Gesellschaft | Salute mentale

“Con il Covid tutto è cambiato”

La pandemia ha amplificato le diagnosi dei disturbi. Torresani: "Nel 2019 le prime visite erano 1.800, oggi siamo arrivati a 3.000. I pazienti sono passati da 400 a 750"
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Foto: Skitterphoto via Pixabay
  • Con la grande visibilità di cui gode, Fedez qualche settimana fa ha portato il tema della salute mentale nei salotti televisivi, oltre che regolarmente sui social. Parlare di patologie psichiatriche è diventata così un’abitudine sorprendentemente “pop” e non più solamente materia di esperti. Dopo aver riportato qui e qui delle esperienze legate alla salute mentale vissute da alcuni giovani di Bolzano, - visto che mancano dei dati ufficiali a cui fare riferimento - abbiamo deciso di parlare direttamente col dottore Stefano Torresani, ovvero il responsabile dei Centri di Salute Mentale (CSM) della città di Bolzano.

  • Stefano Torresani: “Nel 2019 avevamo un numero di prime visite pari a milleottocento, adesso sono salite a tremila.” Foto: Privata

    SALTO: Da parte di molti giovani c’è la percezione che nella pratica medica ci sia molta attenzione sulla salute del corpo ma meno su quella della psiche. Lei è d’accordo?

    Stefano Torresani: Non mi trovo molto d’accordo per il semplice fatto che, ad esempio, gli invii dei pazienti da parte del Pronto Soccorso presso di noi sono tanti e in costante aumento. C’è da considerare anche lo spartiacque del Covid che ha cambiato molto la situazione, peggiorando le varie patologie psichiatriche che già c’erano. In particolare, il Covid ha amplificato le diagnosi di ansia, depressione, disturbo da stress post traumatico e tendenze suicidarie. 

  • C’è un’età in particolare in cui si sono verificati questi peggioramenti?

    Per quanto riguarda i tentativi di suicidio, si sono verificati soprattutto nella fascia d’età 18-25. La depressione invece è aumentata in maniera più trasversale, a prescindere dall’età. 

    “Nel 2019 avevamo un numero di prime visite pari a milleottocento, adesso sono salite a tremila.” 

    Pensa che i servizi di salute mentale siano riusciti a rispondere adeguatamente a questa problematica?

    Allora, negli anni l’apparato della psichiatria è stato indubbiamente potenziato. Le do un dato: nel ’96, quando sono arrivato a Bolzano, eravamo in dieci psichiatri per tutta la nostra fascia di popolazione, adesso siamo in trentadue. Per quello che riguarda il Pronto Soccorso, invece, da circa un anno abbiamo a turno uno psichiatra e un infermiere che sono direttamente lì. Questo significa che se il medico del Pronto Soccorso ha bisogno dello psichiatra, ce l’ha lì nelle fasce più intense della giornata. Prima, invece, lo psichiatra dava la disponibilità per la reperibilità. È questa novità che ha consentito anche l’aumento degli accessi dei pazienti alle prime visite psichiatriche. Nel 2019 avevamo un numero di prime visite pari a milleottocento, adesso sono salite a tremila. Da queste prime visite, poi, alcuni pazienti vengono mandati a casa, alcuni vengono dati in carico al medico di medicina generale (medico di base), altri vengono inviati al Servizio Psicologico, altri ancora vengono presi in carico dal Centro di Salute Mentale. Per quanto ci riguarda, nel 2019 avevamo una media di quattrocento pazienti presi in carico all’anno, adesso siamo sui settecentocinquanta. Qui stiamo parlando, quindi, non di prime visite ma di persone che vengono ufficialmente presi in carico dal Centro Salute Mentale. Questo aumento vale per noi quanto per il Servizio Psicologico e vale anche per i vari consultori, quindi c’è tantissima richiesta e, per quello che è possibile, abbiamo risposto aumentando l’offerta. 
     

    Pensa che questo aumento di richiesta abbia diminuito lo stigma verso la salute mentale?

    Parlavo proprio qualche giorno fa con un collega dentista, apparentemente esterno a questa tematica, che mi diceva che nel loro ambito vedono tutta una serie di disfunzionalità della masticazione con dolori articolari che già anni fa loro ritenevano che fossero legate anche all’ansia. Si trovavano però in difficoltà a dire ai loro pazienti di fare una visita psichiatrica, per via della reazione avversa che questo consiglio spesso suscitava. Da dopo il Covid le cose sono cambiate perché, paradossalmente, tutti possono giustificare il loro essere psicologicamente in difficoltà proprio per il fatto della pandemia. Essendo stata questa un fenomeno collettivo, ha fatto sì che le conseguenze psicologiche che ne sono derivate fossero comunque indice di un problema di molti, evitando quindi quel senso di isolamento che spesso vivono le persone a cui viene fatta una diagnosi psichiatrica. 

    “Da dopo il Covid le cose sono cambiate perché, paradossalmente, tutti possono giustificare il loro essere psicologicamente in difficoltà proprio per il fatto della pandemia.”

  • Covid: La pandemia ha portato alla possibilità di parlare di disturbi psichici con meno stigma, oltre a crearne nuovi. Foto: Geralt via Pixabay

    La mia generazione degli anni Novanta è cresciuta con la serie tv “Scrubs”, ambientata in un ospedale, in cui la figura dello psichiatra veniva ironicamente definita come “finto medico”. Esiste un pregiudizio nei confronti della psichiatria anche all’interno della medicina?

    Basti pensare che la psichiatria è stata integrata al resto della medicina poco tempo fa, parliamo della fine degli anni Settanta. Prima c’erano i cosiddetti “ospedali psichiatrici” che erano completamente separati dalla medicina generale. Nei colleghi degli anni Novanta e Duemila questo pregiudizio, quindi, sussisteva ancora. Adesso la situazione è cambiata, ma dovrà cambiare ancora molto. 

  • Tornando alla fascia d’età 16-35, in mancanza di dati ufficiali, qual è la sua percezione sulla loro salute mentale? 

    Allora, comincerei dicendo che dei dati ufficiali che possiamo utilizzare ci sono e riguardano l’utilizzo di cocaina. Bolzano, secondo le statistiche ISTAT, è tra le città in cui se ne fa maggior uso. Questo ci fa capire che Bolzano, pur essendo una città in cui il benessere è alto, ha allo stesso tempo la necessità di un’alterazione. Per quanto riguarda il disagio psichiatrico in generale sì, lo notiamo, ma devo dire che non è che nelle altre zone d’Italia la situazione sia migliore. Pensiamo ai suicidi, è vero che in Alto Adige ce ne sono statisticamente di più rispetto al resto d’Italia, ma perché? Perché c’è una cultura in gran parte di lingua tedesca e nel mondo tedesco i suicidi sono stati sempre più elevati. Qui parlo anche degli anziani però, non solo degli adolescenti o giovani-adulti. Per le altre patologie psichiatriche rimango dell’opinione che non ci sia una situazione peggiore rispetto alle altre Regioni. 

    La sensazione che permane, però, è che Bolzano venga venduta come un’oasi felice. Questo fa sì che il malessere venga in qualche modo silenziato e che quindi, pur esistendo, se ne parli di meno. Cosa ne pensa?

    Direi che non ho elementi per poterlo dire. Mi viene in mente, sempre a proposito della cocaina, che Bolzano se la batte con Milano. E questo significa che dove c’è molto benessere c’è, per effetto opposto, anche del malessere. 

    “Adesso l’approccio non è più quello di prendere in custodia la persona che soffre psicologicamente e separarla dalla società, bensì di curarla.”

  • Depressioni: Spesso in un momento depressione ci sembra di essere soli con i nostri problemi psichici. Parlarne può essere utile. Foto: Pexels/Pixabay

    Lei è d’accordo con chi sostiene che le nuove generazioni siano più fragili rispetto a quelle passate?

    Tempo fa si aveva in testa lo stereotipo del paziente psichiatrico, ovvero una persona estremamente bizzarra che non riusciva ad inserirsi socialmente e che quindi doveva essere trattato in un contesto di isolamento. Adesso l’approccio non è più quello di prendere in custodia la persona che soffre psicologicamente e separarla dalla società, bensì di curarla. Se pensiamo, quindi, alla medicina preventiva è ovvio che assistiamo ad un aumento di diagnosi rispetto al passato, ma questo non significa che le nuove generazioni siano più fragili, significa che come psichiatri stiamo intervenendo prima, aumentando così anche le possibilità di successo della cura. 

  • Alcuni dei giovani che abbiamo intervistato che hanno avuto accesso alle cure psichiatriche mi hanno detto di essere preoccupati riguardo al progetto della “rotazione dell’equipe”. Può spiegarmi di cosa si tratta?

    Questa è una cosa molto poco clinica, però gliela spiego. Noi siamo un servizio molto ampio, con medici, psicologi, infermieri e assistenti sociali. Nel 2009 è arrivato il Dr. Andreas Conca, primario del reparto di psichiatria dell’ospedale di Bolzano. Lui ha sempre creduto che, affinché il servizio offerto possa crescere e tutti al suo interno possano arricchirsi, sia necessaria una rotazione del personale, così da non far permanere per sempre un medico all’interno di un solo spazio. Nella pratica, quindi, questo significa che un medico di reparto può ruotare e finire al Centro di Salute Mentale e viceversa. Il fine consiste nel poter fornire al paziente un servizio di qualità maggiore.

    “(...) da noi non c’è la possibilità di scegliersi il medico. Mettiamo caso che il paziente “X” sia in terapia da cinque anni con un medico che poi gli viene cambiato. È grave? Non credo”

    Ma questo progetto non può rappresentare anche un rischio? Se ad esempio un paziente si trova bene con uno psichiatra e improvvisamente gli viene cambiato, non può avere un effetto negativo?

    Allora, in reparto la rotazione esiste già da tanto ed è dovuta banalmente anche ai licenziamenti dei medici che restano solo pochi anni, o ai pensionamenti. Io credo che quello che noi dobbiamo mantenere, al di là del medico, sia la continuità terapeutica. Direi quindi che questa rotazione, più che modificare una situazione, la regolarizza. Nell’arco di un anno ruotano quattro equipe, ma questo non va a compromettere la continuità terapeutica, perché le storie cliniche dei pazienti passano da un medico curante all’altro. Poi certo, il cambio del medico di riferimento per alcuni pazienti può rappresentare un problema, ma per altri invece no. È una questione personale.

    Bisogna anche ricordarsi che quello che offriamo è un servizio pubblico e quindi, al contrario dei privati, da noi non c’è la possibilità di scegliersi il medico. Mettiamo caso che il paziente “X” sia in terapia da cinque anni con un medico che poi gli viene cambiato. È grave? Non credo. Come si è trovato bene con un medico potrà trovarsi bene anche con l’altro. Sottolineo anche che la rotazione dei medici è sostenuta da molta letteratura che sostiene che il cambio del medico può far bene al rapporto terapeutico e, a volte, può rappresentare pure una svolta. Concludo dicendo che si tratta di una linea che il servizio ha preso per il volere del nostro primario e che noi appoggiamo. 

    Un altro ambito verso cui si prova una grande diffidenza è quello farmacologico. Molti giovani, piuttosto che prenotare una visita dallo psichiatra e cominciare una cura con degli psicofarmaci, preferiscono utilizzare le droghe e quindi auto-medicarsi. Di psicofarmaci se ne parla poco e si ha paura della dipendenza che possono creare. Cosa ne pensa?

    Questa visione deriva da un misto di ignoranza e di stigma. Più precisamente parlo di quello stigma che vede la sofferenza psichica come qualcosa di strano da nascondere e quindi da non curare con la naturalezza con cui si cura una qualche altra patologia. Ancora oggi lottiamo affinché la psichiatria venga socialmente riconosciuta come una branca medica non diversa dalle altre per  dignità. Una persona deve sentirsi in diritto di curare un disturbo d’ansia come quando si rivolge al medico per un altro tipo di patologia. Questa è la nostra battaglia. E, anche per quanto riguarda gli psicofarmaci, le persone hanno molta paura degli effetti collaterali che questi possono avere, ma questo discorso vale per tutti i farmaci. Ogni farmaco ha la sua lista di effetti collaterali, eppure siamo abituati a prenderli. Deve accadere la stessa cosa con gli psicofarmaci, sempre sotto osservazione del medico curante, ovviamente, e in combinazione con una psicoterapia che curi e rieduchi anche la parte prettamente psicologica. Sono d’accordo nel dire che, al posto degli psicofarmaci, vedo spesso utilizzare dei sostituti impropri, come ad esempio l’alcol che può momentaneamente alleviare una sofferenza, ma di certo non agisce per curarla. 

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Alberto Stenico Mi., 03.01.2024 - 06:24

Bravi! Intervista ben impostata e con risposte chiare e informative. Un passo avanti nel percorso per superare i pregiudizi e gli stereotipi.

Mi., 03.01.2024 - 06:24 Permalink
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Simonetta Lucchi Fr., 05.01.2024 - 18:01

Scusate se intervengo su un tema non mio, ma il problema si sente molto anche nelle scuole. Così anche il tema della "rotazione". Anch'io penso che per un professionista sua meglio "ruotare" spesso, si migliora la preparazione. Ma per un paziente, soprattutto in questo campo, è un trauma. Penso che lo sia anche per chi è seguito da ortopedici o medici di ogni tipo, è importantissima la conoscenza e la fiducia reciproca. Anche nella scuola, peraltro, vista ormai la carenza di personale, gli insegnanti cambiano spessissimo, i medici di base pure, e nel complesso soprattutto un adolescente ma anche un adulto può sentirsi senza riferimenti. Ma, appunto, sono mie riflessioni e sensazioni personali, magari sbagliate.

Fr., 05.01.2024 - 18:01 Permalink