Per il guadagno di pochi

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Bolzano, 9 gennaio 2015
Alla base di tutta la discussione che noi svogliamo in termini urbanistici, architettonici, viabilistici ecc, non scordiamocelo mai, sta un’operazione commerciale. Qualcuno voleva investire a Bolzano e se ne sono poste le basi ad hoc. Lo ricordano bene tutti quelli che erano coinvolti nella scrittura della legge provinciale 167/2013 del luglio 2013. Cito dalla relazione del mio collega Riccardo Dello Sbarba che ne fu il più impegnato oppositore :
“LA PRECEDENTE NORMATIVA. La norma sui “Piani di Riqualificazione Urbanistica” fu introdotta nella Legge Urbanistica Provinciale nel luglio 2007 (…). La proposta venne elaborata soprattutto dal Comune di Bolzano e dall’allora assessore comunale Silvano Bassetti. Quella norma rendeva possibili piani di riqualificazione urbanistica con la partecipazione anche di soggetti privati (…).
La norma doveva in sostanza dare il via alla grande operazione di riqualificazione dell’Areale Ferroviario di Bolzano (e anche di quello di Merano), un progetto fondamentale su cui la città capoluogo aveva deciso di scommettere il proprio futuro (…).
La caratteristica fondamentale della norma approvata nel 2007 era che la regia dell’intera operazione era in mano all’ente pubblico, cioè al Comune. Il percorso previsto, infatti, cominciava con l’individuazione nel PUC delle aree interessate alla riqualificazione, attraverso una variante decisa dal Consiglio comunale nel rispetto delle procedure democratiche previste (prima lettura in Consiglio, partecipazione e osservazioni dei cittadini, approvazione in seconda lettura). Una volta individuata l’area, si trattava poi di elaborare un piano di attuazione, che veniva definito Piano di Riqualificazione Urbanistica e che poteva essere proposto anche dai privati (…). Questa norma è rimasta in vigore fino al luglio 2013, quando è stata completamente riscritta (e ribaltata) dalla “Piccola Riforma Urbanistica”.
LA LEX BENKO ha avuto un iter particolarmente tormentato. Non esisteva nel testo originario della “Piccola riforma urbanistica” (LP 167/2013). Una sua prima versione fu introdotta in Commissione Legislativa da un emendamento portato dall’assessore competente che prevedeva due nuovi articoli, il 55 bis riscritto e il nuovo 55 ter, che introducevano le „zone di riqualificazione urbana d’iniziativa privata“. La novità stava proprio in queste parole: “D’iniziativa privata”.
La procedura vigente veniva rovesciata: non era più l'ente pubblico che – in base all’interesse collettivo – individuava (…) le aree da riqualificare, ma era il privato che – dopo aver acquistato in anticipo le parti di città che gli interessano - metteva sotto pressione il Comune affinché tali aree venissero dichiarate „da riqualificare“ e venissero sottoposte a una procedura accelerata che non prevedeva più la partecipazione dei cittadini e delle cittadine (neppure dei confinanti con le loro osservazioni). Il Consiglio comunale veniva coinvolto alla fine, a giochi fatti.
Dopo un aspro dibattito in Commissione, nell’opinione pubblica, tra i cittadini e le cittadine e tra moltissimi esperti di urbanistica, in aula fu presentata una proposta „di compromesso“, che tuttavia di compromesso non era per nulla.
Infatti, la nuova versione si limitava a introdurre un doppio binario:
- da un lato, con i nuovi articoli 55 bis, ter e quater, ripristinava una normativa simile a quella precedente, che partiva dall’inserimento di zone di riqualificazione urbana nel Piano Urbanistico Comunale sotto la regia del Comune.
- Accanto a questo però, col nuovo articolo 55 quinquies, si manteneva anche la possibilità delle „zone di riqualificazione urbanistica d’iniziativa privata“ che esautorano l'ente pubblico, che escludono la partecipazione di cittadini e cittadine e che riducono la pianificazione urbana ad un accordo preventivo tra un sindaco e un privato, attraverso la sottoscrizione di un “accordo di programma sottoscritto contestualmente dai legali rappresentanti delle stesse amministrazioni interessate e dall'eventuale proponente”. Tale “accordo di programma” solo nell’ultimo atto deve essere ratificato dal Consiglio comunale, che in questo modo viene coinvolto a cose già fatte e posto di fronte alla scelta secca tra prendere o lasciare – e se lascia, esprime, di fatto, un atto di grave sfiducia verso il sindaco, con tutte le possibili conseguenze.
Non era difficile prevedere che proprio questo era il binario che avrebbe poi seguito il progetto Benko per un nuovo Kaufhaus nel cuore di Bolzano, improvvisamente diventato “area da riqualificare” (non certo perché dismessa, come lo era l’Areale Ferroviario che stava all’origine della norma del 2007).
Questo testo è parte della relazione del mio collega alla nostra proposta di legge, depositata in Consiglio Provinciale nel dicembre 2013 e che propone di eliminare l’articolo 55 quinqiues dalla Legge Urbanistica Provinciale per evitare ulteriori situazioni analoghe a Bolzano o in altri Comuni della nostra provincia. Ho voluto leggere per lasciare memoria degli albori di questo progetto e dell’operazione politica che è stata effettuata per permetterne il percorso.
Facciamo ora qualche valutazione del progetto, come lo vediamo oggi qui presentato.
Di positivo possiamo rilevare anzitutto gli interventi di miglioramento del progetto originale, dettati dal Comune di Bolzano anche in base alle critiche che abbiamo espresso negli ultimi mesi come raggruppamento politico.
Quindi il ridimensionamento del progetto arrivando a misure molto più sopportabili per la città, per il suo centro, per la sua presenza commerciale.
Poi la riduzione dei posti auto che era sempre nostra preoccupazione e che ora si muove in un ordine di cifra più accettabile – fermo restando il fatto che creando parcheggio si crea traffico (v. l’esperto del traffico Knoflacher, che dice che il parcheggio è la madre del traffico) mentre proprio questo Kaufhaus dovrebbe invece da subito esprimere il suo più grande pregio nel fatto che si colloca vicino alla stazione del treno e quindi è facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici.
Terzo e ultimo punto di miglioramento è il mantenimento del parco della stazione, un “Anliegen” emerso subito alla prima presentazione del primo progetto e trasversalmente espresso e alla fine anche accolto.
Vuol dire che nella procedura quel minimo di meccanismo di sicurezza è stato usato fino in fondo e questo senza tutte quelle voci di protesta, di preoccupazione, anche di rifiuto, non sarebbe certo successo.
Ma troppi punti restano di dubbio, ne voglio citare solo alcuni:
- Primo dubbio: La stazione delle autocorriere
Mentre dalla risposta della Giunta Provinciale dell’11 luglio 2014 a una mia interrogazione risulta che la provincia (attraverso la STA) ha un contratto di concessione valido fino al 2021 per l’areale attuale e che quindi non vede nessuna necessità di una nuova stazione delle autocorriere, men che meno di una provvisoria, da una seconda interrogazione emerge che ora è di interesse pubblico valutare la costruzione di una stazione provvisoria (come se stessimo parlando di un baracchino dei würstel!), ovviamente da pagare con i soldi dei contribuenti.
Costi e tempi non ancora quantificati (risposta del 05.12.14).
Ora si può certo dire che la stazione delle autocorriere attuale non è un esempio di bellezza, ma da questo dedurre la necessità di costruire una “provvisoria” stazione con i soldi pubblici, lo si può trovare perlomeno ardito.
- Secondo dubbio: L’areale ferroviario
Il rischio che da questa operazione si crea per la realizzazione del vero progetto di rinnovamento urbanistico che era previsto per Bolzano, il progetto dell’Areale ferroviario (per il quale la provincia – solo la provincia – ha speso finora ca 2 milioni di Euro) è immenso.
Proprio il primo lotto di questo grande e qualificante intervento sarebbe stato finanziato attraverso la superficie commerciale nella nuova stazione ferroviaria.
Sarà anche, come dice la Giunta provinciale, solo il 6 % del volume intero di investimento per l’areale, ma serviva proprio nella fase di partenza e i dubbi sul fatto che l’areale possa realizzarsi (e poi anche mantenersi!) senza il segmento commerciale si fanno sempre più seri. Terzo dubbio: Il futuro della città
Il dubbio più generale, pratico e filosofico allo stesso tempo, è cosa fa un progetto cosi grande di una città.
Intanto le cambia indelebilmente la faccia, e questo senza che noi avessimo deciso di averne bisogno, ma in quanto è venuto uno e ci ha convinti che abbiamo bisogno di questo progetto.
Ho studiato bene e ho anche ammirato con un certo brivido, con che abilità e determinazione il signor Benko ha creato il bisogno di questo progetto.
Mentre prima non avevo mai sentito nessuno dire che viale stazione è un posto degradato, Benko in una sua presentazione ha detto che viale stazione è un “deserto di asfalto” e la gente gli ha applaudito! (dietro a me qualcuno correggeva: “semmai porfido!”).
Non avevo mai sentito dire a nessuno che in centro città non bastano i negozi o che a Bolzano mancano Prada o Gucci.
Invece ora si è convinti che senza migliaia di metri quadri di nuovi negozi la città non abbia un futuro.Avevo sentito, quello sì, spesso un malcontento verso il parco della stazione (e anche verso i suoi frequentatori) o anche verso via Garibaldi. Certo di loro non c’è traccia nei patinati depliant del Signor Benko. Non si vedono i barboni nei rendering, né i macellai Halal nelle brochure.
Ma non per questo sparirà questa parte di città, che per qualcuno è una ricchezza e per altri una macchia di vergogna.
I senzatetto non frequenteranno la Mall del signor Benko, ma si trasferiranno in altre zone della città che hanno già tutti i loro problemi, e lo stesso succederà con qualche commerciante o abitante di via Garibaldi.Quello che voglio dire che abbiamo assistito a una costruzione di consapevolezza collettiva guidata e pilotata e mi pare che questo nel dibattito pubblico e politico non sia stato esaustivamente analizzato.
Per questo voglio sottolineare come qui si sia, riassumendo, proceduti in questi passaggi:
- C’è stato un interesse commerciale di un uomo d’affari.
- Si sono creati i presupposti di legge ad hoc per soddisfare questo interesse.
- Si è creato il bisogno di una trasformazione di questa parte di città e si è fatto un’intensa operazione di marketing per cementarlo.
- Si sono presentate delle soluzioni finte alle problematiche della città e del suo centro semplicemente escludendo questi problemi dalle immagini presentate.
- I problemi saranno quindi solo spostati altrove e quartieri già ora più penalizzati rispetto al centro dovranno risolverli.
- Nel centro invece sorgerà un nuovo complesso per persone privilegiate.
Tutto questo con un notevole impegno di finanze pubbliche e lasciando in eredità alla comunità provinciale una legge che porterà chiunque, potendoselo permettere, voglia farsi la sua parte di città a dettare la strada agli amministratori.
Se quindi alla fine ci poniamo la domanda, d’obbligo per noi politici, Cui bono?, A chi serve? sarebbe bello e giusto rispondere dicendo: A tutti noi. Ma per poterlo dire non sappiamo troppe cose.
Non sappiamo come si evolve la città con questo nuovo centro.
Non sappiamo cosa fa questo centro commerciale che non si può nemmeno chiamare col suo nome del vecchio centro commerciale di Bolzano, dei suoi portici e delle sue strade.
Non sappiamo come si trasformerà il commercio nei quartieri e nei negozi dei paesi nei dintorni.
Non sappiamo se Bolzano avrà mai una stazione dei treni degna di una città mitteleuropea.
Non sappiamo se migliorerà la qualità della vita di Bolzano, se migliorerà la qualità dell’aria che respiriamo. Forse alcuni punti saranno più belli e sono quelli che vediamo sui giornalini della Zukunft Bozen. Ma guardando solo quelli e non tutta la città nel suo complesso, sembriamo un po’quei bambini che si mettono la mano davanti agli occhi giocando a nascondino.
Io però vorrei una politica più adulta e sostenibile e degli strumenti per fare una politica più adulta e sostenibile.
Una volta, in un’altra occasione, il nostro sindaco mi disse: Foppa, politica vuol dire cogliere la palla al balzo.
Ecco, io non sono d’accordo. Io credo che politica sia fare una buona pianificazione, delle buone scelte, insieme a chi ci ha votato e per il bene di chi ci ha votato. In questo mi sento di dover lasciare notizia, in questo consesso, del mio dissenso verso questo progetto e, soprattutto e con ancora più decisione e passione, verso questa legge che non ci dà in mano gli strumenti per pianificare il nostro spazio collettivo, ma anzi questo spazio lo riduce
Questo non è per il bene di tutti e di tutte, ma per il guadagno di pochi.
Brigitte Foppa, 9 gennaio 2015