Economy | Bilancio 2023

Gli altoatesini vogliono delle risposte

Bilancio di fine anno e sguardo al futuro: il direttore dell’IPL Stefan Perini sui cantieri ancora aperti e le partite cruciali del 2024. Dal rebus Giunta provinciale al Patto di stabilità europeo.
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Riforme a livello europeo
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  • Negli ultimi scampoli del 2023, alla resa dei conti annuale si affiancano scommesse ancora in buona parte da giocare. Un’indicazione di rotta per il futuro – tra obiettivi prioritari locali, nazionali e internazionali – arriva da Stefan Perini, direttore dell’Istituto Promozione Lavoratori. 

    Salto.bz: Direttore, cominciamo con un bilancio del 2023: che anno è stato? Quali sono i maggiori eventi che lo hanno caratterizzato?

    Stefan Perini: I due conflitti militari Russia-Ucraina e Israele-Palestina e i focolai di potenziale conflitto nei Balcani occidentali hanno sfortunatamente segnato questo 2023, portando con sé problematiche legate alla sicurezza e alle migrazioni. Quest’ultimo fenomeno, come noto, colpisce in particolare proprio l’Italia, con l’UE che non riesce ancora a dare una risposta unitaria sul piano politico. Il problema riguarda soprattutto la redistribuzione dei profughi nei vari Paesi europei, una lacuna che alimenta spesso populismi e ideologie estremiste. Gli eventi di carattere geopolitico e militare che abbiamo citato hanno fatto passare in secondo piano altre tematiche di ampio respiro, come l’emergenza climatica e la transizione ecologica, portando a una battuta d’arresto in tal senso. Un segnale importante è tuttavia arrivato dalla Cop28 con l’accordo che sancisce la progressiva eliminazione dei combustibili fossili, un processo che comunque richiederà tempistiche lunghe. Nel 2023, inoltre, abbiamo registrato l’aumento di eventi meteorologici estremi quali siccità, alluvioni e smottamenti.

    Il 2023 è stato un anno duro anche per l’economia…

    L’anno è stato fortemente contrassegnato da una politica monetaria restrittiva da parte della BCE che, nel tentativo di fronteggiare l’inflazione, ha progressivamente aumentato i tassi di interesse. Parliamo di un incremento di quasi cinque punti percentuali nel giro di appena un anno e mezzo. D’altra parte, nell’ultimo periodo, l’inflazione su base mensile in Italia è tornata addirittura sotto il 2%. Se da un lato dunque l’inflazione è scesa, dall’altro resta il problema del rialzo dei tassi di interesse che tende a frenare gli investimenti e i consumi e rende i mutui sempre più costosi. Basti pensare che, in media, l’aumento per un mutuo a tasso variabile in Alto Adige è stato calcolato in 154 euro al mese. Non è difficile quindi comprendere le difficoltà di chi fatica ad arrivare a fine mese.

    Guardiamo ora al dato politico locale: l’SVP ha scelto di allearsi con le destre per governare. Quali risposte vi aspettate dalla futura Giunta provinciale sui temi più pressanti per gli altoatesini? 

    C’è intanto da augurarsi che la Giunta che verrà a costituirsi sia in grado di dare queste risposte. Diversi sondaggi pre-elettorali, tra cui uno condotto dall’IPL su un campione rappresentativo di lavoratori dipendenti, rilevano che uno dei temi centrali per gli altoatesini è il funzionamento del sistema sanitario, in particolare per quanto riguarda i lunghi tempi di attesa per le prestazioni e la carenza di medici e infermieri. Le persone si aspettano un buon servizio di base con i medici di famiglia, ospedali che funzionano, liste di attesa più snelle e un aumento dell’organico del personale sanitario. A preoccupare gli altoatesini sono poi il cambiamento climatico e la tutela del paesaggio. La sfida è quella della conversione del nostro sistema economico in senso ecologico, superando problemi quali l’"overtourism” (sovraffollamento turistico che porta disagi a residenti e turisti stessi, ndr), il traffico e l’eccessivo consumo del suolo. Considerata anche la costellazione delle lobby economiche locali, sarà difficile riuscire a tenere la rotta verso uno sviluppo sostenibile, ma la gente se lo aspetta.  L’inflazione e il carovita sono il terzo grande tema e vanno di pari passo con quello degli stipendi e del costo della casa. Sul fronte delle retribuzioni occorre riprendere la contrattazione territoriale, in quanto in Alto Adige abbiamo salari italiani ma prezzi svizzeri. Se, come l’IPL ha calcolato, in provincia il costo della vita è del 20% superiore rispetto alla media nazionale, allora anche gli stipendi dovrebbero essere quantomeno aumentati della medesima percentuale e non solo del 7-8% com’è attualmente. A dover favorire la contrattazione territoriale è la Giunta stessa.

    Cosa propone?

    Di riconoscere premi alle imprese e ai settori virtuosi che offrono condizioni di lavoro dignitose, avvantaggiando in sede di appalti, o nel caso di richiesta di contributi agli investimenti, chi accorda ai propri dipendenti contratti aziendali favorevoli e stipendi adeguati. 

    Sulle politiche abitative, come suggeriva, si potrebbe intervenire in modo più efficace…

    In questo ambito dobbiamo constatare che, in questi ultimi vent’anni, i decisori politici locali hanno evidentemente dormito. La società è sempre più mobile, con giovani che non vogliono impegnare tutta la vita per pagare un mutuo, con una fluttuazione sul mercato del lavoro sempre più frequente, ma anche con un cambio di stile di vita: oggi, per esempio, ci molte più separazioni e molti più single. La politica abitativa non risponde adeguatamente alle nuove esigenze della popolazione, quindi occorre una radicale politica della prima casa che soddisfi innanzitutto il bisogno abitativo primario, garantendo un tetto sopra la testa di ognuno. Le azioni della mano pubblica devono necessariamente andare a beneficio di chi vive e lavora in Alto Adige. 

    La politica abitativa non risponde adeguatamente alle nuove esigenze della popolazione, quindi occorre una radicale politica della prima casa che soddisfi innanzitutto il bisogno abitativo primario, garantendo un tetto sopra la testa di ognuno. 

    Allargando lo sguardo sullo scenario nazionale, quali sono le sfide ancora aperte? 

    In Italia ci sono molti “cantieri” ancora da chiudere. Sappiamo che il governo Meloni ha deciso di abolire il Reddito di cittadinanza, con i percettori che via via sono stati privati del sussidio. Non è chiaro però come verrà sostituito questo assegno e quindi quali prospettive si aprano per chi ha perso il Reddito. Non è stata ancora presentata, di fatto, un’alternativa, ma l’esecutivo dovrà dare una risposta alle fasce più deboli della popolazione. Inoltre, sul fronte della politica attiva del lavoro, al di là del Gol (garanzia occupabilità lavoratori, ovvero il programma finanziato dal Pnrr per migliorare l’inserimento lavorativo delle persone, ndr) non vedo grandi iniziative per riportare nel mercato del lavoro chi ha perso il proprio impiego o per inserirvi chi non ha mai lavorato. Si rischia quindi un aumento del tasso di disoccupazione e una riemersione del lavoro nero. C’è poi la questione del salario minimo legale. Dopo l’ok della Camera alla delega al governo per un provvedimento sull’equa retribuzione, che ha di fatto stoppato la proposta di legge sul salario minimo presentata dalle opposizioni, l’esecutivo di Meloni dovrà trovare una strada alternativa. Occorrerà spingere sulla contrattazione collettiva nazionale e sul debellamento dei “contratti pirata” (contratti collettivi sottoscritti da sindacati minoritari che prevedono condizioni inferiori rispetto a quelli siglati dai sindacati confederali, ndr). Vedremo quali riscontri in merito riuscirà a dare il governo.

    Altro punto nodale è la riforma fiscale…

    Sì, che in parte è già stata anticipata: già per i redditi del 2023 l’Irpef è stata modulata in tre aliquote da applicare su tre scaglioni di reddito (il primo e il secondo scaglione sono stati accorpati, ndr), un meccanismo che avvantaggia chi dichiara un basso reddito. Altra novità non strutturale è la conferma del taglio del cuneo fiscale per il 2024. Come noto, l’evasione fiscale è un grave problema in Italia e, finché la base imponibile sarà qualcosa di “arbitrario” e continuerà a essere nascosta al fisco, è inevitabile che tutta l’architettura del sistema fiscale vacilli. I nodi da sciogliere, comunque, non finiscono qui…

    Ovvero?

    Il governo deve trovare risposte anche riguardo il sistema pensionistico, il sistema sanitario e il pubblico impiego. In ambito previdenziale, in sostanza, le misure in essere saranno peggiorative: l’esecutivo intende aumentare l’età pensionabile, deludendo le aspettative di una maggiore flessibilità in uscita. Guardando al settore della salute, servono più risorse per poter garantire i livelli essenziali di assistenza, ma il governo affila le forbici e sulla Sanità probabilmente arriveranno nuovi tagli. Infine, sul fronte del pubblico impiego, da anni si attende il rinnovo del contratto che porti a un aumento dello stipendio utile a mantenere il potere d’acquisto delle famiglie. Non dimentichiamoci poi che nella pubblica amministrazione si registra la più elevata età media dei dipendenti e che quindi a breve ci saranno grandi ondate di pensionamenti: se non rendiamo attrattivo il settore, ci saranno delle difficoltà a gestire il turnover. 

    Sul piano europeo, invece, cosa si prevede per il 2024?

    Sarà interessante seguire il dibattito intorno alla riforma del Patto di stabilità europeo, accordo internazionale che prevede l’obbligo per gli Stati membri di mantenere il deficit pubblico annuale al di sotto del 3% del PIL. Questo vincolo di bilancio è stato sospeso a partire dal 2020 per affrontare le ricadute negative della pandemia, ma nel gennaio 2024 è prevista la fine di questa deroga e per i Paesi fortemente indebitati come l’Italia sarà molto complicato rientrare nelle regole originarie. Con l’aumento dei tassi di interesse il costo del collocamento del debito italiano è cresciuto, appesantendo di conseguenza i conti pubblici. Il governo dovrà trovare delle deroghe per escludere dal nuovo Patto gli investimenti strategici, come quelli volti alla conversione ecologica o a garantire i servizi di base in ambito educativo e sanitario, altrimenti per la tenuta dell’economia italiana sarà dura. A tal proposito, comunque, la presidente Meloni conta probabilmente su un asso nella manica: non firmerà il MES finché non avrà rassicurazioni sul Patto di stabilità o sulla politica migratoria riguardo al meccanismo di redistribuzione dei profughi in Europa. La premier, in ogni caso, dovrà trovare una quadra per risolvere tutti questi problemi nell’interesse dell’Italia.

    Per concludere, sarà stimolante capire gli effetti dell’intelligenza artificiale, o meglio del machine learning, su tutti i settori dell’economia e sulla nostra vita sociale, anche oltre il 2024. Ci sarà una spinta innovativa che deriva da queste tecnologie e l’Europa dovrà giocare un ruolo di primo piano riportando nel continente il know-how in termini di digitalizzazione, perché da questo punto di vista siamo rimasti indietro e dobbiamo riguadagnare terreno. Dunque, rimbocchiamoci le maniche!

  • Il tentativo di fronteggiare l’inflazione ha progressivamente aumentato i tassi di interesse Foto: Adobe Stock Images