Dal mattone alla mela?
Un tempo la raccolta delle mele era appannaggio della famiglia del contadino, del vicinato e degli studenti che, lavorando duro per un mese o più, si pagavano così l’università. Già da tempo questo tipo di attività appartiene alle occupazioni poco ambite dalla popolazione locale (in buon tedesco: Dreckarbeit) e affidate alla manodopera straniera.
Ora, con la crisi che incombe, è prevedibile un’inversione di tendenza? Sì, secondo Christine Pichler, segretaria provinciale della FLAI/CGIL, che ha lanciato un appello al Bauernbund chiedendo, per la raccolta delle mele, di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro in Alto Adige. Secondo Pichler “per il prossimo raccolto gli agricoltori dovrebbero far venire meno forza lavoro dall’estero e privilegiare il personale disoccupato del posto. Nelle liste di collocamento ci sono iscritti donne e uomini volonterosi che hanno perso il lavoro nel settore delle costruzioni, manifatturiero e nel terziario e che sarebbero disponibili a lavorare. Purtroppo, allo stato attuale, non esiste un canale privilegiato che realizzi una sinergia tra disoccupati locali e agricoltori”. Proprio il Bauernbund, afferma la sindacalista, “potrebbe rappresentare il fondamentale anello di congiunzione, il punto di contatto tra i potenziali raccoglitori e gli agricoltori”. Attualmente il reclutamento per l’agricoltura avverrebbe al di fuori dei canali istituzionali e “manca un punto di contatto tra i potenziali raccoglitori e gli agricoltori”.
All’assessorato al lavoro reagiscono con un po’ di stupore: “Nulla impedisce di assumere manodopera locale ed il contatto tra aziende e lavoratori è piuttosto semplice, ad esempio attraverso la borsa lavoro”. Leo Tiefenthaler, Obmann del Bauernbund, si dice interessato alla proposta: “Finora abbiamo dovuto reperire personale all’estero, ma se c’è disponibilità di lavoratori altoatesini, la cosa mi pare positiva”.
In provincia di Bolzano il 4% degli occupati dipendenti lavora nell’agricoltura, settore caratterizzato da una forte stagionalità. “Se tra novembre e luglio sono presenti in media seimila occupati al mese, durante il periodo della raccolta (agosto-ottobre) tale valore raddoppia con punte giornaliere superiori a ventimila lavoratori”. Lo dice Thomas Benelli che ha redatto il numero di Mercato del lavoro news dedicato all’argomento. “Nel corso del 2012 hanno lavorato come stagionali in provincia di Bolzano 13.854 persone, in aumento rispetto alle 10.871 registrate nel 2005, ma in calo dopo il massimo di 15.603 unità raggiunto nel 2011”. La maggior parte degli stagionali è di cittadinanza straniera, prevalentemente comunitaria: gli slovacchi rappresentano il 40%, i polacchi il 20%, i cechi l’11% e i rumeni il 10%. Per quanto riguarda i cittadini italiani, dopo il boom registrato nel 2008, quando sono stati raggiunti i 1.328 individui (rispetto agli 832 dell’anno precedente), si è assistito ad una costante diminuzione del loro numero: nel 2012 gli stagionali nazionali sono stati solo 941, pari al 7% del totale, anche se questo calo, dice Benelli, “potrebbe essere stato compensato da chi svolge lavori occasionali di tipo accessorio” per i quali “non è prevista la comunicazione obbligatoria”.
Comunque stiano le cose, agli uffici della CGIL sempre più persone si renderebbero disponibili alla raccolta della frutta. Tiefenthaler conferma: “Ho sentito dai nostri contadini che effettivamente ora ci sono persone che cercano questo tipo di lavoro. Per noi è interessante poter occupare persone della regione senza dover andare a cercare altrove”.
Dare dunque la precedenza ai “nostri” rispetto a chi viene da fuori? La cosa suona come “già sentita”. Non c’è il rischio di creare concorrenza tra lavoratori? “Questo rischio c’è”, ammette Pichler. “La proposta però non vuole escludere gli uni e favorire gli altri, ma dare la precedenza a chi vive qua, spende qua e paga gli affitti in relazione al locale costo della vita. Ci sono quelli che vengono dall’estero prendendosi un mese di ferie. Non sono disoccupati. Ecco, di fronte a chi ha due lavori, vorrei privilegiare chi invece ne è del tutto privo”.
In ogni caso l’intervento è tardivo perché la maggior parte degli accordi di lavoro sono già stati stipulati. Alla raccolta mancano pochi giorni. “Però ci sarà ancora bisogno di qualcuno – insiste Christine Pichler – e in questo caso noi suggeriamo ai contadini di cercare tra chi è iscritto alle liste di collocamento. In particolare tra gli operai edili che sono abituati a lavorare sodo”.