Kultur | Turris Babel

XS - La misura del cucchiaio

«…architecture is like a lead ball chained to a prisoner’s leg: to escape, he has to get rid of its weight, but all he can do is scrape slivers off with a teaspoon.»
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Turris Babel EXTRA SMALL
Foto: Architekturstiftung Südtirol | Studio Mut
  • Foto: Architekturstiftung Südtirol | Studio Mut
  • Con il precedente numero XL, extralarge, abbiamo indagato alcuni tra i più recenti progetti di trasformazione urbana alla grande scala. In contrapposizione a tale dimensione affrontiamo in questo caso la misura minima XS, extra-small, riducendo la dimensione stessa di Turris Babel per evidenziare come spesso anche nel piccolo vi sia un concentrato di intenti, tecniche e significati che pongono questioni complesse che il progetto deve affrontare. Con questi due numeri, pur essendoci limitati ad affrontare i temi posti agli estremi della catalogazione dimensionale proposta da Rem Koolhaas nel rivoluzionario volume S, M, L, XL, risulta evidente che, indipendentemente dalla scala, ogni progetto richiede un particolare impegno da parte dell’architetto, che deve definire il concept, la forma, le modalità di utilizzo e quindi il senso stesso di un opera. Non vi è quindi un’automatica proporzione tra dimensione fisica e impegno progettuale, un progetto di qualità anche nel piccolo concentra in sé sfide e difficoltà.

    Piccolo è bello ma rende poco, potrebbe essere lo slogan.

    Una fermata dell’autobus, una pensilina per biciclette, una struttura temporanea, sono molti gli oggetti che quotidianamente incontriamo nei nostri paesi e nelle nostre città. Possono sembrare strutture poco rilevanti ma l’impegno per immaginarle e produrle è sempre molto. Anche le architetture di limitate dimensioni, oltre a soddisfare le esigenze della committenza, possono presentare rilevanti complessità di realizzazione, devono rispettare norme e ottenere autorizzazioni, seguendo iter burocratici non diversi da quelli delle opere maggiori. A questo si aggiungono ulteriori gradi di difficoltà, ovvero la necessità di immaginarle e realizzarle in tempi molto brevi, lavorando spesso con un budget limitati. A fronte di tale impegno, trattandosi di opere con importi molto contenuti, il compenso che ne deriva risulta non proporzionato rispetto all’impegno offerto dal professionista. Piccolo è bello ma rende poco, potrebbe essere lo slogan. Nonostante ciò, i piccoli progetti costituiscono una parte molto importante del lavoro di ogni architetto, soprattutto per chi avvia la propria attività professionale. Le piccole strutture costituiscono spesso una delle prime occasioni concrete per realizzare un’opera. Sono le prime “prove” per misurarsi sul terreno dell’architettura. Progetti dove a volte vi è un sovraccarico di passione e anche di aspettativa. Ma anche per chi ha una carriera ben avviata e solida, la piccola dimensione rimane un terreno di azione importante. Un’occasione per esprimere in un singolo concetto il senso di un’opera, con uno sforzo di riduzione e semplificazione che permette però anche un maggiore grado di azzardo e sperimentazione. Ecco, quindi, come la selezione degli esempi proposti affronta le occasioni progettuali non solo con una risposta tecnica ma anche con una forte componente creativa e concettuale: la composizione grafica e formale di una semplice fermata dell’autobus rielabora materiali e decori del contesto alpino; la casetta gioco dei bambini trasmette l’imprinting all’architettura dai genitori ai figli; un pollaio, con un po’ di ironia, sviluppa i concetti legati all’offerta turistica concedendo anche alle galline una preziosa vista sul paesaggio; il recupero di un ex rudere sul lago per un uso residenziale temporaneo, si trasforma in una sorta di macchina che dilata e comprime lo spazio…

    con la propria forza di tanti piccoli “cucchiaini da tè”, raschiando singole schegge, contribuiscono a dare un senso etico e sociale all’architettura

    Questi piccoli interventi forse non saranno determinanti per scrivere la storia dell’architettura, non la liberano da quella “palla al piede” evocata da Rem Koolhaas nell’introduzione del libro S,M,L,XL, tuttavia, in realtà, con la propria forza di tanti piccoli “cucchiaini da tè”, raschiando singole schegge, contribuiscono a dare un senso etico e sociale all’architettura.

     

  • Foto: Architekturstiftung Südtirol, Studio Mut
  • TURRIS BABEL è la rivista di architettura della Fondazione Architettura Alto Adige, frutto della collaborazione appassionata e volontaria di giovani architetti. La Redazione si è posta come obiettivo, quello di risvegliare l’interesse per l’architettura non solo tra gli esperti in materia, ma anche tra la popolazione, di rilanciare su tutto il territorio ed a livello nazionale, il dibattito sull'architettura in Alto Adige, di promuovere la divulgazione di una buona progettazione, cosciente delle implicazioni socio-economiche ed ambientali che essa comporta.