La Costituzione come ‘scaletta’

L’omaggio alle Fosse Ardeatine e il ricordo di Stefano Gaj Tachè, il bambino ebreo di 2 anni ucciso da vigliacchi terroristi davanti alla Sinagoga di Roma il 9 ottobre del 1982. Sono questi i simboli, alti, che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto indicare come fondamentali e caratterizzanti all’inizio del suo mandato.
L’Italia è una Repubblica nata dalla Resistenza e resta fondata sul ripudio di fascismi e tentazioni autoritarie. L’Italia, già più volte profondamente colpita e provata dal terrorismo di radici diverse, respinge e intende combattere con decisione ogni violenza e ogni intolleranza culturale,razziale e religiosa.
Sergio Mattarella aveva già in serbo da sempre la scaletta del suo discorso di insediamento: la Costituzione. Il Presidente ha voluto proporre una attenta, scrupolosa, essenziale, ma quanto mai opportuna “rilettura” della Costituzione italiana, davanti al Parlamento “sovrano” , come ha voluto ricordare a chi si fosse, nel frattempo, distratto.
Un discorso un discorso istituzionale, laico e ineccepibile, ma anche politico a ben vedere: alcune sottolineature infatti sono apparse, a mio parere, più evidenti.
La prima è quella di aver posto la sofferenza al centro di ogni diritto di cittadinanza. Tutte le sue attenzioni saranno rivolte, come aveva detto appena eletto, “alle preoccupazioni e alle speranze dei nostri concittadini”: gli italiani che soffrono, che combattono contro la crisi che morde, contro “le ingiustizie, la povertà, l’emarginazione, la solitudine e le angosce”, che difendono il loro lavoro e le loro attività. Più parità sociale, nel rispetto di quello che deve essere il Patto sociale tra cittadini e Stato. In questo ambito - e di stretta attualità - l’accenno all’Europa: l’unica ricetta è la crescita, senza crescita non c’è rigore che tenga. E oggi a Roma arriva Tsipras.
Le seconda è quella di aver dichiarato - con tutta la prudenza personale e istituzionale che ci si aspettava - il sostegno al processo di riforme così come è stato avviato, da un governo su cui non da giudizi, ma di cui sembra riconoscere l’azione finalmente attiva e di proposta.
La terza sta nel tono, nella determinazione, con cui ha ribadito un concetto solo apparentemente scontato: il ruolo del Presidente della Repubblica dovrà essere “e sarà” quello dell’arbitro che deve essere imparziale e che dovrà far rispettare le regole. Meno scontato il richiamo ai giocatori che dovranno aiutarlo con la loro correttezza. Il lungo applauso che ha salutato questo passaggio ricorda quelli che accoglievano i durissimi richiami del Presidente Napolitano nel suo secondo discorso di insediamento. Speriamo non finisca allo stesso modo.
Fra poche ore successi e sconfitte, allori e ferite, saranno messi da parte, e riprenderà il confronto politico, legittimo e sacrosanto. La speranza è che il Presidente saggio faccia capire che il tempo è scaduto, che siamo ai minuti di recupero e che quella che stiamo giocando è l’unica partita nella quale non ci potranno essere sconfitti e vincitori perché è l’unica partita che possiamo davvero perdere tutti.