La quota albo forense Bolzano è... rosa
Parità dei sessi. Anche quando c’è da pagare? Sembrerebbe di no. Da anni gli avvocati e le avvocate altoatesini corrispondono un diverso importo di contributo annuale di iscrizione all’Albo degli Avvocati per deliberazione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati d Bolzano. Nel 2016 i professionisti fino a cinque anni di anzianità hanno versato euro 293, mentre le professioniste euro 288; i legali con un’anzianità da 6 anni in poi euro 367 per gli uomini ed euro 357 per le donne. Stessa somma dovuta, l’anno scorso, a prescindere dal genere, invece, per gli avvocati cassazionisti, ossia euro 409, e per i praticanti avvocati (euro 70 per i praticanti non abilitati ed euro 115 per i praticanti abilitati al patrocinio).
Abbiamo chiesto delucidazioni in merito all’avvocato Elohim Rudolph Ramirez, presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Bolzano e all’avvocata Giovanna Cipolla, presidente del comitato delle pari opportunità nel Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bolzano. “Si è voluto dare un piccolo segnale per venire incontro alle esigenze delle donne, penalizzate negli introiti rispetto agli uomini. E’ tuttavia riduttivo e ipocrita ritenerlo un aiuto” – afferma l’avvocato Ramirez, il quale precisa che non si potesse diminuire il contributo annuale per le donne in misura ancora ulteriore, stante i ristretti margini a disposizione.
"Si è voluto dare un piccolo segnale per venire incontro alle esigenze delle donne, penalizzate negli introiti rispetto agli uomini"
A tale proposito il presidente spiega: “L’Ordine degli Avvocati si sostiene con i propri mezzi e versa la quota di iscrizione di Albo in parte al Consiglio Nazionale Forense, poi alle associazioni di categoria, ed anche all’Organismo Congressuale Forense (che ha preso il posto dell’OUA, l’Organismo Unitario dell’Avvocatura, ndr). A livello locale, quanto rimane del contributo si investe in servizi ai propri iscritti, primo fra tutti la formazione gratuita, nel finanziamento di diverse strutture tra cui l’organismo di mediazione forense ed in servizi per la popolazione, quali lo sportello al cittadino”.
Per Ramirez il problema principale è costituito dalla natura della professione forense, autonoma per vocazione, tale per cui ciascun professionista è imprenditore di se stesso, gestisce da sé la propria attività, clientela e incarichi: “E’ indubbio che gli uomini abbiano una maggiore disponibilità di tempo rispetto alle donne, che invece si dedicano per lo più alla famiglia. Dei figli non ci può, peraltro, occupare solo nei loro primi mesi di vita. Ne consegue che a comporre l’Albo siano in maggioranza uomini. Noi abbiamo 294 avvocate a fronte di 515 avvocati. E dei 355 cassazionisti 79 sono le donne, mentre 276 gli uomini. Diversamente, tra i praticanti le donne sono in maggioranza, 116, sugli uomini, 79”.
L’avvocato Ramirez auspica, quindi, una riforma del sistema previdenziale che consenta maggiori modulazioni e aiuti in ragione della capacità reddituale degli iscritti nonché le condizioni indispensabili per una pensione dignitosa per tutti. Sulla necessità di una previdenza equa è dello stesso avviso la presidente del comitato di pari opportunità del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bolzano l’avvocata Giovanna Cipolla, che nel sottolineare come da ricerche statistiche sia emerso a livello nazionale e locale un reddito medio delle donne notevolmente inferiore a quello degli uomini afferma, nello specifico, sulla riduzione del contributo annuale di iscrizione all’Albo: “Si è trattato di un segno di sostegno, un atto simbolico per dare atto del fatto che esista una disparità che si è cercato di riequilibrare. Per quanto concerne i cassazionisti, col passare degli anni il gap tra uomini e donne si riduce; per questo motivo si è previsto un contributo identico per entrambi”.
"Si devono formare le coscienze per rendersi conto che tra uomini e donne non vi siano le stesse opportunità e la stessa considerazione. Una discriminazione subdola, perché c’è ma di cui le donne per prime non sempre se ne avvedono"
Eliminare le differenze retributive di genere è una sfida non facile da vincere. A tale proposito l’avvocata Cipolla ha le idee chiare: “Per prima cosa bisogna incentivare le colleghe ad avere fiducia in se stesse ed a non limitarsi ad affrontare tematiche ghettizzanti, verso le quali le donne si sentono in genere più portate, ossia diritto di famiglia, minorile, condominiale, ma a rendersi attive anche in altri settori, quale il diritto commerciale, industriale, l’arbitrato, materie senz’altro più redditizie dal punta di vista economico”. Sul reddito incide – prosegue l’avvocata Cipolla – anche la tendenza di alcune professioniste a detenere rapporti di lavoro simildipendenti: “Sono una buona prospettiva in tempo di crisi economica, ma essi frenano la crescita economica. Le donne dovrebbero puntare a essere titolari dello studio legale”.
Fondamentale per l’avvocata Cipolla è soprattutto modificare l’impostazione culturale e riflettere sulle situazioni che anche inavvertitamente possano creare discriminazione sul lavoro e nella società nonché sul fatto che nei luoghi di potere le donne siano ancora sottorappresentate: “Il problema maggiore è sovente l’assenza di consapevolezza della disparità di trattamento e della necessità di uguaglianza sostanziale. Si devono formare le coscienze per rendersi conto che tra uomini e donne non vi siano le stesse opportunità e la stessa considerazione. Una discriminazione subdola, perché c’è ma di cui le donne per prime non sempre se ne avvedono”.
Un nodo critico è, infatti, costituito dall’incapacità delle donne a farsi valere dal punto di vista economico. Al riguardo la presidente del comitato delle pari opportunità sottolinea come si siano rivelati utili i corsi di formazione motivazionale e quanto sia indispensabile insistere in tale direzione: “Di frequente si innescano nel rapporto con i clienti meccanismi psicologici perversi, quali una pretesa di empatia, partecipazione e sensibilità, da cui discendono compensi bassi. Ogni professionista deve invece pensare di aver lavorato bene e di dover ricevere la retribuzione corrispondente all’impegno profuso ed in base al valore della prestazione resa”.
Positiva è la sussistenza delle quota rosa, strumento efficace ad avviso di Giovanna Cipolla per garantire alle donne potere e introdurre l’idea di compartecipazione fra uomini e donne: “Le donne non hanno bisogno di protezione. Tuttavia, è necessario instaurare una buona prassi che poi diventi fisiologica e porti alla risoluzione spontanea del problema”.
Infine, “sul tema della conciliazione tra lavoro e famiglia pesa il fatto che il sistema non sia a misura di donna, perché improntato sul modello maschile - conclude l’avvocata Cipolla -. Le pari opportunità sono ancora lontane dall’essere realizzate in concreto. Il principio di parità fra donne e uomini, previsto in Costituzione, per ora è solo sulla carta: esso necessita di misurarsi con la realtà per la sua attuazione. Se non si è consapevoli di questo, la parità non si realizzerà mai”.