Film | SALTO weekend

Viva la Resistenza

Tatami, un thriller politico e un film sportivo che racconta la lotta di una judoka iraniana per un titolo e contro il regime oppressore. Un grido di rivolta per la libertà individuale e collettiva.
Tatami
Foto: Screenshot
  • ***1/2

    Per la rubrica “film che nessuno si fila”, Tatami, il lungometraggio diretto dall’israeliano Guy Nattiv e l’iraniana Zar Amir Ebrahimi presentato all’80esima Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia. Arriva l’8 agosto al Filmclub e perderselo sarebbe un gran peccato. Correte.

    Cos’è

    La storia è quella della judoka iraniana Leila Hosseini (Arienne Mandi) e della sua coach Maryam Ghanbari (Zar Amir Ebrahimi, vincitrice del Prix d’interprétation féminine al Festival di Cannes per la sua interpretazione nel bellissimo Holy Spider) che partecipano al campionato mondiale di judo di Tbilisi in Georgia con l’ambizione di portare a casa la prima medaglia d’oro dell’Iran in questo sport.

    Succede però che a metà gara la Repubblica Islamica ordina a Leila di fingere un infortunio e perdere la competizione per scongiurare il rischio di una finale Iran-Israele. La judoka si troverà quindi a dover decidere se obbedire al regime, che per spingerla ad arrendersi inizia a perseguitare la sua famiglia, o se sfidarlo e combattere per giocarsi la medaglia contro la campionessa israeliana in carica, Shani Lavi (Lir Katz).

  • (c) Madman Films

  • Com’è

    Tatami è un avvincente dramma sportivo e politico, una storia di resistenza all’oppressione, una riflessione sulla libertà e la dignità personale e collettiva. Da una parte un’atleta che cerca di conquistare per la prima volta l’oro, dall’altra la denuncia delle persecuzioni e intimidazioni a cui sono sottoposte le donne per mano del governo autoritario iraniano. Il film è girato in bianco e nero, in 4:3 per rimandare costantemente alla forma del tatami. La regia è vivace, con piani spesso molto ravvicinati, lunghe riprese con la steadycam e combattimenti in montaggio accelerato che enfatizzano la pressione crescente incontro dopo incontro (ripresi ogni volta da una prospettiva e da un’angolazione diversa) così come sale la rabbia verso gli agenti della Repubblica islamica che lanciano a Leila minacciosi ultimatum. La tensione, sempre più soffocante, descrive al contempo sia la tentazione di arrendersi che l’impulso a resistere e continuare a combattere, rischiare tutto o sottomettersi. Potenti, in questo senso, sono le interpretazioni delle due protagoniste.

    Il contrasto in Tatami è netto: ci sono i buoni e i cattivi e non c’è spazio per le vie di mezzo, ma nel complesso il film funziona. L’urgenza politica alla base del film è evidente, ma il forte commento sociale sull’attuale situazione in Iran si estende universalmente al controllo che certi uomini e il potere cercano di esercitare sul corpo delle donne. Il finale, non scontato, è il colpo di grazia che ci manda al tappeto.