Morte di un parco
La scena è come quella di un delitto. Ci sono i cadaveri, accatastati in uno spazio recintato. Le armi: motoseghe e ruspe. Il sangue è segatura, sparsa sulla terra bagnata. Sono gli alberi sacrificati per dar luogo all'edificazione del cantiere che porterà (gli ottimisti dicono entro il 2022) in dote a Bolzano il “regalo” che l'imprenditore austriaco René Benko ha promesso da tempo, incartato nella parola magica “riqualificazione”. È infatti lui l'“assassino” di questo delitto perfetto, in cui i colpevoli appaiono legittimati da accordi firmati e controfirmati, soprattutto con un'intera città (o meglio, quella che si espresse a favore del progetto, nell'aprile del 2016: il 65% di quasi 22.000 votanti) che scalpita e non vede l'ora di riversarsi negli spazi illustrati dai rendering messi a stingere sotto la pioggia, sulle transenne. Il centro di Bolzano cambierà volto, ha già cominciato a farlo, ma intanto la strage degli alberi di Piazza Stazione assomiglia all'espianto di denti neppure cariati, che già fanno posto alla gigantesca protesi in elaborazione.
Ricordiamo: il Parco della Stazione è (era) il più antico parco pubblico del capoluogo. Dopo la realizzazione della stazione (la sua prima costruzione precede l'unità d'Italia) si pensò di creare un congiungimento “verde” tra la ferrovia e Piazza Walther (allora si chiamava Johannsplatz) mediante un viale alberato. “Negli ultimi decenni dell'Ottocento – recita la laconica scheda dell'archivio storico cittadino – il parco crebbe rigoglioso e agli inizi del Novecento ospitava alte conifere (…), palme, piante e cespugli fioriti di grande pregio botanico, ed era amato luogo di ritrovo per i bolzanini e prestigioso biglietto da visita della città per i forestieri che vi giungevano dalla stazione”. Tra il 1918 e il 1943 qui c'era pure un teatro (una stele ignorata da tutti lo ricorderebbe), spazzato via dalle bombe. La storia recente ha scritto poi pagine indegne. Dell'antico flair è stato fatto strame, prima con un palese abbandono della sua destinazione d'uso (si vorrebbe quasi dire della stessa pensabilità di una destinazione d'uso), ridotta così a veloce passaggio di persone persino indotte alla paura di sostarvi troppo, e a nulla sono valse sporadiche azioni restaurative a tempo determinato, come la collocazione delle capannine del mercatino, la pista di pattinaggio sul ghiaccio, ma solo dalla parte a ridosso dell'Hotel Laurin, oppure, più recentemente, l'erezione della grande e triste ruota panoramica nel periodo natalizio, per mostrare ai pochi che ci sono saliti l'avanzata del cantiere posto ai suoi piedi. Gli unici irriducibili abitanti del luogo – piccoli spacciatori, sbandati, e non pochi immigrati appena arrivati nel capoluogo altoatesino, spesso tornando indietro dal confine, perché respinti al Brennero e raccolti dai volontari che per fortuna si occupavano di loro – erano ormai visti come “feccia” (chi fa uso della parola siede tuttora in Consiglio comunale) da eliminare. E per lo scopo, non pochi hanno pensato, va bene anche trasformare per un po' il parco in un deserto, togliendo di mezzo gli alberi. Là dove non nasce (o muore) un progetto sociale, inevitabilmente sono quelli i primi a cadere.
Si sarebbe potuto evitare una soluzione così drastica? L'assessora Marialaura Lorenzini, in un post su Facebook, ha scritto: “Oggi fatico a scrivere sull'abbattimento del Parco Stazione, parco storico del 1876. Fatico perché sono molto molto triste, perché è stata una battaglia di anni, dal 2013, una battaglia combattuta inizialmente da pochissimi, poi con la partecipazione di tantissimi giovani, associazioni, commercianti, intellettuali, cittadine e cittadini, tutti impegnati per salvare il parco tutelato, un parco storico per noi intoccabile, unico verde nel centro storico. A nulla è servito”. A qualcuno potrebbero sembrare lacrime di coccodrillo (sarebbe stato possibile impedire che all'esito del referendum seguisse una rinuncia, da parte delle forze eco-sociali, a partecipare a qualsiasi ulteriore governo della città?), più verosimilmente è un grido d'impotenza di un'amministrazione pubblica sempre più accerchiata e paralizzata dagli interessi privati, lungo il solco di una gentrificazione per la quale, usando la celebre formula di Margaret Thatcher, “there is no alternative”.
Commentando le prime fotografie dell'abbattimento, la scrittrice Sabine Gruber ha espresso un sentimento comune: “Mi stanno rubando immagini della mia infanzia, il verde che ho amato sempre uscendo dalla stazione”. Il furto, il delitto è stato compiuto mentre la città, svuotata dai provvedimenti per combattere il coronavirus, e nonostante fosse ampiamente informata, non ha avuto neppure il tempo di accorgersene.
Se già prima di questa
Se già prima di questa straordinaria e drammatica situazione, che attualmente stiamo vivendo, l‘attenzione dei cittadini troppo spesso era intenzionalmente distratta, figuriamoci adesso ... passeranno troppe mosse importanti del tutto inosservate ... e le scopriremo soltanto ex post.
Ja jetzt ist es soweit: der
Ja jetzt ist es soweit: der Bahnhofspark geht immer mehr der einheimischen Bevölkerung verloren. Jetzt wird er deutlich reduziert und der kleine Rest ist unten den gegebenen Umständen von Einheimischen, speziell Senioren nicht mehr benutzbar. Niemand traut sich hin oder würde sich dort sicher oder wohl fühlen, obwohl es keine Meldungen gibt, dass die vielen Schwarzafrikaner jemandem belästigt oder sogar jemandem etwas zuleide getan hätten.
und der Bahnhofspark
und der Bahnhofspark verwandelt sich in das Kaufhaus WaltherPark, Park bleibt Geschäft kommt, was will man mehr ? Eine Nacht-und-Nebel-Aktion mit dem DenkmalWalther als unfreiwilliger Zeuge einer "Züchtung der Züchter" !