“I Cpr devono essere aboliti”

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Da febbraio di quest’anno, l'europarlamentare Ilaria Salis sta portando avanti un’attività ispettiva nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) italiani, verificando puntualmente lo stato delle strutture e le condizioni di vita delle persone trattenute. Dopo Brindisi, Macomer, Milano e Trapani, lunedì Salis è entrata nel centro di Corso Brunelleschi a Torino dove – racconta – “abbiamo avuto l’ennesima conferma che questi luoghi sono strutturalmente disumani e incompatibili con il rispetto dei diritti fondamentali”.
SALTO: Può fornirci una panoramica circa l’architettura dei Cpr?
Ilaria Salis: Tendenzialmente le strutture sono collocate in luoghi isolati, fuori dal tessuto urbano. Il Cpr di Brindisi, per esempio, non è raggiungibile nemmeno utilizzando Google Maps. Quello di Macomer, invece, era un carcere di alta sicurezza, poi dichiarato inagibile ma a quanto pare ancora utilizzabile come struttura per la detenzione amministrativa. L’aspetto architettonicamente più impressionante all’interno dei centri sono senza dubbio le gabbie utilizzate per delimitare i settori. È il caso, per esempio, di Torino e Trapani.
In quali condizioni versano i centri che ha ispezionato?
In generale, in questi luoghi la sofferenza psichica è intollerabile e le condizioni igienico-sanitarie raccapriccianti: i bagni sono spesso luridi e le lenzuola fornite sono in materiale sintetico teoricamente monouso, ma di fatto vengono utilizzate per settimane e mesi. Il cibo, inoltre, è di qualità scadente e viene fornito in quantità insufficiente alle persone recluse. Capita poi che gli alimenti distribuiti siano scaduti da tempo e che le date di scadenza sulle confezioni siano modificate a penna dai collaboratori dell’ente gestore. All’interno dei blocchi poi la circolazione dell’aria è molto scarsa e ci sono problematiche gravi riguardo l’igiene dei bagni. A Torino abbiamo rilevato che all’interno di un blocco non c’è acqua calda. Capita spesso che i soffioni o i filtri delle docce siano intasati e quindi per lavarsi le persone trattenute hanno a disposizione un rivolo d’acqua. Va inoltre sottolineato che entrando nei centri si respira immediatamente il terrore delle persone di essere deportate o, soprattutto nel Cpr di Brindisi, di essere trasferite a Gjadër, in Albania.
“Entrando nei centri si respira il terrore delle persone di essere deportate”
Cosa è emerso dai colloqui con le persone trattenute?
La popolazione reclusa è costituita in parte da persone che sono in Italia da poco tempo e che sono state trattenute nel momento in cui si sono presentate in questura per regolarizzare la loro posizione, per esempio per rinnovare il proprio permesso di soggiorno o per formalizzare la richiesta di protezione internazionale. Al contempo, ci sono anche persone che vivono in Italia da decenni, ma che dopo aver perso il lavoro si sono ritrovate senza documenti. Quello che è emerso dagli incontri che ho avuto, quindi, è che all’interno dei Cpr le persone vengono private della libertà sulla base della loro condizione amministrativa e non a causa di presunti reati commessi, come veicolato dalla propaganda a favore di questi luoghi.
Ci sono testimonianze che l’hanno particolarmente colpita?
Le storie condivise dalle persone trattenute sono molto tristi. A Torino mi ha colpito molto il racconto di un signore di quasi settant’anni, arrivato in Italia nel 1981, che qui aveva sempre lavorato. Quindi, una persona vicina alla pensione, che risiede da più di quarant’anni in Italia – dove tra l’altro ha figli e nipoti – e che ha un ricordo vago del suo Paese di origine, si trova in un Cpr: è qualcosa di completamente insensato, che rivela il carattere aberrante della detenzione amministrativa. Questo esempio, inoltre, a mio avviso evidenzia come la normativa attuale in materia di permessi di soggiorno, la legge “Bossi-Fini”, debba essere rivista e superata in modo radicale.
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Come reagisce l’ente gestore all’arrivo di un’ispezione senza preavviso?
Nonostante gli enti gestori abbiano l’obbligo di far entrare i deputati per un’ispezione “a sorpresa” (v. infobox), l’attesa per accedere a un Cpr può essere molto lunga. Personalmente mi è capitato di dover aspettare anche ore prima di poter varcare la soglia di una struttura. A Brindisi, per esempio, ho atteso due ore prima di poter entrare nei settori dove le persone sono recluse e rilevarne le condizioni. A Torino, invece, era evidente che mentre noi aspettavamo all’esterno, un settore era stato pulito di fresco. Ce lo hanno poi confermato anche le persone trattenute con cui abbiamo parlato. In ogni caso – a volte superando alcune resistenze da parte dell’ente gestore – abbiamo puntualmente consultato il registro degli eventi critici: un bollettino di guerra di atti autolesionistici e tentativi di suicidio, che racconta in maniera cruda la sofferenza all’interno di questi luoghi e il loro grado di invivibilità.
Negli ultimi mesi ha effettuato anche ispezioni presso alcune carceri italiane. Quali sono le principali differenze che ha riscontrato con i Cpr?
Rispetto alle carceri, che versano in una situazione drammatica e sono anch’esse luoghi disumani, le persone trattenute in un Cpr vivono in un limbo di assoluta incertezza: nella maggior parte dei casi non hanno avuto accesso a un’informativa legale, né hanno contezza di quanto durerà il loro trattenimento (che può arrivare fino a 18 mesi) e di quale sarà il loro destino. Inoltre, a differenza delle carceri, nei Cpr le persone sono condannate a non fare niente tutto il giorno, dato che non viene svolta alcuna attività formativa o ricreativa.
“Il registro degli eventi critici racconta la sofferenza che si vive all’interno di questi luoghi.”
A maggio, insieme ad alcuni colleghi e colleghe, ha presentato un’interrogazione alla Commissione europea riguardo la “necessità di misure urgenti per la chiusura immediata del centro di detenzione per migranti di Trapani”. Quali punti critici avete evidenziato in particolare?
A Trapani siamo state testimoni di una situazione aberrante. Nei cortili antistanti le stanze vi erano ancora appese le corde con cui le persone avevano tentato il suicidio. Abbiamo riscontrato poi la presenza di persone ritenute idonee al trattenimento, la cui cartella clinica però diceva l’esatto contrario, ovvero che per le patologie che presentavano non sarebbero mai dovute entrare in un Cpr. Nell’interpellanza abbiamo richiesto alla Commissione di operare una valutazione circa le violazioni dei diritti umani individuate all’interno dei Cpr italiani, se intende prendere in considerazione l’avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per violazioni dei diritti fondamentali e, infine, in che modo intende garantire il rispetto dei diritti dei detenuti alla salute, all’assistenza legale, alla vita familiare e a condizioni di vita dignitose. A oggi non abbiamo ancora ricevuto risposta.
A Bolzano l’amministrazione provinciale e quella cittadina puntano da tempo a istituire un Cpr. Cosa si sente di consigliare alle istituzioni sudtirolesi?
Ritengo che nuovi Centri di permanenza per il rimpatrio non devono essere realizzati né a Bolzano, né altrove e quelli esistenti vanno chiusi. La detenzione amministrativa contrasta qualunque valore democratico e va abolita. Le persone devono poter migrare su basi paritarie e di uguaglianza: per noi ci sono le persone, che devono godere degli stessi diritti. Sono convinta che questa sia la direzione nella quale continuare a lavorare, anche se l’orizzonte attuale delle istituzioni europee è molto distante da questa visione.
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Le ispezioni nei Cpr
Secondo quanto previsto dall’articolo 67 della legge 354/1975, possono accedere agli istituti penitenziari e ai Cpr con o senza autorizzazione: il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Corte costituzionale, i ministri, i giudici della Corte costituzionale, i sottosegretari, i membri del parlamento, i componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, gli europarlamentari, i magistrati territorialmente competenti, i consiglieri regionali, il prefetto ed il questore e i garanti dei diritti delle persone detenute. Negli anni diverse delegazioni con personale specializzato hanno ispezionato le condizioni dei diversi Centri al fine di effettuare le dovute segnalazioni e le denunce del caso. Una circolare del ministero dell’interno del 18 aprile 2025, però, intende limitare l’accesso alle ispezioni, impedendo l’accesso al personale specializzato (attivisti, medici…) che solitamente accompagna la delegazione consiliare o parlamentare, limitando il potere ispettivo ai soli Garanti e prevedendo la possibilità di parlare con le persone trattenute unicamente previa autorizzazione del Responsabile del servizio di vigilanza del centro.
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