Society | L'intervista

“Non si può condannare una comunità intera”

Sami Khallouki del Bozen Muslim Youth commenta la notizia del blitz anti-terroristico avvenuto in Alto Adige. “I terroristi non ci rappresentano”.

Il terrorismo sembra avere scelto l’Europa come arena di scontro. Diciassette persone, come ormai noto, sono state arrestate accusate di “associazione con finalità di terrorismo internazionale”, progettavano attacchi alle ambasciate; sette individui sono stati fermati in Italia e precisamente in Alto Adige (quattro a Merano, base della cellula italiana, due a Bolzano e una a Collalbo). Guida ideologica il Mullah Krekar che dal carcere di Kongsvinger, in Norvegia, manteneva la “direzione strategica sulle questioni più importanti, quale la partecipazione al conflitto siriano o la decisione di allinearsi con Isis”. Il blitz anti-jihadista nasce da un’indagine dei carabinieri del Ros, avviata nel 2011.

A Merano, nel frattempo, il consiglio comunale ha condannato “tutte le forme di terrorismo” e ha espresso alle forze dell'ordine “solidarietà per il lavoro svolto a tutela della sicurezza, della tranquillità e della convivenza in città”.

Quali saranno a questo punto le ripercussioni sulla comunità islamica? Sami Khallouki, il giovane membro dei Bozen Muslim Youth (BMY), ha una sua precisa opinione in merito.

salto.bz: Khallouki, come ha reagito alla notizia della cellula terroristica sgominata Alto Adige?
Sami Khallouki: Non mi sarei mai aspettato che ci fosse tutto questo “marcio” a Merano oltre che nelle altre città coinvolte. È un bene che questi criminali vengano scovati e fermati perché sono un danno per tutti noi, per i musulmani e per la società, allo stesso tempo però sono dell’idea che l’estremismo non abbia religione, il seme della violenza si trova ovunque.

È corretto però prevedere che ora ci sarà una nuova ondata di islamofobia?
Purtroppo sarà così, del resto l’islamofobia è direttamente proporzionale a episodi come quelli appena accaduti. I pregiudizi continueranno inesorabilmente ad essere alimentati ma questo sprona ancora di più noi musulmani a mostrarci per come siamo realmente, ad aprire il dialogo, anche attraverso la nostra associazione giovanile. 

Necessario quindi smantellare anche l’equazione immigrazione-terrorismo.
Assolutamente, fra l’altro solo una minima parte dei migranti sono musulmani. C’è anche da dire che chi conosce la storia del Medio Oriente sa che in diversi paesi, come la Giordania e lo stesso Egitto, esiste una convivenza fra cristiani e musulmani ma spesso questi vengono identificati come musulmani tout court, ed è un grosso errore. Nei flussi migratori bisogna distinguere chi è di fede islamica e chi appartiene ad altre religioni e fra i musulmani capire che ci sono gli estremisti e i cosiddetti “moderati” - termine che però a me non piace usare perché l’Islam è per natura moderazione ed equilibrio in ogni cosa - che sono i primi a voler contrastare certe radicalizzazioni.

Le fazioni politiche più estremiste chiedono già di chiudere moschee e centri di preghiera o di prendere le impronte a tutti i profughi che arrivano in Provincia, proposte che difficilmente possono avere una concreta effettività sulla soluzione del problema.
Alcuni politici vivono di radicalizzazione e ci costruiscono sopra la loro carriera, puntano alla pancia delle persone sfruttando le loro paure con proposte fuorvianti e perlopiù inapplicabili. Di Salvini ne abbiamo parecchi, purtroppo. Non possiamo sapere cosa passa per la testa delle persone, anche di un cristiano che entra in Chiesa non se ne può conoscere l’ideologia ed è noto che proprio fra i cristiani, nel mondo, ci siano persone estremiste o collegate al terrorismo. Noi, come musulmani, non siamo responsabili della condotta di certi individui, che non ci rappresentano in alcun modo, e abbiamo l’obbligo di proteggere i nostri valori perché queste persone fanno male prima di tutto a noi e alla convivenza, perciò la nostra comunità è disposta a collaborare a identificare e allontanare questi soggetti. Bisogna trovare un compromesso nella prospettiva di un aiuto reciproco.

Si tende anche a non considerare a sufficienza che il fai-da-te sul web sia una delle forme di comunicazione più utilizzate fra i terroristi o aspiranti tali, è stato appurato, del resto, che il gruppo di Krekar dialogasse attraverso canali telematici, Facebook, Skype, Whatsapp… 
Esatto, gli arruolamenti e gli indrottinamenti non vengono fatti nei luoghi di culto ma in larga parte sulla rete che è ingestibile perché è allo stesso tempo ovunque e da nessuna parte. 

Il tema dell’estremismo islamico, dell’Isis, viene affrontato dai giovani musulmani?
Sì, e l'estremismo viene condannato totalmente. Noi ragazzi essendo nati e cresciuti in Alto Adige non abbiamo avuto una sufficiente dose di informazioni su quelli che sono i precetti islamici che sono nostro costante oggetto di studio. Ci capita spesso di discutere sul perché una religione fondata su un principio di pace compia questi atti esecrabili, il fatto è che gli estremisti islamici che si professano musulmani non hanno la concezione di quello che sia davvero l’islam.

È noto che l’Isis recluti nelle loro fila soprattutto giovani, molti subiscono una sorta di infatuazione per questa organizzazione terroristica.
Siamo schifati da quello che fanno i jihadisti del sedicente Stato islamico. Chi conosce l’islam sa che il nemico non è l’occidente ma gli stessi terroristi. Il rischio è che si faccia di tutta l’erba un fascio, che si demonizzino i musulmani senza fare differenza alcuna. I nostri giovani possono venire discriminati e identificati come potenziali terroristi, niente di più sbagliato. Bisogna prendersela con i singoli colpevoli e non con una comunità intera.