La fuga dei 14.000
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Quello che ci raccontiamo su quanto sia bello vivere in Alto Adige e quanto sia attrattivo il nostro mercato del lavoro perché “la vita costa di più ma abbiamo stipendi più alti” sembra essere pura fantasia. E’, almeno, quanto emerge da uno studio realizzato dalla Fondazione Nord Est, Centro studi e ricerche delle Confindustrie del Nordest, su incarico di Confindustria Alto Adige. Il risultato: la provincia di Bolzano, nel confronto con le altre regioni europee, si colloca a metà classifica, per l’esattezza al 120mo posto. Tra il 2011 e il 2023 sono emigrati quasi 14mila giovani, con un saldo negativo per quasi 11 mila unità. Un dato che dovrebbe essere interpretato come inquietante per chi è in cabina di regia, ma questo richiederebbe un minimo di autocritica, che non è esattamente la “specialità della casa” tra Brennero e Salorno.
Il rapporto della Fondazione Nord Est evidenzia dunque che per ogni cittadino estero (proveniente dai Paesi che rappresentano le prime dieci destinazioni di espatrio) che decide di trasferirsi in Alto Adige, più di cinque giovani altoatesini partono, un rapporto migliore che nel Nord Italia, dove è pari a sette, ma ugualmente molto sfavorevole. Secondo le proiezioni demografiche, inoltre, al netto di future immigrazioni, si prevede che il numero dei lavoratori diminuirà di circa 32.000 unità entro il 2040 (il 13%)
Come si posiziona in termini di attrattività l’Alto Adige rispetto alle altre regioni europee? La risposta viene da un indicatore, l’ERAI – Regional Attractiveness Index sviluppato da Fondazione Nord Est. L’Alto Adige si colloca al 120° posto in Europa. Rispetto alle regioni leader in Europa emerge un forte ritardo per quanto riguarda la quota di popolazione con istruzione terziaria sia nella fascia di età 25-34 anni (60,1% nella regione svedese, 24% nel territorio dell’Alto Adige) che in quella 25-64 anni (rispettivamente 56,1% e 17,6%). Dati, questi, abbastanza imbarazzanti.
Ai primi posti sulla scala dell’attrattività si trovano Stoccolma, l’Ile-de-France (Parigi) e l’Oberbayern (Monaco di Baviera). Ci sono poi Utrecht, Stoccarda e Amburgo. La prima regione italiana è la Lombardia (50ma), seguita dall’Emilia Romagna (76ma). La Provincia di Trento è 90ma.
Gli aspetti rilevanti per le giovani generazioni nella scelta di un posto di lavoro sono in particolare i seguenti: un’atmosfera di lavoro piacevole, un buon equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, una retribuzione adeguata. Gli indicatori che descrivono l’accessibilità e la mobilità nel territorio vedono l’Alto Adige allontanarsi dalle regioni più attrattive in Europa. Su questi risultati incidono, tra l’altro, i dati non positivi che riguardano la mobilità via treno e via autoveicoli che sono ovviamente influenzati anche dalla morfologia del territorio.
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Lo studio presenta anche alcuni dati positivi. Assegna ad esempio all‘industria altoatesina – sottolinea Confindustria in una nota - buone capacità di attrarre i giovani talenti: le imprese manifatturiere offrono posti di lavoro altamente qualificati e con retribuzioni superiori alla media (35.542 euro all’anno nell’industria con un incremento delle retribuzioni lorde che va di pari passo con l’aumento delle dimensioni di impresa). L'industria altoatesina contribuisce inoltre alla creazione di valore aggiunto, realizzando oltre il 25% di quello altoatesino e raggiunge un alto livello di produttività con oltre 87.000 euro per dipendente, il dato più alto a livello nazionale.
“Preoccupa il fatto che per 5 giovani che lasciano l’Alto Adige arrivi solo una persona dall’estero. Non possiamo perdere la battaglia per i talenti”
In termini di continuità del lavoro va sottolineato che l’industria in senso stretto offre contratti a tempo indeterminato nell’89,8% dei casi. Il livello di apertura internazionale è un altro fattore che viene considerato rilevante nella scelta di lavoro dei giovani. La presenza sul territorio di imprese multinazionali gioca, quindi, un ruolo rilevante nella capacità di attrarre giovani. I dati che riguardano l’Alto Adige (evidenziano la presenza di 984 unità locali legate a gruppi multinazionali esteri e 971 a gruppi multinazionali italiani. In totale rappresentano il 4% delle unità locali della provincia ma generano il 25,1% dell’occupazione (misurata in termini di dipendenti) e il 33% del fatturato. Lavorare nel settore manifatturiero e per un’impresa multinazionale italiana garantisce una retribuzione di 8.000 euro più elevata rispetto alla media del manifatturiero mentre per una multinazionale estera il vantaggio si ferma a 7.300. Il settore dei servizi garantisce, in generale, retribuzioni meno elevate ma presenta la stessa differenza tra imprese multinazionali e totale.
Heiner Oberrauch, Presidente di Confindustria Alto Adige, analizza l’esito dello studio con un po’ i inquietudine: “Preoccupa il fatto che per 5 giovani che lasciano l’Alto Adige arrivi solo una persona dall’estero. Non possiamo perdere la battaglia per i talenti. L'Alto Adige deve diventare un luogo di lavoro più attrattivo per i giovani. E questa è una sfida per tutti noi - politica, economia e società - in egual misura. Anche noi, nelle imprese, siamo chiamati ad agire. Lo studio evidenzia cosa è importante per i giovani lavoratori di oggi”.
Secondo Oberrauch “abbiamo soprattutto bisogno di condizioni di contesto attrattive, che consentano alle giovani generazioni di rimanere o ritornare e che attirino in Alto Adige talenti dall'estero. Ciò include alloggi a costi sostenibili, tra cui un maggior numero di appartamenti in affitto, opzioni flessibili per l'assistenza all'infanzia che rendano più facile conciliare famiglia e lavoro, eccellenti opportunità di istruzione e formazione a tutti i livelli, un'università che attragga i talenti e, di conseguenza, alloggi per studenti in numero sufficiente e a costi sostenibili. L'Alto Adige deve essere e rimanere un luogo desiderabile in cui vivere e lavorare”.