Politics | Recovery fund

Accordo (possibile) senza gli inglesi?

Il 29 luglio 2020 Emanuela Rossini è diventata vicepresidente della Commissione Politiche dell'Unione Europea della Camera e anticipa l'autunno ricco di contenuti europei
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Foto: Emanuela Rossini

Nel giro di valzer di metà legislatura per le Commissioni parlamentari ha trovato maggior spazio anche Emanuela Rossini, classe 1963, eletta con la Stella alpina alla Camera ed attualmente al Gruppo Misto. Un momento particolarmente fortunato per chi è di casa a Pinzolo, come scrive anche Giuliano Beltrami su L'Adige. 

Onorevole Rossini, quali saranno i prossimi compiti della XIV Commissione, quella dedicata alle Politiche dell'Unione Europea?

Ci sarà un grosso lavoro in Commissione, sicuramente prima di tutto con la legge di delegazione europea e la legge europea che verranno calendarizzate in autunno

Difficile emergano linee politico-partitiche, perchè c'è una linea comune molto tecnica, visto che si deve lavorare sull'implementazione di direttive europee e sulla partecipazione del Parlamento italiano alla fase ascendente delle norme comunitarie.

Si aspettava di ricevere questo riconoscimento, diventando vicepresidente di una Commissione importante e molto partecipata?

Nella Commissione ero capogruppo del Gruppo Misto, si è voluto dare spazio e riconoscimento alla nostra compotente. Mi trovo bene nella Commissione che riguarda le politiche europee perchè emerge una visione più strategica che sento fa più per me. Difficile emergano linee politico-partitiche, perchè c'è una linea comune molto tecnica, visto che si deve lavorare sull'implementazione di direttive europee e sulla partecipazione del Parlamento italiano alla fase ascendente delle norme comunitarie. 

Per gestire i finanziamenti per il recovery fund (81,4miliardi di euro a fondo perduto; 127,4miliardi di prestiti per l'Italia) è vero che si sta pensando ad un'agenzia o ad un organismo ad hoc?

No, per la gestione dei fondi ci sarà la cabina di regia trasversale del Ciae, il Comitato interministeriale per gli affari europei, che raccoglie le sezioni dei ministeri che si occupano di fondi e politiche europee. Questa cabina di regia verrà allargata ai presidenti delle Regioni e delle Province autonome e potrebbe esserci un collegamento informale con la nostra Commissione parlamentare. 

Nel frattempo cercherò di spingere la politica locale a definire quali saranno le opere importanti per la ripartenza così come le riforme necessarie per la gestione dell'autonomia.

Quale sarà il ruolo di Trentino e Alto Adige in questa "partita"?

La nostra Commissione si riunirà fino all'8 agosto, poi la ripresa avverrà dal 24 agosto, con l'aula di Montecitorio che tornerà ad incontrarsi dal primo settembre. Nel frattempo cercherò di spingere la politica locale a definire quali saranno le opere importanti per la ripartenza così come le riforme necessarie per la gestione dell'autonomia. 

la legge delega ha avuto un grande rallentamento al Senato e si occupa dell'attuazione delle direttive comunitarie. Molti aspetti riguarderanno rigenerazione urbana, economia circolare, agricoltura. Ma verranno esaminate anche le norme europee riguardanti il diritto d'autore. 

Quali sono le differenze fra legge delega e legge europea?

La legge europea si occupa della gestione delle infrazioni che vengono comminate da Bruxelles all'Italia. Queste sanzioni sono calate molto negli ultimi anni perchè siamo più veloci nel trattare le questioni e rischiamo quindi meno sul piano delle infrazioni. Questa legge ci arriva direttamente dal Governo. Mentre la legge delega ha avuto un grande rallentamento al Senato e si occupa dell'attuazione delle direttive comunitarie. Molti aspetti riguarderanno rigenerazione urbana, economia circolare, agricoltura. Ma verranno esaminate anche le norme europee riguardanti il diritto d'autore. 

 

Come giudica il compromesso che ha portato all'approvazione del recovery fund?

Faremo certamente un balzo in avanti verso la costruzione più politica dell'Europa. Tutti i Paesi dovranno presentare un recovery plan nazionale con delle riforme coerenti all'interno di un progetto di Europa. Ogni recovery plan nazionale verrà poi esaminato dalla Commissione europea. La mediazione è stata importante anche perchè ogni accordo è stato fatto passare all'interno dei Parlamenti nazionali. Ci sono ancora delle divergenze in materia fiscale. La condizionalità dei fondi europei secondo dei paramentri legati allo stato di diritto, quindi al mantenimento di valori condivisi, porterà inoltre alla costruzione di un mercato più armonizzato. 

Cosa si intende per riforme strutturali?

Pensare a come saremo fra 10 anni. Favorire un'economia circolare che crei occupazione, migliorare procedure e burocrazia, proporre infrastrutture utili per l'economia. 

Tornando ai rapporti fra autonomie locali e Governo e ritornando a qualche settimana fa sembrava che i senatori Svp volessero far valere il loro peso a palazzo Madama per la tenuta futura del Governo Conte bis...

La partita politica della Svp si sta giocando adesso nelle Commissioni dei 6 e dei 12, soprattutto per quanto riguarda le norme d'attuazione. C'era paura che non venissero riconosciuti i fondi delle regioni e province a Statuto speciale, ma è stata solo una questione di tempo. C'è un tavolo ad hoc sulla questione con il Ministero degli Affari regionali. 

Cosa vorrebbe fare nella Commissione politiche europee nei prossimi 2 anni e mezzo di mandato?

Accompagnare nel modo migliore il recovery plan per il Paese e per le Regioni. Rafforzare le relazioni orizzontali con gli altri parlamenti nazionali, come stiamo facendo per esempio con tedeschi e francesi. Rafforzare anche il rapporto con le ambasciate.

Non saremmo mai riusciti ad arrivare ad un recovery fund europeo se la Gran Bretagna fosse stata all'interno dell'Ue.

 

In 6 mesi è successo un po' di tutto, ma le discussioni sulla Brexit a che punto sono?

Il negoziato sta riprendendo e l'orientamento pare essere quello di arrivare a dei compromessi sugli accordi commerciali che scongiurino il "no deal". La deadline dovrebbe comunque rimanere al 31 dicembre 2020. Non saremmo mai riusciti ad arrivare ad un recovery fund europeo se la Gran Bretagna fosse stata all'interno dell'Ue. La pandemia del coronavirus può tenerci comunque un po' più legati, anche perchè il Pil si è abbassato molto anche in Gran Bretagna e si potrebbero riuscire a raggiungere dei compromessi che sarebbero stati considerati inammissibili per la Gran Bretagna prima dell'emergenza sanitaria.