Lo sguardo che ferisce
A un certo punto Farida Lardjane si commuove: “Lo sguardo culturale fa male, io riesco a sopportarlo perché sono forte, ma se penso alle mie figlie, ecco… non lo trovo giusto”. Invece il sindaco, Albert Pürgstaller, alla fine riesce a strappare a tutti un sorriso: “Mio figlio è fidanzato con una ragazza del Marocco… All’inizio eravamo preoccupati, lo confesso, ma adesso abbiamo capito, abbiamo imparato a conoscere le cose belle di quel mondo e anche i suoi problemi”.
Proficua e intensa la discussione che si è tenuta ieri sera al Forum della città vescovile sul tema “La donna nella cultura, religione e società nel Magreb e da noi”. Le relatrici, tutte donne provenienti da vari paesi dell’Africa magrebina, hanno cercato di spiegare al pubblico l’alto livello di complessità che si lega al fatto di essere al contempo femmine provenienti da paesi di religione islamica e per giunta arrivate in un territorio già marcato da differenze culturali storicamente sedimentate. Una complessità perciò da interpretare senza avanzare l’illusione di poterla facilmente “risolvere”, e dunque “dissolvere”.
In realtà ogni donna che era lì puntava a dichiarare e difendere la propria appartenenza culturale, poiché questa non andrebbe vista tanto come “ostacolo”, bensì anche quale “chiave” per raggiungere una maggiore integrazione. “Soltanto se un giorno potrò fare carriera con questo mio velo – ha affermato a un certo punto una donna algerina residente a Bressanone da vent’anni –, allora potrò sperare di poter dare veramente qualcosa a questa città”.
Con grande onestà intellettuale, Barbara Berti – della Commissione Pari opportunità del Comune – ha sottolineato come l’intero dibattito rischi sempre di essere condizionato da un atteggiamento “paternalistico” anche quando si parla dei problemi delle donne, magari persino illudendoci di voler insegnare loro a essere libere: “Ho scoperto che esistono correnti, che noi definiremmo in modo avventato femministe, intonate all’islamismo; esiste una tale ricchezza di accenti e posizioni di fronte alle quali i nostri pregiudizi si sgretolano in modo incessante”.
Paradossalmente, ma si tratta di un paradosso apparente, i mali e le ferite che possono originarsi dalle differenze culturali, dalla loro dolorosa percezione (come notava Farida), si curano solo approfondendo maggiormente proprio le implicazioni culturali e sociali nelle quali siamo immersi. Un compito ancora quasi tutto da svolgere.
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Lo sguardo culturale fa male . perché?
Ich schaue Gesichter schon immer an, wie Blumen. Und seit über 20 Jahren ist das Blumenmeer noch viel bunter und vielfältiger geworden. Wenn sie ihre landestypischen Kleider tragen, sind sie noch bunter und schöner. Ich schau die Menschen mit Neugierde, mit Interesse an. Ein Blick muss nicht nur Ausdruck von Begierde sein. Für mich ist es eine Frage der Ästhetik. Oft möchte ich mit ihnen in Kontakt treten, das ist - wenn schon - eher mit Männern möglich.