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Foto: Ansa.it
Politics | Vorausgespuckt

Wielkie pocałunki

Perché Salvini amava così tanto Putin, tanto da esserci rimasto schiacciato sotto anche quando il vento geopolitico è cambiato?

La figuraccia di Matteo Salvini rimediata all'inizio della settimana in Polonia può essere definita “epica” o “colossale”. Ne ha già scritto su questo portale anche Gerhard Mumelter, quindi risparmio i dettagli. Ma trasfigurata in immagine si potrebbe definire così: un improvvisato emigrante, in mano il suo piccolo bagaglio personale di inedita solidarietà, monta su un barcone della speranza (speranza unicamente sua: quella di mettersi in evidenza), si avvicina poi al traguardo e viene ricevuto (se non a cannonate, secondo il protocollo leghista d'ordinanza) da una salva di pernacchie. Le immagini (immediatamente rimbalzate da ogni parte della rete, quindi ritorte in meme) sono a un tempo esilaranti e deprimenti: si vede questo sindaco polacco (si chiama Przemy Wojciech Bakun, pare sia un esponente di destra) che gli sbandiera sotto il naso la maglietta putiniana, gli dice che non ha nessun rispetto per lui e poi, come in un triste film di Alberto Sordi o di Lino Banfi, il battibecco col fotografo italiano condito di epiteti (“buffone!”) e di inviti a togliere in fretta il disturbo (“vai a casa!”). L'ex Capitano, poveraccio, fa solo in tempo a balbettare qualche parola in uno stentato inglese renziano, quindi – già in dissolvenza – un goffo inchino augurando “buon lavoro” (mentre del suo, di “lavoro”, è impallidito persino il proposito).

La nemesi impietosa del Capitano avvezzo a rimediare figuracce

Ora, parliamoci chiaro, che Salvini sia destinato a mietere ovunque figuracce non è una vera notizia, o comunque non è una notizia che abbia bisogno di assidue conferme. Almeno a partire dalla storica epifania del Papeete (in cui suicidò il governo del quale amava credersi indispensabile puntello, nonché unico erede possibile), abbiamo assistito a una riduzione progressiva della sua fortuna, rivelando tutti quei lati di opportunismo e inaffidabilità che solo a voler essere proprio stolti potevano rimanere nascosti. Semmai, possiamo qui apprezzare la nemesi impietosa, avvenuta grazie all'indumento prediletto della sua propaganda adolescenziale, ma una volta finito di ridere toccherà pur tornare sobri, anche solo alla luce di una considerazione disarmante: se un personaggio di questo (infimo) calibro è riuscito a spacciarsi per anni come rappresentante politico di primo piano, la sua colpa è solo una parte di un disastro collettivo del quale protagonisti sono tutti coloro i quali l'hanno votato e preso sul serio. Resta peraltro il dubbio che la figuraccia di Prezmysil – dai più intrepidi leghisti, infatti, già derubricata a “trappola” – sia in grado di danneggiarlo più di tanto. Se il “fesso” fosse solo lui, evidentemente, non varrebbe neppure la pena parlarne.

Putin come faro di un nazionalismo aggressivo

Resta da fare un'ultima considerazione. Ma perché a Salvini piace(va) così tanto Putin, così tanto, diciamo, da farsene aedo fino a rimanerci schiacciato sotto al confine di un paese ormai in fiamme? Una spiegazione – assai limpida – viene in soccorso leggendo il bell'editoriale pubblicato dal numero di Limes (11/2021) col titolo “Le forme dell'impero” (numero monografico dedicato al passato sovietico “che non passa”), dal quale si ricavano notevoli anticipazioni di ciò che stiamo vivendo. Ecco il passo che ci interessa (il resto andatevelo a leggere perché merita molto): «Fuori casa, e specialmente in Europa, l'idea Russa si vuole magnete per le correnti ultraconservatrici insofferenti del post-storicismo liberale. Alle quali questa Russia si offre paradigma e faro. Nel sistema politico-istituzionale “democrazia sovrana estremamente guidata”. Stato forte, monarchia travestita da repubblica, autolegittimata dal riferimento a tradizioni secolari reinterpretate o inventate [ricordate l'ampolla con l'acqua del Po? Ndr] per confortare la collettività di riferimento. Insofferente del politicamente corretto, espressione peraltro estratta dal puro gergo comunista. Nella proiezione geopolitica: strumento di destabilizzazione della koiné occidentalista perché offre l'autoritarismo russo – e la figura di Putin, icona transnazionale oggi [ma ormai dobbiamo dire ieri, ndr] forse più attraente all'estero che in patria – come simbolo del rientro nella storia a popoli sazi di consumismo e affamati di valori forti. Aggressivi». Se questo è il quadro, ecco che Salvini appare esattamente ciò che non può smettere di essere, anche se non indossa più certe magliette e magari (anzi: di sicuro) è già in cerca di altre: un nazionalista che offre ovunque il collo a chi è nazionalista come o più di lui.

Ah, scusate, forse è opportuno tradurre il titolo di questo articolo: wielkie pocałunki significa “tanti bacioni”, in polacco.

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alfred frei Sat, 03/12/2022 - 10:18

"se un personaggio di questo calibro è riuscito a spacciarsi per anni come rappresentante politico di primo piano, la sua colpa è solo una parte di un disastro collettivo del quale protagonisti sono tutti coloro i quali l'hanno votato e preso sul serio". Parole sante, da ricordare prima di votare !

Sat, 03/12/2022 - 10:18 Permalink