Umwelt | Lupo

Così va il mondo, qui al maso

Il giornalista Mauro Fattor, studioso di grandi predatori, commenta il nuovo decreto di abbattimento di due lupi in Val Venosta ed il parere positivo dell'ISPRA: “Siamo lontanissimi da una situazione matura di adozione strutturale delle misure di prevenzione”.
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Foto: Twitter
  • Sessanta giorni di tempo per abbattere due lupi in alta Val Venosta, tra Malles e Curon. Arno Kompatscher ci aveva già provato l’anno scorso dopo una serie di attacchi nella zona di malga Planol, poi il Tar aveva bloccato tutto accogliendo il ricorso delle associazioni animaliste. Nuovo anno e nuovo giro di giostra. Con una differenza. Quest’anno il decreto del presidente della giunta provinciale di Bolzano, firmato il 30 luglio, arriva dopo aver incassato il parere positivo di Ispra – l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – e dell’Osservatorio faunistico provinciale. Va chiarita però subito una cosa: il declassamento del lupo a livello europeo non c’entra assolutamente nulla. L’Italia non ha ancora recepito la nuova normativa e tutto è avvenuto dunque sulla base delle vecchie regole di ingaggio e quindi, nello specifico, della normativa provinciale del 2023. 

     

    Il declassamento del lupo a livello europeo non c’entra assolutamente nulla

     

    “Nel periodo compreso tra maggio e luglio 2025 – scrivono le autorità provinciali – in alta Val Venosta si sono verificati 31 attacchi ad animali al pascolo, confermati e documentati dall'autorità forestale come attacchi di lupi. Nella stessa zona, nella precedente stagione alpestre erano già stati registrati 42 attacchi. Le malghe interessate sono state dichiarate zone di protezione dei pascoli. I proprietari hanno comunque adottato misure di protezione del bestiame, che però non sono riuscite a impedire gli eventi dannosi”. Tutto molto semplice, tutto molto chiaro. Apparentemente. In realtà, le cose non stanno esattamente così e le sfumature contano. Eccome. 

  • Foto: Flickr/_ Liquid
  • Per una lettura corretta della situazione occorre infatti interpolare dati tecnici e postura politica e allora le cose cambiano in modo significativo. Partiamo dai dati tecnici. Il via libera di Ispra non è una cambiale in bianco e i rilievi del parere a firma di Piero Genovesi, il responsabile del servizio per il coordinamento delle attività della fauna selvatica, sono molto puntuali. Certo, c’è il via libera al prelievo, ma il senso generale che il documento restituisce è quello di un interlocutore, la Provincia, che arriva all’appuntamento-prevenzione in grave ritardo e con affanno. Per non parlare del livello di approssimazione delle misure messe in campo, che evidenziano una volta di più limiti tecnici macroscopici nella gestione degli animali al pascolo

    Ma andiamo con ordine. Vale la pena ricordare che le condizioni imposte da Ispra per il via libera ad un prelievo di lupo, nel rispetto della Direttiva Habitat, sono tre. La prima: che l’intervento avvenga per prevenire gravi danni. La seconda: che metodi alternativi siano risultati inefficaci. La terza: che la rimozione non incida negativamente sul buono stato di conservazione della specie. Partiamo da qui, dal punto tre. Nessun problema. La specie a livello regionale non corre rischi, anche se – va detto – è grazie al lavoro fatto dalla Provincia di Trento che le cose oggi stanno così, non certo grazie alla prolungata inerzia della Provincia di Bolzano. Concentriamoci quindi sui primi due punti delle condizioni dettate da Ispra. Quanto al primo, Ispra chiarisce in modo molto chiaro che sulla base dei dati 2023-2024 della predazione su animali domestici, gli ultimi forniti dalla Provincia, in Alta Val Venosta non esiste alcun hotspot di danno cronico. Né a Malles, né a Curon. Esiste invece una situazione specifica di “danno grave a breve termine” legato a malga Furgles, ovvero il caso di una singola azienda o di un singolo proprietario (sui 16 che hanno animali in malga) che abbiano subito almeno due eventi di predazione nell’arco di un periodo massimo di 30 giorni. 

  • Il ricorso della LAV

    L'associazione ambientalista LAV ha annunciato che presenterà un ricorso al TAR di Bolzano contro l'autorizzazione sottoscritta dal Presidente della Provincia di Bolzano Arno Kompatscher. "Ci aspettiamo che anche questa volta il TAR sospenda l’autorizzazione provinciale, tanto più considerando che è la stessa Provincia che deve rifondere agli allevatori i danni eventualmente collegati alle predazioni", dichiara l'associazione. Il tribunale amministrativo bolzanino deciderà sulla sospensione del decreto nelle prossime settimane. 

  • Aperta parentesi. Risulta francamente imbarazzante nella relazione di Ispra constatare la reiterata incompletezza dei dati forniti dalla Provincia, con l’assenza addirittura dei codici aziendali dei proprietari colpiti dal danno, cosa che ha costretto Ispra, motu proprio, a cercare le informazioni relative ai proprietari dei capi predati tramite consultazione del database pubblico dell’Assessorato all’Agricoltura. Tramontata, sempre a causa, di assenza di dati forniti dalla Provincia, anche l’ipotesi di valutare il danno a livello di malga e non di singola azienda.  Chiusa parentesi. 

     

    Risulta francamente imbarazzante nella relazione di Ispra constatare la reiterata incompletezza dei dati forniti dalla Provincia

     

    Punto due: le misure alternative. Ispra riconosce che, rispetto all’anno scorso, la situazione è migliorata. Nel 2024, dopo anni e anni di urla e strepiti sul lupo, eravamo ancora a recinzioni di contenimento – e non di protezione – con due fili elettrici e il pastore che andava a controllare le pecore due volte al giorno. Quest’anno invece c’è un pastore fisso con due border collie. Ciononostante, siamo lontanissimi da una situazione matura di adozione strutturale delle misure di prevenzione. Una prima predazione, l’11 maggio, è avvenuta in assenza di misure di protettive, una seconda il giorno successivo, con gli animali parzialmente in recinto. Anche in questo caso, per carenza dei dati forniti dagli uffici provinciali, non è chiaro se l’evento predatorio sia avvenuto dentro o fuori il perimetro del recinto. L’elenco delle carenze prosegue (recinzione di maglie metalliche non interrate senza strutture anti-salto, porzioni di rete mancanti sostituite da rete elettricate, con soluzioni fai-da-te), tuttavia viene riconosciuto lo sforzo fatto per uscire dalla bolla di inerzia degli ultimi dieci anni. Durante la corrente stagione vi è stato un continuo adattamento della strategia di protezione – dice Ispra -  aspetto di per sé positivo, che ha determinato un significativo miglioramento rispetto alla passata stagione”.

  • Foto: SBB
  • Il vero punto dolente è però un altro, e riguarda lo stile di lavoro, diciamo così. “In linea generale – afferma Ispra -  una problematica legata alle forme tradizionali di gestione del bestiame in Alto Adige è che la monticazione estiva spesso vede la presenza presso malghe condivise di animali appartenenti a proprietari diversi, che non sono abituati a stare insieme e quindi tendono a distribuirsi su tutta l’area divenendo particolarmente vulnerabili alla predazione del lupo. Per l’adozione di efficaci misure di prevenzione, sarebbe pertanto necessario modificare in parte le pratiche sopra descritte, per facilitare l’aggregazione degli animali che a sua volta permetterebbe un’efficace sorveglianza da parte di un pastore, così come l’eventuale raduno notturno degli animali e il loro contenimento in un recinto elettrico, seppur limitatamente a tale momento della giornata.  La provenienza degli animali da più proprietari rende anche difficile l’uso di cani da protezione, che per svolgere un efficace ruolo di difesa dovrebbero crescere con il gregge o quantomeno andrebbero introdotti gradualmente con gli animali che devono proteggere per stabilire con questi un legame”.

    Tutte cose che i pastori professionisti sanno benissimo ma che obbligano a un cambio di passo, anche culturale. Un cambio di passo che si scontra con la tradizionale resistenza al cambiamento delle società rurali e che in Alto Adige si salda con l’ideologia del Bauer e “con il sacrosanto diritto ad andare in malga come si faceva cento anni fa”, refrain più volte echeggiato nei dibattiti del consiglio provinciale. Va detto che avere un assessore all’Agricoltura come Luis Walcher, da questo punto di vista, è il peggio che ci si possa aspettare. Non solo rappresenta l’ala più reazionaria del mondo contadino Svp, ma ha anche istituzionalizzato la saldatura con Bauerbund e Associazione Cacciatori Alto Adige, ovvero con i principali responsabili - il Bauernbund  soprattutto - dell’abissale ritardo accumulato dalla Provincia nell’adozione di politiche di prevenzione. Il paradosso inaccettabile è che, se la strada è quella della razionalizzazione delle modalità di pascolo e della professionalizzazione dei pastori, il Sudtirolo avrebbe in casa tutte le risorse umane e le competenze per imboccarla con decisione. Basti pensare al lavoro all’Arbeitsgruppe Weidekultur, attivo già dal 2020 e formato da pastori e pastore professionalizzati e capaci di dialogare con altri mondi: biologi, sociologi, nuove tecnologie; oppure al lavoro fatto dal Museo di Scienze dell’Alto Adige e da Eurac con il progetto LifeStockProtect. Fino ad oggi non solo è stata sbattuta loro la porta in faccia, ma sono stati quasi costretti a lavorare in clandestinità per non avere rogne. Così va il mondo, qui al maso.