Arts | Salto Weekend

Il fastidioso insetto

La mostra "Die Fliege is the fly in volo" fa vedere delle esperienze di reclusione di artisti del Myanmar. Inaugurata con due performance.
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Foto: imansalem/argekunst

Un ronzio indistinto e fastidioso, incessante, riempie la prima sala della galleria. 
Il rumore è diffuso da dei tubi sospesi, come quelli che si usano per le stufe, che pendono da una struttura ancorata al soffitto della sala. Dopo lo spaesamento iniziale, il ronzio è facilmente identificabile come il brusio amplificato provocato da mosche e zanzare. Il reel su uno schermo e l'effigie macroscopica di una mosca applicata sulla parete della vetrina che dà all'esterno, fugano eventuali dubbi residui.
Benvenuti alla mostra: ‘Die Fliege is the fly in volo’, allestita alla galleria Ar/Ge Kunst di Bolzano.
Le sensazioni sgradevoli che si associano a un insetto molesto, intensificate inizialmente dalla scultura sonora ‘Una zanzara che parla alla macchina’ dell’artista Amol K. Patil, hanno una spiegazione precisa nell’ambito della mostra curata da Zasha Colah e Francesca Verga
La mostra esplora la trasmissione artistica in situazioni di costrizione, sulla base delle esperienze di reclusione di artisti del Myanmar. 
Il paese del sudest asiatico con una storia travagliata di conflitti civili, è governato attualmente da una efferata dittatura dopo un ennesimo golpe militare nel 2021. 
 


‘The fly’ (la mosca) è anche il titolo di una performance realizzata clandestinamente dall’artista Htei Lin, che nelle prigioni del Myanmar ha trascorso una prima volta sei anni e mezzo dal 1998 al 2004, e ha subito nuovamente insieme alla moglie Vicky Bowman una recente reclusione di tre mesi nel 2022. Fortunatamente è stato rilasciato nel novembre scorso, così ha potuto presenziare all’inaugurazione della mostra a Bolzano, e abbracciare gli amici artisti intervenuti, testimoniando di persona la sua esperienza.
Il fastidioso insetto è legato a una particolare punizione, insieme alle altre torture sperimentate nelle carceri, in cui i prigionieri erano costretti dai loro aguzzini a catturare con le nude mani giornalmente un numero preciso di mosche e moscerini. 
Ma è anche diventato un simbolo di resilienza artistica collettiva alla brutalità e ingiustizia. Altri artisti hanno dato un valore simbolico alla performance The fly di Htei Lin e hanno continuato a riprodurla, quasi a raccogliere il testimone di Htei Lin. 
A Bolzano è stato l’artista Moe Satt a proporne una versione dal vivo, oltre a quelle documentate in video. In un’altra performance e video all’interno dell'inaugurazione della mostra, l’artista Nge Lai ha elaborato la sua esperienza dell’esilio, mostrando ancora il valore della creazione e condivisione di storie per contrastare una situazione di non libertà. 
 


Il linguaggio artistico di Htei Lin, che è riuscito a contrabbandare fuori dal carcere e poi dal paese le sue tele,  realizzate in prigione usando mezzi e colori di fortuna sulla stoffa della divisa di carcerato, beffa il regime mostrandone l’aspetto grottesco e kafkiano. Come nel suo racconto ‘The special court’, ispirato al processo farsa che ha subito, ripubblicato ora in un libricino da Ar/Ge Kunst. 
La mostra raccoglie nella seconda sala una selezione delle opere di Htei Lin compreso uno dei primi lavori, una tela del 1999 intitolata The race
Fanno parte dell’esposizione anche una serie di ritratti di prigioniere politiche, le ‘Guerriere della primavera di Myanmar’ realizzate dall’artista Yadanar Vin nel formato delle spille usate solitamente nelle campagne elettorali.
Nata considerando l’assenza di chi è rinchiuso in carcere, Die Fliege is the fly in volo mostra l’importanza della narrazione, la resistenza attraverso l’espressione artistica e la forza dell’azione artistica capace di uscire dalle mura del carcere, di replicarsi e moltiplicarsi, quasi come un nugolo di insetti, che diventano ora molesti al regime. Ribaltando la posizione di debolezza di chi è ed è stato incarcerato e vittima di scellerate vessazioni.
La mostra è la prima ideata per Ar/Ge Kunst dalle sue due nuove curatrici in carica dal gennaio 2023. 
In questo allestimento Zasha Colah e Francesca Verga mostrano la loro comune concezione di un’esibizione come un’attività artistica collaborativa, promuovendo il dialogo artistico e sociale. Entrambe vantano esperienze internazionali di rilievo e si interessano a forme di produzione culturale collettiva. In particolare, come accade in questa mostra, indagano sulle modalità con cui un atto creativo di immaginazione individuale diventi collettivo in un contesto condiviso.