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La piazza è di Salvini

La Bolzano di destra accoglie trionfalmente il leader della Lega, abile a smuoverne gli spiriti animali. Un'incognita in più per il voto di domenica prossima.

Un vecchio adagio preelettorale recitava: "Piazze piene, urne vuote". Quando però è uno come Salvini, a prendersi la piazza, qualche dubbio ti viene. Vuoi vedere che questi qui qualche consigliere lo fanno?

Sono da poco passate le 18.30, a Bolzano. Piazza Matteotti è già piena, l'atmosfera quella di un concerto rock in cui però si mescola di tutto, anche tipi da balera. È la città dei quartieri "italiani", quella "sfigata" (epiteto che Salvini però non le riserva, indirizzandolo a pochi contestatori e anche ai suoi, sui quali in effetti, prima della sua apparizione, nessuno avrebbe scommesso cinquanta centesimi). La pancia del pubblico è ben piazzata a destra, sono tutti venuti per vedere un personaggio che da tempo fa parlare di sé, onnipresente in televisione e capace di parlare alla gente con frasi concettualmente approssimative ma dal significato chiarissimo. Piace per questo.

Dopo una breve introduzione di Maurizio Fugatti, segretario nazionale del Trentino, Salvini - che sfoggia l'immancabile felpa targata col nome del luogo in cui si esibisce - prende il microfono e accontenta subito i palati più fini: "Quando sali a Bolzano ormai ti sembra di stare a Beirut". È solo l'antipasto di uno show ben rodato, che in poco tempo tocca quasi tutti i temi che l'hanno reso famoso tra gli incazzati non solo padani. Gli immigrati? Se li portino a casa quelli di sinistra. La buona scuola? Dev'essere quella rappresentata dal deficente intervistato dopo le devastazioni di Milano. L'autonomia? Guai a chi ce la tocca (doveroso amarcord del vecchio adagio "Roma ladrona", tanto nessuno ricorda i trascorsi governativi, e dunque "romanissimi", della Lega pre-salviniana). Ad ogni passaggio, ad ogni acuto del piccolo tenore lombardo, il pubblico annuisce e applaude convinto. Intanto, l'anonima "squadra" leghista in lizza per strappare qualche seggio comunale, tutta schierata accanto al leader, prova per quanto possibile a vestirsi di luce riflessa. E chi se ne frega se  Salvini domani se ne sarà già tornato nelle sue lande lontane. La prima impressione, il suo nome bene in vista sui manifesti e sulla scheda elettorale, è la sola che conta.

Il comizio è alla fine, alzo gli occhi. C'è un tricolore alla finestra, con dietro una signora. Bossi l'avrebbe redarguita invitandola a pulircisi il culo. Salvini è diverso, sta simpatico persino a quelli di Casa Pound. Infatti non dice nulla. Neppure la nota. Mi resta il dubbio se la bandiera italiana sia stata messa lì per contestarlo o per incitarlo.

Giro largo nella piazza che si svuota. Si vedono politici di altre liste, venuti a curiosare. Ci sono anche Ulli Mair e Sigmar Stocker (quello del vibratore). La Mair, anche lei, mi dice che non riesce a misurare, a valutare questo consenso. Però è colpita. Un po' malinconica, anche. Molta gente, racconta, le si è avvicinata per chiederle come mai sia sparita dalla circolazione. Si vede che si sente un po' stranita e straniera in questa parte di Bolzano. Magari, starà pensando, adesso potrei persino raccogliere più voti qui che non tra le valli. Sono tempi strani. Intanto, pesci piccoli e pesci medi della politica sgusciano via. Hanno visto, hanno capito. Al gazebo della Lega si distribuiscono depliant o si raccolgono firme (c'è troppa gente, non riesco a vedere). Salvini è ancora lì, sul palco. Vogliono salire tutti per farsi una foto con lui (è l'epoca dei selfie). Incontro Alessandro Bertoldi, lapidario e sicuro di sé, come sempre: "Vedi? Ormai questa è la tecnica. Ogni selfie è un voto". Un po' abbacchiato rimembra: "Tanti di quelli che ora stanno con Salvini prima stavano con noi". Marco Galateo (l'aspirante sceriffo fissato con la sicurezza e le telecamere) è infatti lì a due passi e dà una mano a smontare il palco.

Prima di tornarmene a casa, scatto una foto al busto di Giacomo Matteotti con sullo sfondo le bandiere della Lega. Mi pare un simbolo triste ed efficace. Sipario.