Kultur | IL CONVEGNO DEL 1961

"Il confine? Un incidente della storia"

Il profetico intervento di Altiero Spinelli al Convegno del Mulino il 5 novembre di 60 anni fa. "Ai Sudtirolesi dico: prendete le distanze dal Nazismo".
Brenner, Brennero
Foto: STF

Come anticipato pubblichiamo di seguito l'illuminato intervento pronunciato da Altiero Spinelli, al convegno "Una politica per l'Alto Adige" che si tenne in consiglio provinciale a Bolzano il 4 e 5 novembre 1961 mentre sotto il Monumento alla vittoria sfilavano migliaia di soldati in uniforme. Altiero Spinelli è scrittore e politico fondatore del Movimento federalista europeo e considerato uno dei padri fondatori dell'Unione europea. Fu coautore del fondamentale Manifesto di Ventotene. Il contributo è riprodotto in copia anastatica nel volume pubblicato da Alpha Beta "Un'idea esagerata di autonomia", a cura di Giorgio Delle Donne.

Non so se gli amici del Mulino, scegliendo il 4 novembre per tenere a Bolzano questa riunione, l'abbiamo fatto per caso o se di proposito, per tentare di dare a questa data un significato differente da quello che ha finora avuto. Il 4 novembre è a Bolzano e nel Sudtirolo una data problematica che ripropone ogni anno la difficoltà della convivenza fra italiani e sudtirolesi. Il 4 novembre, giorno della vittoria dell'ltalia sull'Austria, non può infatti essere considerato un giorno di festa dai sudtirolesi. Potete tutti immaginare i nostri sentimenti se ai sudtirolesi venisse in mente di celebrare come giorno di festa quello in cui ii generale Giulay riconquistò all'impero di Vienna la perla di Milano, e facessero manifesti, dichiarazioni, pubblicazioni, imbandieramenti.

Il 4 novembre è comunque una data molto importante, per gli italiani, per i sudtirolesi, per gli austriaci. Per noi è una data che ricorda il momento in cui l'Italia è uscita dalla tradizione del Risorgimento, il quale puntava alla libertà e all'unità politica degli italiani, e ha imboccato con decisione la politica delle conquiste nazionaliste. È una data significativa di un moto nello slancio del quale i nostri padri si sono inghiottiti una certa quantità di tedeschi, di sloveni, e sono rimasti insoddisfatti perché non avevano potuto prendersi un po’ di albanesi, di greci, di arabi e di negri. Partendo da questa “vittoria mutilata” ci sono stati venti anni di fascismo con tutto quel che ne è stato.

Per gli austriaci, per i tedeschi, per i sudtirolesi il 4 novembre è la fine di una esperienza secolare, quella dell'impero asburgico, il quale ha significato molto per la civiltà europea. Esso è morto non solo perché c'è stata una sconfitta militare, ma anche per una serie di sue incapacità di rinnovamento; ma con esso è finita una grande epoca per quei popoli; e tutto quello che è venuto dopo è stato finora peggio di quel che c'era stato prima. Il 4 novembre dovrebbe quindi essere considerato, se noi fossimo persone serie, data di lutto per noi e data di lutto per gli austriaci: una delle varie date della atroce guerra europea dei trent'anni; e normalmente le date di guerre civili non vengono considerate come giorni di festeggiamenti.

Ora io credo che in questo incontro noi ci dovremmo proporre di contribuire a mettere una pietra sul quel che ha significato di malefico, per noi e per gli altri, il 4 novembre e questi trent'anni di guerra civile “europea” con le sue decine di milioni di morti e di cominciare a realizzare modi di vita differenti. Il problema dell'Alto Adige è anche un problema di liquidazione di questo nostro troppo accentrato apparato statale, di dare a chi si vuole amministrare sul posto e sa amministrarsi meglio che da lontano, la possibilità di farlo. È dunque un capitolo speciale di tutta quella visione che la signora Menapace ha molto bene esposto. Ma ha anche qualcosa di speciale, perché in particolare si tratta qui anche di un problema di minoranze nazionali.

Se noi vogliamo andare al fondo della difficoltà, dobbiamo dire qualcosa che normalmente non si dice o si dice in momenti di ira, e poi si ritira subito dopo averlo detto. Finché ci soffermiamo sui dati di fatto effettivi del problema l'impressione per chi viene dal di fuori è quella espressa dall'amico Goriely, belga e proveniente quindi da un Paese nel quale ci sono questioni di minoranze nazionali e forti difficoltà di convivenza nazionale. Dopo aver sentito i due relatori, egli mi diceva: (“ma se questo è tutto il contenuto del dibattito, veramente non c’è quasi niente”). Effettivamente dietro c’è un fondo inespresso che credo vada espresso.

Questi cittadini di stirpe tedesca, che abbiamo inglobato nello Stato italiano, sono dei cittadini dei quali si deve riconoscere che il loro lealismo verso lo Stato è dubbio. Non è della stessa qualità di quello degli italiani. Non hanno la stessa nostra lingua, non hanno le stesse nostre tradizioni, man mano che si formano e prendono coscienza della loro comunità si rendono conto che essa è diversa da quella italiana. È chiaro che non è lo stesso tipo di lealismo; è chiaro che se ci fossero grossi pericoli militari costoro reagirebbero in modo differente. Anche a Vienna sapevano che il lealismo dei triestini era una cosa differente da quello dei viennesi. Quello della parte tirolese è un lealismo provvisorio. Credo che tutti i sudtirolesi ragionevoli pensino che oggi non possono cambiare la loro cittadinanza, che debbono sforzarsi di essere buoni cittadini italiani. In genere i sudtirolesi sono una popolazione non turbolenta, non agitata, non portata alla cospirazione (durante tutta l'epoca del fascismo l'Alto Adige è la Regione che ha fornito meno imputati di qualsiasi altra Regione d'ltalia al Tribunale speciale). Sono gente tranquilla ed hanno in modo assai naturale questo atteggiamento di accettazione dello Stato. Però è evidente che per loro si tratta di un accidente storico. Sono capitati qui, ma se le cose cambieranno nessuno ne soffrirà. Probabilmente sarebbero più soddisfatti se le cose stessero diversamente. Questo stato d'animo è un dato di fatto che non si può cambiare, almeno per un lungo periodo. Si potrebbe cambiare solo con una politica di violenza, di tipo fascista e le conseguenze sarebbero allora peggiori sotto altri aspetti.

Stando così le cose, io dico che per poter affrontare il problema dell'AIto Adige non possiamo continuamente stare a fare dei processi d'intenzione ai sudtirolesi; non possiamo continuamente stare a dire che ci diano la prova, proprio la prova precisa che sono bravi italiani come tutti gli altri. Lo Stato italiano deve fare la sua scelta in questa materia a seconda della grande prospettiva politica che l'Italia ha, in un senso o in un altro. Se l'Italia vivesse ancora, come nel passato, nell'epoca degli Stati europei rivali fra loro, che debbono pensare alla loro potenza ed alla guerra fra loro, io non approverei, ma comprenderei un fondamentale atteggiamento di diffidenza da parte dello Stato italiano e delle forze politiche verso questa minoranza, che sta proprio al confine, che può parteggiare domani dalla parte opposta. E capirei anche un forte, tenace atteggiamento di resistenza da parte sudtirolese; perché, non si sa mai, le cose possono cambiare.

Notate che nel redigere l'Accordo con Gruber, De Gasperi ha giocato ancora un atteggiamento di questo genere. È perché aveva paura del dubbio lealismo dei sudtirolesi che De Gasperi è riuscito a fare quella specie di gioco di prestidigitazione, ottenendo una dichiarazione che da una parte diceva solennemente che bisognava dare l'autonomia alla provincia di Bolzano e dall'altra parte si affogava questa autonomia in un framework che avrebbe dovuto essere l'insieme del Trentino e dell'Alto Adige, e nel quale gli italiani sarebbero stati in maggioranza. C'era questa diffidenza. Avendo perso la guerra bisognava fare qualche concessione, e poiché noi diventavamo democratici, certe Libertà non si potevano più decorosamente negare; però procediamo con prudenza, con esitazione, prendendoci delle controgaranzie.

Il fatto è che noi oggi non viviamo più in questa prospettiva. Può darsi che l'Europa sia così disgraziata da ricadere in piena lotta di nazionalismi, e in tal caso qualsiasi accordo preso oggi non reggerà. È chiaro che se domani riavremo una forte rivalità, fra tedeschi da una parte e italiani dall'altra, quali che siano stati gli impegni, quali che siano state le promesse, quali che siano state le cose sacre, e dichiarate, i sudtirolesi simpatizzeranno per l'altra parte, come i triestini simpatizzarono per questa parte. Ma viviamo in un'epoca in cui il compito che dichiariamo, e lo dichiara il nostro Governo, e lo abbiamo scritto nella Costituzione, e sappiamo che è cosa difficile ma a cui si deve arrivare, è il superamento di questi Stati nazionali, è la ricerca dell'unità e in particolare proprio dell'unità con i tedeschi. E se l'Austria non può partecipare  in questo momento, sappiamo che ciò è dovuto solo ad esigenze della sua neutralità.

La prospettiva di fondo della nostra politica è che oltre il Brennero non ci sono nemici potenziali, ma amici. In questo caso, avere in un corpo politico di 50 milioni di abitanti 250 mila persone il cui più forte legame culturale è con il mondo tedesco e non con quello italiano, non è un pericolo. È una cosa che si può accettare e che si deve accettare.

La frontiera del Brennero non è, come si suole dire, una cosa sacra, è un accidente storico che noi dobbiamo svuotare di contenuto. Con ciò non voglio dire che ci siano problemi di revisione di frontiere. Non ce ne sono. Il problema non si risolve spostando le frontiere da una parte o dall'altra, ma cercando di arrivare ad una comunità sopranazionale. Poiché questa è la direttiva europea che noi oggi dobbiamo veramente perseguire, è  in questo quadro che dobbiamo cercare la soluzione del problema della autonomia della provincia di Bolzano. Dobbiamo metterci in uno spirito di fiducia e di generosità, nonché la consapevolezza che ciò a cui dobbiamo arrivare è anzitutto un comune lealismo a una comunità superiore all'ltalia, e non un impossibile, e del resto inutile, forte lealismo dei sudtirolesi verso lo Stato italiano. Costruire le Regioni è un impegno che non abbiamo ancora realizzato per tutta l'Italia, e che la Costituzione ci impone di realizzare. In particolare qui, nel Sudtirolo dobbiamo farlo presto e con serietà. Autonomia significa che il giudizio sulla costituzionalità o meno di tale legge o misura della Regione sarà sottratto al potere centrale nazionale, ma spetterà alla Corte Costituzionale. Non escluderei la possibilità di ricorsi anche a corti sopranazionali. C'è una Corte della protezione dei diritti dell'uomo e si potrebbe riconoscerla in qualche modo competente per eventuali violazioni anche da parte degli altoatesini. Che ci sia un interesse austriaco a queste cose, è cosa assai naturale, e noi dobbiamo saperlo e non irritarcene continuamente.

Non vorrei soffermarmi sui dettagli della formula proposta da Farias, ma è certo che una volta riconosciuta l'esigenza di una autonomia della provincia di Bolzano, la soluzione non è difficile da trovare. Vorrei solo soffermarmi sul problema della scuola.

È forse bene che ci siano le scuole separate perché le popolazioni sono differenti, ma occorre che in queste scuole si faccia un'educazione assai diversa da quella che si fa, cioè una educazione in cui gli italiani che abitano qui devono imparare il tedesco come seconda lingua perché vivono con i tedeschi; così come i tedeschi debbono imparare l'italiano. E tutta la formazione della storia deve essere fatta in maniera non nazionalista né per la popolazione di lingua italiana, né per quella di lingua tedesca. In questa esigenza, che è diventata più acuta, di una maggiore autonomia, dobbiamo riconoscere che c'è anche una certa volontà da parte della popolazione sudtirolese di avere una struttura sociale più articolata di quella presente. È un bene che non vogliano essere più solo una comunità contadina e di grossi commercianti, ma vogliano cominciare ad avere giudici e funzionari, industriali, operai, perché è in questa maniera che si forma poi quella società più articolata, più ricca, che permetterà poi anche una vita democratica più articolata di quella che c'è adesso.

Quando il moto è in questo senso, io non mi preoccuperei troppo se in molti che fanno queste richieste c'è nell'animo l'ideale di conservazione di una società arcaica. Anche Gandhi sognava una società in cui tutti gli indiani filassero col telaio a mano, il che era una cosa assai reazionaria. Gandhi ha vinto la battaglia dell'indipendenza e nessuno ricorda più il suo sogno del telaio a mano. A me sembra che con questo atteggiamento noi dobbiamo metterci a comprendere i sudtirolesi ed a chiedere ai loro capi politici cose ragionevoli e non cose irragionevoli.

Detto questo, vorrei aggiungere due parole agli amici sudtirolesi per attirare l'attenzione su alcune cose che anche loro devono stare attenti ad evitare per non compromettere quello che di giusto e di legittimo hanno nelle loro richieste. State attenti a non presentarvi solo o apparentemente come difensori di una società arcaica; sottolineate invece che è vostra volontà di fare una società sudtirolese più moderna. Cercate gli alleati non fra le forze più conservatrici d'ltalia, ma fra le forze che vogliono un rinnovamento della democrazia in Italia, e che per questa ragione saranno aperte alla vostra richiesta che è di rinnovamento democratico.

Un'ultima cosa: poiché lottate, e fate bene, per mantenere le tradizioni della cultura tedesca fra di voi, non dimenticate mai che nella cultura germanica c'è un elemento di razzismo che non è solo Hitler, ma va molto al di là del fenomeno nazista. Hanno saputo liberarsene, fra le popolazioni germaniche gli olandesi e gli svizzeri, ma non il resto della cultura tedesca. Ora, nella vostra lotta per mantenere una tradizione culturale, in questa vostra giusta polemica contro il nazionalismo italiano, sappiate che dovete fare anche una polemica contro il vostro nazionalismo, contro gli elementi razzisti della vostra storia. Dovreste saper dire: meglio tagliarsi la lingua che parlare di proibizione di matrimoni misti e di una sorta di apartheid sudtirolese. Dovreste cercare di far bene comprendere ai vostri ragazzi che grossa malattia della civiltà tedesca è stato il nazismo. Voi non la difenderete veramente la civiltà tedesca, se restate legati, anche senza volerlo, a certi atteggiamenti. Se lasciate confondere la vostra battaglia, che è giusta, con quella del nazionalismo tedesco, sappiate che la vostra battaglia sarà persa del tutto, perché tutti i nazionalismi sono odiosi, ma ce n'è uno fra essi che ha meriti speciali per essere odioso in modo totale di fronte a tutto il mondo: ed è quello tedesco.


Altiero Spinelli