Society | Gli eccessi del tifo

Gasparri offende gli inglesi

Si dice sempre: bisogna saper perdere. Ma anche saper vincere non sembra facilissimo. Esempi di volgarità e razzismo dopo Italia-Inghilterra.

Si dice che il tifo per la propria squadra sia una malattia incurabile. Di certo esistono effetti collaterali assai fastidiosi, come quelli rappresentati dalla denigrazione degli avversari, che può spingersi fino a punte di autentico razzismo. Oppure, caso speculare che possiamo osservare in questi giorni, avviene che una persona magari presa di mira fino a poco tempo prima, anche dal punto di vista “razziale”, venga osannata cinque minuti dopo perché ha segnato un gol nella porta giusta. Accade sempre e sono atteggiamenti ai quali non facciamo quasi più caso. L'occasione dei campionati mondiali di calcio offre però la garanzia di palcoscenici più vasti. E decisamente attenti.

Qualche esempio? Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, ha visto la partita Italia-Inghilterra, ha gioito per la vittoria e poi non ha resistito. Acceso il pc, ecco servite un paio di frasi volgari per non perdere il vizio. La prima: “Fa piacere mandare a fare... gli inglesi, boriosi e coglioni”. La seconda: “Bella partita, bella vittoria, ottimo che vada in quel posto agli inglesi sempre arroganti e antipatici”. E' una fortuna che non sia ricorso anche a contumelie d'antan, come "Dio stramaledica gli inglesi" o "Perfida Albione". Purtroppo per lui, comunque, la cosa non è rimasta circoscritta nel suo ambiente abituale e i suoi commenti sono sbarcati immediatamente in Inghilterra, dove non stanno pensando di conferirgli un titolo onorifico in lode al suo inappuntabile stile.

Altra vicenda interessante, ancorché triste, la celebrazione (a sfondo “razziale” e “sessista”) di Mario Balotelli. La foto sottostante è un capolavoro nel suo genere e non ha bisogno di soverchie interpretazioni. Piuttosto, bisogna sempre ricordare come gli italiani (ma forse non solo loro) siano un popolo sempre pronto a correre in soccorso al vincitore (la celebre battuta è di Ennio Flaiano). Anche se a quel vincitore, poco prima, le banane non venivano ricordate in senso figurato.