Bolzano: zone produttive senza pianificazione?
“Zona produttiva Bolzano Sud: negli ultimi tempi succedono cose difficili da comprendere anche per gli addetti ai lavori, come se ci fosse una regia la cui logica sfugge ai comuni mortali, o come se non ci fosse – forse – alcuna regia”
La denuncia di CNA-SHV, per bocca dell’architetto Giovanni Sarti, è forte e circostanziata. Ad essere messe a confronto, in particolare, sono le situazioni speculari di due differenti aree dell’ex zona industriale ed ora zona produttiva di Bolzano.
La prima è il versante sud di via Einstein, zona nata per volontà di imprenditori privati. In quella porzione di città, strappata al verde agricolo, gli imprenditori in questione hanno ottenuto la piena disponibilità della Provincia ad adeguare il piano urbanistico, per realizzarne viabilità e le infrastrutture. Solo che poi - complice la crisi – gran parte dell'area è rimasta inedificata.
Situazione opposta, denuncia CNA, nella zona ex Iveco nata su iniziativa pubblica ma edificata - per mancanza di fondi - senza che si riesca a realizzare al strada principale di accesso agli insediamenti. Non solo: nella zona staziona ancora l'amianto emerso durante la demolizione della pista di prova dell'Iveco. Il paradosso: “il Comune ha da tempo assegnato il nome alla strada inesistente: via Max Planck, compresi gli indirizzi ed i numeri civici delle ditte”.
Dulcis in fundo La denuncia di CNA-SHV si conclude con una stoccata ai concorrenti di LVH-APA.
“Oltre alle vicende difficili da comprendere ci sono poi anche quelle difficili da accettare (in quanto indigeste): infatti qualcuno, dopo aver chiesto ed ottenuto in via Einstein un lotto sul fronte strada in quanto più appetibile, pur sapendo che il piano di attuazione impone di edificare fino a 24 metri di altezza lungo lo stesso fronte strada, chiede ora di modificare il piano riducendo tale altezza, e naturalmente mantenendo il lotto nella posizione scelta. Si sa, c'è la crisi e tutto può cambiare.”
L’appello finale di CNA rivolto agli enti preposti è di “discutere le scelte (strategiche?) con chi vive ed opera tutti i giorni nelle zone produttive”.
Ai tempi di Benedikter
Ai tempi di Benedikter esisteva un piano provinciale di sviluppo delle zone produttive, impostato secondo poli economici sul territorio e loro possibilità di collegamento alla rete stradale. Con l'avvento di Durnwalder il concetto di pianificazione è stato completamente abbandonato e le zone sono state collocate sul territorio senza criterio, semplicemente sulla base della disponibilità occasionale delle aree. Da una gestione centralizzata si è poi provato a passare ad una gestione concordata con i privati, che non ha sortito alcun successo, proprio per la sua natura ibrida. Si è constatato che la gestione iniziale, seppure imposta dalla Provincia, era più funzionale ed efficace, e che il suo affidamento ai privati trovava ostacolo nel diffuso particolarismo delle aziende ed nella loro scarsa propensione alla collaborazione. La frittata è stata completa con il trasferimento della competenza alla BLS, che ha paralizzato il settore, per mancanza di un minimo di organizzazione sul piano tecnico. Nello specifico della Zona "Via Einstein Sud" si è pagata pesantemente quella componente di privatizzazione nella gestione delle aree voluta da più parti, ma senza la consapevolezza delle controindicazioni ed implicazioni pratiche, anche di natura culturale rispetto al principio dell'interesse comune (poco diffuso). Nella zona "Ex Iveco", diversamente da quanto affermato dall'Arch. Sarti, il problema principale è stato il trasferimento della pista prove dell'IVECO, che è avvenuto solo di recente, bloccando gli insediamenti delle aziende assegnatarie su 4 ha dell'area. Le leggi urbanistiche che si sono succedute nel tempo, non hanno fatto altro che complicare e burocratizzare la materia. Essendo stato per oltre 30 anni il braccio operativo della Provincia nella realizzazione delle infrastrutture delle zone produttive, sulla base della mia esperienza, posso concludere che la pianificazione è venuta progressivamente meno, ma che una grande responsabilità di questa involuzione è da addebitarsi alle aziende che ora si lamentano, in quanto a loro si devono le forti pressioni sull'ente pubblico per la privatizzazione disastrosa della materia.