Politik | L'intervista

Thomas Widmann e l'ottimismo della volontà

Il vicepresidente del Consiglio provinciale traccia un bilancio della prima fase dei lavori della Convenzione preposta alla riforma dell'automomia.

Thomas Widmann parla della Convenzione, fotografandone il passaggio alla fase operativa, come parlerebbe uno che ha cambiato abito, quasi pelle. L'uomo del fare, l'assessore sfumato che si è dovuto reinventare l'immagine in due anni di presidenza del Consiglio provinciale, ci tiene a far sapere che in questo ruolo più istituzionale il suo compito non è quello di esprimere opinioni, bensì illustrare il funzionamento di una macchina oleata. Tutto a favore di una “partecipazione” (termine ripetuto spesso) che, sebbene non priva di difetti, per questo va considerata come orizzonte ancora da esplorare. L'efficienza, insomma, stavolta non discende dall'inclinazione spontanea, ma è focalizzata dalla lente molata dell'ottimismo della volontà: “Quando accetto un lavoro cerco di portarlo a compimento nel miglior modo possibile”.

Superare il problema iniziale: la mancata partecipazione degli italiani

Non nego che nella fase iniziale ci siano stati alcuni problemi. Anche se la partecipazione è stata nel complesso più che soddisfacente, agli open space si sono iscritti circa 2000 cittadini, abbiamo notato il peso forse eccessivo di alcune organizzazioni a discapito di altre. In futuro dovremmo perciò correggere il tiro, ampliando il raggio della rappresentatività anche a chi, per varie ragioni, non ha ancora deciso di venire allo scoperto”. L'allusione è chiara. Se da un lato le organizzazioni patriottiche (in primis gli Schützen) hanno cercato di condizionare le tematiche dei vari gruppi di lavoro, dall'altro si è registrato il blando contributo degli italiani, e il nuovo presidente del Consiglio regionale afferma che ciò corrisponde ad un problema specifico, del quale esiste peraltro piena consapevolezza. I motivi di questa disarmonia, per così dire, si originano da due difetti strutturali. “Chi aveva il compito di sollecitare una maggiore partecipazione ha diffuso senz'altro una dose eccessiva di scetticismo; bisogna ricordare però che la società italiana è costitutivamente frammentata, lo vediamo anche per quanto riguarda il paesaggio dei partiti, quindi era chiaro che in confronto alla più efficiente organizzazione e compattezza del gruppo linguistico tedesco uscisse penalizzata”.

Ciononostante, Widmann ritiene che il lavoro della commissione dei 33 non verrà pregiudicato dalle incertezze iniziali, neppure per quanto riguarda la percezione (anch'essa mossa da parte italiana) che il criterio della rappresentatività sia stato danneggiato dalla presenza di una donna tunisina: “Si è gridato allo scandalo ma io non ne vedo il motivo. Le cittadine e i cittadini di origine straniera fanno ormai parte della nostra società, si tratta di una tendenza che diventerà sempre più forte, quindi è normale che essi siano presenti anche all'interno della Convenzione. Ciò mi riporta a tratteggiare il compito che mi sono prefisso, ossia quello di favorire una partecipazione quanto più estesa e la trasparenza dei criteri mediante i quali verrà articolata la discussione. Il nostro impegno, mio e dell'ufficio di presidenza, è rivolto proprio ad appianare le divergenze e a tessere la rete di relazioni che ci permetteranno di esibire un quadro fedele della società sudtirolese. Tutto sommato, penso che ci stiamo riuscendo”.

Una riforma ambivalente

Per ottenere qualche giudizio bisogna allora spostare per un momento il discorso fuori dal perimetro della Convenzione, allargando lo sguardo all'Italia e al percorso di riforme parlamentari che pure rappresentano il contesto nel quale l'eventuale riforma dello Statuto di Autonomia dovrà andare ad inserirsi. “Non so ancora cosa voterò al referendum di ottobre. La mia valutazione è ambivalente così come ambivalente mi pare la riforma. Senza dubbio penso che una diminuzione dei poteri conferiti al Senato possa svantaggiarci, perché le competenze che abbiamo raggiunto nel precedente quadro parlamentare saranno molto più difficili da ottenere in futuro. Se adesso non ci accorgiamo di questo pericolo è a causa delle buone relazioni che abbiamo intessuto col primo ministro Matteo Renzi. Ma Renzi avrà poi un successore, e non possiamo certo costruire la nostra sicurezza sul presupposto che avremo sempre rapporti eccellenti ai vertici dello Stato. Per questo occorrerebbe sensibilizzare l'opinione pubblica, spingendola a cogliere l'occasione di una riforma del nostro ordinamento autonomistico nel senso di una sempre maggiore autonomia”. Da pragmatico qual è, Widmann ragiona di accrescimento del volume di competenze al di là del cleavage etnico. “Io penso che dobbiamo porci traguardi ulteriori in primo luogo nel campo dell'amministrazione, dell'assetto finanziario e della competitività con altre regioni europee. Negli ultimi anni l'appeal dell'Italia è molto scemato, e questo me lo confermano anche tanti concittadini di lingua italiana. Ma è chiaro che la possibilità di perseguire nuovi traguardi dipende anche da quanto saremo in grado di mobilitarci. Il difficile, tornando al discorso della Convenzione, è convincere altoatesini e sudtirolesi che il benessere finora raggiunto non è scontato, e che se non lavoreremo per migliorare quanto già abbiamo, corriamo anche sempre il rischio di perderlo”.

Risultati aperti

Gli spiccioli finali riguardano una piccola stoccata all'ex Landeshauptmann Luis Durnwalder (“il suo scetticismo mi ha colpito, ma conoscendolo non penso che debba essere preso alla lettera: in caso contrario perché occuparsi di qualcosa che lui reputerebbe inutile?”) e la difesa del doppio binario (bolzanino e trentino) sul quale dovrebbe scorrere l'intero processo di aggiornamento autonomistico. “Noi e Trento partiamo da presupposti diversi e abbiamo per questo esigenze diverse. E' giusto dunque che adesso se ne discuta e si operi in sede separata. Ciò non toglie però che alla fine ci saranno i raccordi necessari, in modo da superare con successo l'esame finale del Parlamento”. Faccio in tempo a chiedere a Widmann se non crede che alla fine la montagna partorirà comunque un topolino, visti i paletti e le restrizioni che proprio l'ultimo passaggio, quello parlamentare, imporranno alla valutazione complessiva dell'opera da svolgere. “Paletti? Non li chiamerei così. Certo, il campo delle possibilità non può contenere istanze che vanno al di là del perimetro autonomistico, ma le assicuro che i risultati sono veramente aperti. Ripeto: dipende dalle sollecitazioni che saremo in grado di accogliere e provocare. Se invece che 2000 persone, come è accaduto all'inizio, riuscissimo a coinvolgerne 30.000, la riforma avrebbe molto più slancio. Ma se questo interesse non si produrrà, allora vuol dire che la maggioranza della gente è contenta così e ne prenderemo atto”.