A Bolzano resta il problema dello smog
Come di consueto, anche quest’anno Legambiente ha pubblicato i dati sull’inquinamento delle nostre città. Per tutto il 2022 l’associazione ha monitorato la qualità dell’aria in 96 centri urbani italiani, analizzando le quantità di polveri sottili (PM10, PM 2.5) e biossido di azoto (NO₂) presenti, in un particolareggiata inchiesta confluita nel rapporto Mal’Aria di città 2023: cambio di passo cercasi. Ne emerge un quadro particolarmente desolante, che vede non solo nella Pianura Padana una delle zone più inquinate d’Europa, ma anche svariati profili problematici nelle città meno vicine ai poli industriali più concentrati. Nonostante ormai da tempo l’OMS ribadisca quanto la qualità dell’aria influisca sul benessere generale e abbia fissato delle soglie chiare per PM10, PM2.5 e NO₂, molte città hanno superato, per tali sostanze, la finestra, prevista dalle normative, di 35 giorni di possibile sforamento in un anno: 29 sono i capoluoghi che non sono rientrati nelle norme per quanto riguarda le polveri sottili e ben 57 hanno, invece, registrato una quantità troppo alta di biossido di azoto.
Il capoluogo dell’Alto Adige, infatti, si trova tra le 57 città che hanno superato i limiti previsti per il biossido di azoto
Il piano dell’Unione europea, da attuare entro il 2030, prevede una decisa diminuzione delle particelle inquinanti, ma le strategie delle amministrazioni si sono rivelate quasi sempre fallimentari, divise troppo spesso tra eccessiva moderazione e accettazione dello status quo. Nel decennio 2011-2021, infatti, Legambiente ha analizzato le campagne portate avanti dai Comuni e dalle Regioni, che, sebbene in alcuni casi abbiano permesso di rimanere nei limiti attualmente previsti, non hanno fatto registrare una diminuzione sistematica, come auspicato nei documenti dalle varie agenzie nazionali e internazionali per il 2030 e come ribadito anche nel 2022 dall’UE, che nella direttiva sulla qualità dell’aria, ad opera della Commissione ambiente, ha proposto di rivedere al ribasso le stime sulla quantità del particolato; stime che, però, sono superiori ai valori già individuati dall’OMS, i quali rappresentano il risultato a cui tendere per garantire un’aria pulita e non solo respirabile. E se la lotta allo smog dovrebbe essere uno dei temi principali per le amministrazioni, anche a causa degli importanti risvolti sanitari, è diventato ormai evidente che l’inquinamento cittadino sia una parte cruciale della strategia contro i cambiamenti climatici: automobili, edifici, trasporto pubblico e rete elettrica sono solo alcune delle materie, suggerite anche da Legambiente, da migliorare per cambiare radicalmente il modo di vivere in città e distaccarsi il più possibile dall’attuale inquinamento, che non risparmia neanche Bolzano.
La stima fatta dall’associazione conta un intervallo temporale di più di 15 anni affinché Bolzano riesca ad arrivare a rispettare i limiti europei
Il capoluogo dell’Alto Adige, infatti, si trova tra le 57 città che hanno superato i limiti previsti per il biossido di azoto, un inquinante derivante dal traffico dei veicoli e dallo sfruttamento dei riscaldamenti alimentati a metano e cherosene. L’esposizione a questo gas, soprattutto se prolungata, può provocare diverse patologie respiratorie ed infezioni agli occhi o alla gola. Già nel dossier riferito al 2021 Legambiente aveva lanciato l'allarme per le condizioni legate allo smog di Bolzano, ma la situazione non è migliorata e nel 2022 i bolzanini hanno assistito ad una concentrazione media nell’aria di 31 µg/mc di biossido di azoto. Nel decennio 2011-2021 la diminuzione registrata è stata solamente del 2% rispetto ai valori del decennio precedente, una percentuale assolutamente insufficiente per poter arrivare agli obiettivi europei del 2030, che prevedono un taglio drastico del 34% rispetto al NO₂ presente oggi a Bolzano. Secondo Legambiente, però, con i ritmi attuali non basteranno i 7 anni che ci separano del 2030: la stima fatta dall’associazione conta un intervallo temporale di più di 15 anni affinché Bolzano riesca ad arrivare a rispettare i limiti europei. E se i piani finora attuati rischiano di rivelarsi del tutto inefficaci davanti all’accelerarsi della crisi climatica, non bisogna sottovalutare le gravi conseguenze di un possibile peggioramento generale della salute degli abitanti, che finirebbe per tradursi anche in un aumento della spesa sanitaria, alla quale potrebbero poi aggiungersi le procedure d’infrazione per mancato rispetto delle normative europee. In questo probabile scenario futuro, non stupisce che Legambiente invochi urgentemente un cambio di passo.