a corredo del diploma di laurea attenuava il dolore ma non del tutto. Cero se non fosse stato per quella fettuccina di cuoio rinforzato le cose sarebbero andate certamente peggio. Nei momenti di sconforto Barak pensava alle parole del professore “Prendi questo cinturino rinforzato, attenuerà il male dei colpi bassi ed ridurrai il rischio di prenderlo in quel posto”. Che cosa avrebbe fatto Pasqualino ora che il colpi arrivavano da tutte le parti? Avrebbe affrontato un problema alla volta, pensò Barak. E rassegnò le dimissioni dal partito.
Quando comunicò la sue conclusioni a Capestro, anche lui allievo del professor Pasqualino, mancavano solo cinque minuti all'inizio dell'assemblea. Con un'abile mossa Barak riuscì a schivare il lopez sferratogli da Capestro.
“Fermo!” Gli intimò. “Adesso che non sono più segretario pigliatela con qualcun altro. Ormai ho deciso”.
Capestro divenne bianco. Aprire la lotta per la successione era un rischio incalcolato. E a lui i rischi incalcolati non erano mai piaciuti.
Chi avrebbe potuto sostituire Barak? Chi poteva avere una stoffa da leader solo minimamente paragonabile alla sua per tenere unito il partito?
La domanda eccheggiò nel silenzio dell'assemblea poi Marina Magnamare si alzò e disse: “Facciamo una donna”. Il diligente Andrea Perdinci, segretario dell'organizzazione prese nota dei vaffanculo per aggiornare le statistiche richieste dalla commissione nazionale sulle pari opportunità.
“Io non mi tiro indietro” esclamò convinta Banda Cannone, nota per le sue sparate.
“Tu mi stai simpatica e io ti voto” disse subito.Maramando Cozza, lo straniero dell'assemblea.
Fu Louise a prendere la parola: “beh io vedrei bene Forsizia Quantebbella”.
“Ma se sono tre mesi che non apre bocca” ironizzò il Maramaldo.
Qualcuno rise, Louise no. Forsizia si incazzò e da quel momento non stette più zitta.
La situazione stava sfuggendo di mano. Serviva un candidato forte. E serviva urgentemente.
Massimo Capestro però aveva una soluzione per tutto.
“Prima dobbiamo scrivere le regole” avvertì.
Tirò fuori un foglio bianco con il logo del partito e redasse in quattro e quattr'otto e quattro dodici un regolamento per l'elezione del nuovo segretario. Nessuno ci capì un cazzo ma votarono tutti quello che venne definito il regolamento Capestro.
Finita la riunione si trovò con Louise, Barak e pochi altri. “Io ho preso tempo ma adesso voi trovate una una cazzo di soluzione” disse con il suo accento tipico della bassafonda padana. In ricordo dei vecchi tempi rifilò in calcione a Barak. “Che bisogno c'era di dimetterti?” gli chiese seccato.
“Sono vicepresidente, assessore capogruppo, membro di 127 commissioni e ho tante di quelle rotture di maroni che abbatterebbero un elefante. Non posso stare ad ascoltare i problemi di ognuno dei nostri iscritti. La mia è una figura istituzionale” rispose Barak con il tono da statista.