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"...come un dipinto sonoro."

Azione_Improvvisa alla Filarmonica di Trento, ossia fisarmonica, tiorba, chitarra elettrica e elettronica per la musica di Monteverdi e nuove composizioni.
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Foto: Giovanni Daniotti
Fisarmonicista di origine trentine, Margherita Berlanda è protagonista della scena contemporanea internazionale. Le abbiamo chiesto di questo quartetto “atipico”, del programma che affianca le musiche di Claudio Monteverdi a nuove composizioni, della sua passione per la musica d’oggi, del suo sogno di bambina.

Salto.bz: Tiorba, fisarmonica, chitarra elettrica ed elettronica, è una formazione a dir poco “inusuale”. Quale occasione o idea vi ha portato a costituire questo ensemble?
 
Margherita Berlanda: Azione_Improvvisa nasce con Raul Masu, ricercatore e compositore. Sentivamo la necessità di creare un connubio sonoro nuovo, capace di mettere in dialogo scenari e tradizioni musicali diverse. Da qui l'idea di accostare tiorba, fisarmonica, chitarra elettrica e elettronica. La dialettica interna al gruppo è sempre stata intensa e ogni progetto nasce da una necessità vera di riflessione, ricerca e di scambio diretto con i compositori. Dal 2018 la formazione è stabile e costituita da Andrea Antonel alla tiorba, Pietro Paolo Dinapoli alla chitarra elettrica, Daniela Fantechi all'elettronica e Margherita Berlanda alla fisarmonica. 
 
 
Nell'interpretare i madrigali e la musica strumentale di Claudio Monteverdi cercare di realizzare una trascrizione fedele quanto possibile all’originale o piuttosto una libera rielaborazione?
 
Si tratta sempre di un processo di rielaborazione, non solo legato alla strumentazione utilizzata.  Si tratta di tre diversi approcci alla musica monteverdiana che hanno però cercato di rispettare l'attaccamento alla parola, cosi caro al compositore. 
Il prologo dell'Orfeo esplora la linearità della monodia accompagnata, proponendola in chiave minimalista; benché ancorata al linguaggio tradizionale del basso continuo è al tempo stesso soggetta a interferenze elettroniche. “Maledetto sia l'aspetto” e “Ohimè ch'io cado” sperimentano un gioco meta-semantico dove la parola monteverdiana viene sostituita da elementi gestuali, strumentali, rumoristici, sottesi alla riconoscibilità della struttura strofica dell'aria originale.
 
Le nuove composizioni in programma hanno tratti comuni con quelle di Monteverdi?
 
“Anamorphosis” nasce con la volontà di rendere attuale un dialogo sempre più necessario tra la musica contemporanea e la musica del passato. Trait d'union dell'intero programma è infatti la volontà narrativa, e l'utilizzo, quasi come tributo a Monteverdi, di parole e gestualità fortemente connotate. Il programma si sviluppa come un dipinto sonoro in continua mutazione, tra chiaroscuri talvolta riconducibili a melodie e armonie antiche, talvolta in contrasto diretto. La volontà è quella di creare una drammaturgia interna. 
In “FIATO” di Filippo Perocco siamo di fronte a una miniatura da vivere “a luce di candela”, caratterizzata da una fragilità e da una tensione latenti. In “già sapean le stelle” di Daniela Fantechi il gesto strumentale diventa elemento di scansione temporale. Un catalogo di gesti percussivi ricorrenti che si susseguono, accosta un percorso armonico che si svela lentamente.
“Solastagia” della compositrice spagnola Ariadna Alsina Tarres utilizza invece la parola come elemento narrativo, creando una sorta di piccolo poema musicale. Questo iter sonoro si conclude con “LICHENI” di Zeno Baldi, che vede nella sublimazione strumentale, raggiunta attraverso la ripetizione ritmica e gestuale, la sua cifra stilistica. 
 
 
Cosa la affascina nella nuova musica?

Mi sono sempre sentita vicina alla musica contemporanea. La vedo come la naturale evoluzione dei linguaggi precedenti. Mi interessa soprattutto approfondire l'aspetto comunicativo, ovvero le istanze che muovono un compositore oggi a scrivere musica e di come l'interprete si faccia veicolo di tale messaggio.
 
Suonare la fisarmonica era il suo sogno di bambina?

Si. Sognavo non solo di suonare la fisarmonica, ma di essere una concertista, sin da bambina. Mio padre suonava la fisarmonica e questo suono cosi complesso, ma che sentivo cosi sicuro, mi ha accompagnata sin da piccola. 

Pensa con Dostoevskij che “la bellezza salverà il mondo”?

Se per bellezza intendiamo il messaggio di un prodotto artistico che ci tocca in qualche mondo come esseri umani, non so se salverà il mondo, so che mi ha salvata e continua a farlo.