“Oggi siamo più vicini all’Europa”
Il ministro italiano del lavoro Giuliano Poletti è arrivato puntualissimo in Fercam ed ha assistito prima alla fine dell’autopresentazione dei nuovi assunti e quindi all’introduzione dedicata dell’azienda da parte dell'amministratore delegato Thomas Baumgartner. Dopo di che il ministro ha preso la parola, descrivendo le innovazioni recenti legate al mondo del lavoro e specifici del nuovo ’sistema paese’ promosso dal governo Renzi.
Poletti ha ribadito il compito specifico del governo di cui fa parte (“creare le migliori condizioni affinché ognuno possa fare quello che gli compete”). E allo stesso tempo ha sommariamente elencato quelli che a suo avviso sono i principali errori compiuti negli ultimi decenni in Italia.
“Per anni abbiamo sminuzzato il lavoro che c’era facendolo costare un po’ di meno, ma non si è trattato di una buona soluzione”, ha detto il ministro. Indicando invece in “competenze, efficienza, tecnologie” le tre parole chiave a cui invece occorre fare riferimento. E considerando i giovani come veri protagonisti del cambiamento, invitandoli a muoversi in Europa (“facciamo l’Erasmus anche del servizio civile e dell’apprendistato”).
Dopo di che Poletti ha indicato un’altra necessità, per il ‘buon governo’, e cioè quella di “verificare sistematicamente se le leggi che si fanno funzionano”, indicando nella Fercam un esempio di azienda “che è riuscita a superare la crisi modernizzandosi e ponendo al centro della sua nuova crescita l’’occupazione sicura’”.
A Poletti ha replicato Baumgartner, spendendosi in un appoggio incondizionato per il SI al prossimo referendum costituzionale.
“Insieme alla flessibilità del mercato del lavoro il referendum è un altro passo importantissimo per dare più stabilità, meno burocrazia e sicurezza giuridica all’Italia”, ha detto l’amministratore delegato di Fercam. Dicendosi sicuro che si tratta di una prospettiva che riguarda tutte le imprese. “Con la nuova riforma costituzionale potremo essere più forti rispetto ai nostri competitor europei per poter proseguire e continuare a creare posti di lavoro”, ha concluso Baumgartner.
Terminata la parte istituzionale, il ministro si è quindi concesso ai numerosi giornalisti che immediatamente gli hanno chiesto lumi in merito al jobs act, precedentemente lodato a più riprese da Baumgartner. Poletti è stato sintetico nella sua analisi.
“Abbiamo avuto una riduzione di co.co.co e co.co.pro, nonché delle partite IVA non autentiche. Così abbiamo reso più chiaro il mercato del lavoro. Con i voucher invece abbiamo constatato un uso improprio, per questo abbiamo introdotto un correttivo che è quello della tracciabilità. Prossimamente verificheremo se saremo riusciti a portare questo strumento allo scopo per il quale era stato concepito. Se così non fosse siamo pronti fin d’ora a rimetterci le mani.”
Il ministro del lavoro ha anche commentato i dati che indicano nel 2016 anche in Alto Adige un sostanziale arresto dell’onda lunga di nuovi contratti a tempo indeterminato.
“Per certi versi è l’effetto della sospensione degli incentivi fiscali alle imprese” ha detto in merito Poletti. Ricordando però che la cosa era prevista dato l’alto numero di stabilizzazioni dei contratti di lavoro avute nel 2015. Il ministro del lavoro si è detto convinto che gli effetti più importanti della nuova politica sul lavoro “si avranno a lungo termine e se le aziende inizieranno a considerare il nuovo inquadramento giuridico come un dato stabilizzato, cambiando le loro abitudini derivanti da anni in cui la norma era che su 100 contratti 85 di questi erano precari”.
Poletti ha riservato alcune parole anche al confronto - particolarmente ‘pregnante’ in Alto Adige - tra il mercato del lavoro austriaco dove non esistono i contratti a tempo indeterminato e quello italiano. Il ministro del lavoro del governo Renzi ha tagliato corto, affermando che “ogni paese deve fare i conti con la propria storia e con la propria condizione sociale ed economica”.
“Non credo che possiamo mutuare in maniera semplicistica le situazioni di altri paesi che hanno altre storie, dimensioni e condizioni economiche nella produzione della ricchezza.
L’Italia è un paese che storicamente ha un tasso di occupazione basso e noi abbiamo bisogno di allargare l’apparato produttivo del nostro paese. Abbiamo anche bisogno di garantire delle tutele minime al lavoro perché altrimenti rischiamo che ci sia un imbarbarimento di queste situazioni penalizzando i lavoratori. Non dobbiamo essere ingenui e sognare qualcosa che non c’è. Noi dobbiamo fare i conti con la realtà per quella che è e lavorare per far crescere una cultura, un nuovo modo pensare. Facendo maturare il sistema imprenditoriale e anche la cultura del nostro paese nella giusta direzione.”
In merito alle inerzie del sistema Italia il ministro ha portato due esempi quasi paradossali. Ricordando che solo dopo 30 anni dall’avvio di internet l’Italia è stata in grado di porsi l’obiettivo di puntare su un sistema di connessione (banda larga e ultralarga) al passo con i tempi. E poi facendo riferimento alle lentezze della politica nello specifico della sua attività legislativa.
“Io credo che il nostro paese debba comprendere che il ritmo del cambiamento ad esempio dal punto di vista della tecnologia e della globalizzazione è clamorosamente più alto dei ritmi di cambiamento sociale. Per cambiare un’applicazione sull’iPad ci mettiamo 1 ora, per fare una legge che regoli quella materia ci mettiamo invece 4 anni. Con il rischio che quando arriveremo ad avere la legge non ci saranno più né l’applicazione e forse neppure l’Ipad. Come si fa a gestire questa cosa se non cambiamo l’approccio e il sistema di governance del nostro paese?”
Al ministro è stato anche chiesto conto della sua denuncia del ritardo di 10 anni e più rispetto a diversi stati europei, in termini di lavoro ed innovazione. Ecco qual è stata la sua risposta.
“Almeno il percorso ora l’abbiamo cominciato, cercando di allineare il nostro paese ad esempio con la Germania. Voglio citare un numero a cui non si fa abbastanza riferimento: nell’ultimo anno gli investimenti internazionali in Italia sono passati da 15miliardi a 75miliardi. Se le aziende internazionali investono in Italia ci sarà una ragione. Io credo che sia perché oggi a livello internazionale il nostro paese viene considerato un posto con un quadro delle leggi per il lavoro molto più vicino a quella che è media europea, rispetto a 4 anni fa.”
In conclusione il ministro del lavoro Poletti ha fatto riferimento alla necessità che in Italia la governance diventi finalmente più efficiente, “consentendo alla maggioranza di prendere le decisioni e quindi fare le cose". Tornando quindi sul tema - cruciale - della flessibilità.
“Se è dentro le regole e non è tutta scaricata come un problema sui lavoratori, allora è una condizione normale del mercato. In passato il nostro paese invece di lavorare sulla flessibilità si è trovato nella precarizzazione. Producendo veri e propri errori strategici, come quello che ha fatto in modo che il lavoro a termine costasse meno alle aziende rispetto a quello stabile. Una cosa davvero poco ragionevole. Le aziende guardano anche ai costi ma noi dobbiamo avere un nuovo mercato del lavoro con un ‘nuove ragionevoli convenienze’.”