Renner: “La crisi aiuta a cambiare”
“Achtsamer Umgang mit der Erde” ovvero usare della terra in modo rispettoso. Facendo attenzione. Chiedendosi: che cosa stiamo facendo? È l’argomento di una conferenza tenuta ad Egna, in una affollata sala della parrocchia, dal noto teologo Paolo Renner. Il pretesto è stato offerto dai festeggiamenti per il ventennale di TriadeBio, azienda specializzata in prodotti bio con punti vendita a Bolzano, Egna e Caldaro.
Don Renner, decano dello Studio Teologico Accademico di Bressanone, dirige l’Istituto De Pace Fidei che, per statuto, “si dedica ai temi della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato in chiave ecumenica ed interreligiosa” e recentemente ha prodotto un documentario il cui titolo, L’uomo, custode del creato, dice già tutto.
“L’incontro di Egna – racconta don Renner – è stato molto partecipato. Si vede un interesse crescente da parte delle persone che sempre più si pongono domande su questi temi”.
Il rapporto Stern sui cambiamenti climatici, citato dal teologo, ha ipotizzato che per ogni grado di aumento della temperatura globale dobbiamo aspettarci 150 milioni di “profughi ambientali”. “Fenomeni naturali sempre più grandiosi ci inquietano e, anche se alcuni lo negano, è altamente probabile che la responsabilità sia umana. Mutamento climatico, un rapporto squilibrato con la terra, un uso indiscriminato delle risorse, tutto ciò ci porta a dire che è urgente cambiare stile di vita”. Renner cita l’enciclica Caritas in Veritate, che invita a cambiare mentalità e “ad adottare nuovi stili di vita”, illustra l’esperienza della Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita, parla di best practices e dell’ecologia interiore “che deve essere in sintonia con l’ecologia interiore”. Ovvero: “Come l’uomo tratta se stesso tratta anche il creato e viceversa”.
Don Renner, l’ecologia interpella la teologia?
Certo. A Egna ho ribadito che per i cristiani l’ambiente non è soltanto “natura” ma anche “creazione”. Quindi abbiamo una doppia responsabilità verso qualcosa che ci è affidato ma non è di nostra proprietà. Ho insistito molto sulle cosiddette “nuove virtù”, come la sostenibilità, la sobrietà, il consumare meno e meglio. E ho parlato dell’importanza di lasciare ai nostri discendenti un mondo vivibile, nel senso di una solidarietà tra le generazioni.
Si organizzano giornate contro la violenza e per i diritti umani. Si rivendica equità nell’economia e rispetto per l’ambiente. Ma tutto questo non presuppone una solida opzione etica, il senso di un bene oggettivo che fa a pugni col soggettivismo liquido e l’individualismo imperante?
Sì, fa a pugni col consumismo, col capitalismo e con la loro logica. Ma è una logica che sta entrando in crisi. Del resto, anche se uno non volesse fare una riflessione di tipo etico, dovrebbe almeno ragionare in senso opportunistico. Cioè non conviene rovinare l’ambiente, vivere male e far vivere male chi verrà dopo di noi (che per questo ci maledirà).
Ma anche questo presuppone se non altro un senso di responsabilità verso le prossime generazioni. È scontato? La cosa è in contrasto con l’individualismo miope, che mette al primo posto il proprio (presunto) benessere personale, come vogliono le ideologie imperanti, quelle sponsorizzate dalla società dei consumi...
Certo, un lucido senso di responsabilità deve esserci… Non basta essere consapevoli delle conseguenze delle nostre azioni e delle nostre scelte sulla natura. Bisogna anche avvertirne la piena responsabilità.