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La ripartenza trentina

Dal cibo e bevande d’asporto al bonus babysitter. Dopo le criticità relative alla Fase 1 anche il Trentino prova a ripartire. Ma non mancano le polemiche: un assaggio.
Trento
Foto: MyWoWo

Anche il Trentino riparte, o almeno prova a ripartire dalla Fase 2. Le nuove disposizioni, sulla scia del resto d’Italia e dell’esperienza apripista di Bolzano, prevedono un allentamento delle misure restrittive. Nella giornata di mercoledì 6 maggio, il presidente della Provincia Fugatti ha firmato una nuova ordinanza che consente la possibilità di consumare cibi e bevande all’aperto, rispettando le norme di sicurezza di almeno tre metri (fatta eccezione per congiunti e conviventi) ed evitando di creare assembramenti. L’obbligo della mascherina resta valido: la protezione andrà indossata immediatamente terminato il consumo. Si tratta di un sospiro di sollievo per i gestori di bar, pasticcerie e pizzerie d’asporto fortemente colpiti dalle restrizioni.

Bonus babysitter e il nodo conciliazione 

Al via anche il cosiddetto “bonus babysitter”. Dovrebbero essere 900 le famiglie beneficiarie stimate dall’assessora alla salute Segnana, grazie ad uno stanziamento di 4,5 milioni di euro da parte della giunta. Il bonus, erogato sotto forma di buoni di servizi è volto a tutelare l’occupazione femminile in un contesto in cui entrambi i genitori lavorano. Nella sostanza, le madri che verranno richiamate al lavoro fuori casa - sia in settori privati che in settori pubblici riconducibili a sanità, sicurezza, difesa e soccorso pubblico - potranno beneficiare della custodia domiciliare per i propri figli.

Dal fronte delle opposizioni consiliari si registrano alcune critiche. Sebbene riconosca l’importanza di questa tipologia di sostegno, l’esponente del Pd Sara Ferrari biasima la scelta di “non comprendere tra le lavoratrici anche quelle che lavorano in smart working”. Inoltre, aggiunge, “il limite è che così facendo si collega la questione della cura dei figli sempre e solo alla madre, mentre i genitori sono due e culturalmente non si riesce a far capire che la conciliazione deve essere un ‘problema’ di entrambi”. Ad ogni modo, sul sito dell’Agenzia per la famiglia è possibile accedere ad un vademecum con le indicazioni necessarie per accedere a questo strumento

Un aiuto da 825 milioni, ma i sindacati attaccano

Il taglio del nastro per l’inizio della fase 2 è avvenuto con l’approvazione del disegno di legge Programma Covid 19, lo scorso 24 aprile, contenente una serie di norme rivolte a famiglie, lavoratori e delle imprese di ogni settore economico.

Uno strumento complesso - così lo hanno presentato gli assessori Mario Tonina, Giulia Zanotelli, Roberto Failoni e Mirko Bisesti -, che impegna risorse per complessivi 150 milioni di euro, a cui si aggiunge il rifinanziamento del protocollo siglato con il sistema bancario per garantire l’accesso al credito, con 250 milioni di euro che si sommano ai 250 già stanziati, e l’intervento di sospensione del pagamento dell’Imis, e delle altre tasse locali, per complessivo 175 milioni di euro. In tutto la Provincia mobilita quindi un totale di 825 milioni circa per superare questo momento particolarmente difficile”. 

Ma c’è un appunto per quanto riguarda le misure rivolte ai lavoratori. A muoverlo sono i sindacati: “Su 850 milioni di euro messi in circolo grazie al nuovo disegno di legge della giunta Fugatti - attaccano Cgil, Cisl e Uil -, solo 5 sembrano destinati alle lavoratrici e ai lavoratori colpiti dalla crisi economica e alle loro famiglie. Bastano questi numeri a dimostrare nei fatti che questa non è una manovra economica, ma un’azione spudorata, un dividendo politico pagato alle imprese proprio con i soldi dei lavoratori e dei pensionati trentini, che con le loro tasse garantiscono il bilancio della Provincia”.

Un’ulteriore fonte di preoccupazione, soprattutto per il mondo dell’ambientalismo, è rappresentata dall’avvio di un’opera di liberalizzazione e deregolamentazione ambientale in materia di costruzione e ampliamenti, giustificata, da parte della giunta, dalla necessità di ripresa economica. Tonina, assessore competente sull’urbanistica, ha dichiarato che sebbene queste deroghe siano state pensate con un orizzonte temporale limitato, è possibile che diventino strutturali. Nella pratica si parla di rimuovere le autorizzazioni paesaggistiche, di concedere deroghe significative inerenti all’ampliamento delle strutture, liberalizzare la trasformazione di attività alberghiere in extra-alberghiere e molto altro. Un punto che appare destinato a non incontrare il favore di chi si batte per la tutela del territorio.

Rsa, il punto debole

Ci sono poi sullo sfondo dei mesi passati le polemiche relative alla gestione locale dell’emergenza, in particolare nella fase acuta del contagio, che hanno portato il Trentino sotto i riflettori televisivi anche a livello nazionale: Peter Gomez in prima serata su La7 ha parlato del caso trentino come una lezione in negativo, sottolineando il paradosso di una Provincia che, nonostante la disponibilità di strumenti e risorse economiche, a causa delle scelte istituzionali avrebbe avuto grande difficoltà nel porre un freno alla lunga scia di contagi e decessi che si sono registrati sul territorio. Come è noto, la recrudescenza è stata forte nelle Rsa. La gestione delle strutture per anziani oltre ad aver provocato profonde spaccature e accesi scontri tra Upipa, Azienda sanitaria e Provincia, ha visto il Trentino salire in vetta alle classifiche nazionali, secondo uno studio dell’Istituto superiore di sanità, per il numero di decessi e contagi all’interno di queste strutture. 

Ora la strada della stabilità 

Nonostante tutte le variabili, anche il Trentino sembra aver imboccato la strada della stabilizzazione. Il bollettino di giovedì 7 maggio ha riportato tre nuovi contagi, che andrebbero a sommarsi ad altri 52, per un totale di 55, mentre all’interno degli ospedali risultano ricoverati attualmente 99 pazienti, di cui 11 in terapia intensiva. Occorrerà naturalmente vedere come si evolverà la situazione tra una decina di giorni.

In tema di nuove aperture, invece, Trento non vuole essere da meno rispetto all’accelerazione della vicina Bolzano e starebbe già valutando passaggi legislativi in tal senso. La richiesta avanzata al ministro Boccia, condivisa da molte Regioni speciali e ordinarie, è di seguire l’esempio altoatesino. Da Roma viene però ribadito che di differenziazioni si potrà parlare solo a partire dal 18 maggio, sulla base dei dati di monitoraggio del ministero della salute.