Gesellschaft | Il film

Le vite sospese di "Limbo"

Gustav Hofer, regista altoatesino, racconta in un documentario cosa succede agli immigrati nei CIE, incastrati fra la burocrazia e lo spettro dell’espulsione.

Alejandro, Bouchaib, Karim, e Peter sono quattro uomini bloccati nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) di Torino, Trapani e Roma. Aspettano di sapere quale sarà il loro destino: se potranno tornare a casa o se saranno spediti fuori dall’Italia. Questa, in sintesi, la sinossi di Limbo, il documentario di Matteo Calore e dell’altoatesino Gustav Hofer (Improvvisamente l’inverno scorso, Italy: Love it or Leave it), un’idea nata insieme al talentuoso Andrea Segre - regista dell’acclamato La prima neve - e prodotto da ZaLab & HIQ.

In questi giorni di turbolenze sociali, mentre la nostra tolleranza sembra essersi rintanata in un letargo prolungato, puntare i riflettori sulle politiche migratorie e i loro risvolti spesso sepolti alla foce dell’indifferenza, non può che aggiungere nuovi elementi utili al dibattito. “Il film – afferma Hofer - è nato per un’esigenza di impegno politico, per informare le persone, perché molti ancora non conoscono l’esistenza dei CIE oppure credono che in quelle strutture vengano rinchiusi solo criminali”. Molti di loro infatti non hanno mai commesso un reato, vivono in Italia da venti, anche trent’anni, e rischiano il rimpatrio coatto perché non hanno documenti regolari. Catapultati nei loro paesi d’origine, dove non troverebbero ormai né una casa né una famiglia, quali prospettive avrebbero?

Quello che viene sviluppato in Limbo non è solo il punto di vista degli “ospiti”, come eufemisticamente vengono chiamati i prigionieri, ma anche l’impatto che questa detenzione ha sui loro cari. È il racconto di un’attesa snervante, “la vita nei CIE è fatta di noia assoluta – spiega il regista - non ci sono programmi educativi, il tempo non passa mai e la dignità individuale viene inevitabilmente compromessa. Gli immigrati non sono sottoposti a processo né sanno per quanto tempo dovranno rimanere lì dentro, per questo il film si chiama Limbo, le loro sono esistenze sospese”.

Le strutture in cui vengono trasportati i malcapitati sono scarne e afflittive, prigioni a tutti gli effetti, ci dice Hofer, “Alejandro, ad esempio, viveva a Varese da anni e da un giorno all’altro si è trovato nel CIE di Trapani in condizioni disumane: era inverno, all’interno dell’edificio non ha trovato né un materasso né acqua calda, gli hanno dato solo una coperta sottilissima. Le grate gialle all’esterno poi sono talmente sottili che è possibile guardarci attraverso solo da una certa angolazione, così l’ambiente risulta sistematicamente ermetico”.

Il film, che sarà in cartellone in diverse città d’Italia, verrà proiettato il prossimo 27 novembre alla Camera dei Deputati dove è attesa anche la presidente Laura Boldrini.