"Non suono per me, ma per la musica"
salto.bz : Com’è nato tutto questo?
Mario Punzi - La musica è sempre stata una parte fondamentale della mia vita. L’affermazione forse è banale, ma i miei genitori ci avevano visto lungo quando mi hanno regalato una batteria. In realtà quando poi quando hanno capito che la batteria era uno strumento rumoroso hanno tentato di cambiare, riuscendoci e facendomi studiare per 7 anni la fisarmonica. Anni che sono stati comunque importantissimi perché mi hanno dato una dato una base fondamentale per i miei studi successivi sulla batteria e sulle percussioni. In ogni caso ho iniziato molto presto perché a 7 anni già prendevo le prime lezioni di fisarmonica. A 14 ho deciso poi di smettere, vendendo la fisarmonica di nascosto dai miei genitori per comprarmi una batteria.
La fisarmonica è proprio sparita dall’orizzonte musicale di Mario Punzi?
Il mio strumento dell’epoca appunto non ce l’ho più proprio perché l’ho dato dentro in negozio per prendermi la batteria. Però ogni tanto la fisarmonica la risuono. E con Andrea Maffei e Il Suonatore Jones in alcuni arrangiamenti abbiamo inserito qualche volta degli interventi miei con questo strumento.
Quanto è importante per un batterista suonare (anche) uno strumento melodico e armonico come la fisarmonica?
Lo studio delle armonie, degli accordi e delle scale ti permette di avere una conoscenza che altrimenti da batterista non svilupperesti automaticamente. E nel momento in cui devi affrontare l’arrangiamento di un brano anziché solo pensare come accompagnare l’armonia ti influenza. Ti fa magari capire che strada prendere o piuttosto che tipo di atmosfera creare. Ai miei allievi lo faccio spesso questo discorso, consigliando loro di cercare di integrare sempre con lo studio di uno strumento armonico, anche solo la chitarra. Con l’armonia si capisce meglio dove si sta andando.
Come si fa arrivare da Bolzano a Kansas City? Mario Punzi è riuscito a suonare pure lì durante la sua carriera…
E’ una questione di darsi da fare, conoscere musicisti e naturalmente muoversi dalla propria città. Bisogna mettersi in gioco e provare magari cose che non ti saresti mai aspettato di fare in termine di generi musicali.
Quindi la premessa è che bisogna saper cogliere le occasioni che arrivano…
La scelta da parte mia ad un certo punto di lasciare Bolzano è stata quasi inconsapevole. A me piaceva l’idea di suonare con musicisti molto più bravi di me, tutto il resto è venuto poi di conseguenza. A quell’epoca i miei impegni in Alto Adige non erano così vincolanti e quindi per me non è stato così difficile andarmene. Certo: lasciavo gli amici e i gruppi con cui suonavo, ma non avevo altri legami così forti.
Dove ha imparato Mario Punzi a suonare così bene la batteria e quali sono i contesti dove ha mosso i primi passi musicali?
Ho cominciato con la batteria a 14 anni e quindi relativamente tardi, prendendo lezioni da un insegnante che mi ha dato le prime basi. Poi per un periodo di 4/5 anni mi sono dato da fare da solo, cercando di imitare le cose che sentivo nei dischi. La mia fortuna è stata quella di poter suonare fin da subito con diversi musicisti, prendendo parte a manifestazioni come ad esempio all’epoca all’Altrockio dove ho conosciuto Andrea Maffei e il mitico gruppo La Stanza. Gruppi che entrambi stavano cercando un batterista, in questo senso ho avuto molta fortuna. L’ingresso in questi gruppi per me è stato un trampolino di lancio molto importante, che mi ha catapultato in contesti musicali che da tempo erano abituati a lavorare sulla musica originale, arrangiamenti, testi e sonorità raffinate. Mi sono trovato a dover imparare molto in fretta quello che serviva. Mentre invece lo studio vero e proprio dello strumento è arrivato più tardi, dopo i 18 anni a Bologna. Ma la mia prima vera formazione musicale sono state in sostanza la sala prove e i concerti.
Il momento magico di Mario Punzi batterista attivo nel panorama nazionale è poi durato qualche anno. Riusciamo a descriverlo?
Il momenti più belli sono stati per assurdo quelli dell’allestimento. Cioè quando si stava tutti per 6/8 ore al giorno sotto il sole sul palco a provare e riprovare i pezzi, scegliendo gli arrangiamenti più interessanti per il live. Un po’ come essere un sala prove, ma in una situazione professionale su di un palco. E L’espereinza con Cristiano De Andrè in questo senso è stata davvero un qualcosa in più.
Com’è andata con la sua band?
Dal punto di vista musicale e artistico credo di aver raggiunto dei livelli che poi non ho più avuto la fortuna di toccare. Dal punto di vista della musica e dei musicisti la situazione era veramente magica.
Con Cristiano De Andrè Mario Punzi è stato anche sul palco del 1 maggio…
E’ stata una sensazione stupenda e Cristiano è stato anche molto carino a presentarci singolarmente. Ci siamo presi la nostra ovazione.
In youtube c’è ancora il video dove si vede un Mario Punzi che si alza in piedi e abbraccia idealmente 500mila persone.
E’ stata una sensazione veramente idilliaca. E dal punto di vista del concerto è davvero stato fantastico: lì l’organizzazione è super. C’è un palco girevole, ti preparano, in due secondi sei pronto e ci sono sei persone che ti aiutano a sistemare tutto.
Con Andrea Maffei Mario Punzi ha lavorato tantissimo sulla musica di Fabrizio De Andrè. Quant’è stato importante questo per arrivare a suonare con suo figlio? C’è una sorta di continuità?
Sì, con Andrea Maffei ho imparato a pensare la musica non solo dal punto di vista del batterista ma anche dal punto di vista dell’autore e cioè di chi quella canzone la deve cantare. La continuità è nell’approccio, direi. Quando ho suonato con Cristiano avevo già iniziato con Andrea il percorso sulle canzoni di Fabrizio. Ma Cristiano all’epoca non aveva nessuna intenzione di suonare canzoni di Fabrizio, era molto restio in questo senso. Però durante una prova ad un certo punto Cristiano ha preso il bouzuki e gli è uscita Creuza de ma. Quando è partito il ritornello io sono entrato perché conoscevo a memoria la canzone e sul mio minidisk ho schiacciato il tasto rec. E poi mi sono messo piangere perché è stato davvero un momento emozionantissimo.
Concludiamo l’intervista con il tema dell’insegnamento. Mario Punzi ha sempre portato avanti questa attività parallelamente a quella di batterista. Si tratta di un’attività che negli ultimi tempi ha anche stimolato un ulteriore passo importante in termini di formazione come il diploma in percussioni conseguito al Conservatorio di Bolzano.
L’insegnamento è un aspetto molto importante nella vita di qualsiasi musicista, credo, e sicuramente nella mia. Qualche volta può essere visto come un ripiego, perché non si riesce a vivere facendo solo i performer. Questo può essere magari il primo input ma poi le cose cambiano, perché le soddisfazioni che hai nell’insegnamento sono grandissime. Fin da subito ho avuto richieste da parte di ragazzi di prendere lezioni da me. Ho trasformato anche questa cosa in una professione e da questo punto di vista mi ha dato moltissimo l’esperienza che avevo fatto a suo tempo in una scuola statunitense. Il diploma di Conservatorio è stato la ciliegina sulla torta perché era un traguardo che inseguivo veramente da un sacco di tempo. Il mio primo tentativo risaliva a quando avevo 16/17 anni, quando avevo cercato di entrare in Conservatorio.
Ma oggi posso senz'altro dire che l’insegnamento è la parte più importante della mia vita di musicista.
Quale la ricetta di Mario Punzi per diventare un bravo batterista?
Il concetto è molto semplice. Ai miei allievi dico: non suonare per te ma per la musica. Dico ancora: tu sei una parte della musica e nemmeno quella più importante, per cui cerca di ascoltare e di capire quello che la musica ti chiede e fai solo quello. Umiltà ed essenzialità soprattutto, insomma.
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La foto di Mario Punzi è stata scattata da Franco Silvestri
[Questa intervista è stata realizzata nell’ambito del programma radiofonico La Musica Che Gira Intorno, prodotto da Rai Alto Adige ed andato in onda il 24 ottobre 2016. Il podcast della trasmissione è reperibile cliccando qui]