Gesellschaft | Retroscena

A domicilio? Nein danke

Sono inquietanti i dati sulla carenza di servizi sanitari domiciliari in provincia di Bolzano rivelati dal rapporto Osservasalute 2014.

Il dato, contenuto nel rapporto Osservasalute 2014 redatto dall'osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, è di quelli che fanno riflettere. La provincia di Bolzano è all'ultimo posto per numero di malati che hanno ricevuto assistenza domiciliare integrata. Le cifre dicono che, su 100.000 malati che, nel 2012, avevano i requisiti per ricevere assistenza domiciliare, a livello nazionale ne hanno potuto usufruire in 1066. Un dato il notevole crescita se si pensa che, ancora nel 1998, il numero di malati assistiti era di 359 su 100.000. Le cifre maggiori si registrano, sempre nel 2012, in Emilia-Romagna, con 3009 malati assistiti a domicilio su 100.000 aventi i requisiti.

Il dato di Bolzano però è eclatante: solo 145 malati su 100.000 ipotetici aventi diritto sono stati raggiunti dai servizi per la cura a domicilio integrata.

Le cifre parlano chiaro. La sanità altoatesina è impostata, sulla base di scelte strategiche compiute qualche decina di anni fa e mai più riviste, su un sistema che privilegia in senso assoluto la gestione ospedaliera dei malati. È la famosa rete dei sette ospedali distribuiti fra centro e periferia, vere e proprie cattedrali laiche di una religione della salute che concentra tutte le risorse e tutte le disponibilità all'interno delle mura degli ospedali. Una strategia che forse poteva avere una sua logica mezzo secolo fa, ma che oggi sconta duramente i problemi di carenza di risorse, ma anche e  soprattutto di un'evoluzione della società e dei bisogni della popolazione.

Basti pensare che, con la continua crescita dell'età media dei pazienti, sono aumentate e aumenteranno ancora di più le patologie di tipo cronico, per le quali il ricovero rappresenta molto spesso un controsenso, oltre che una soluzione finanziariamente assai costosa. Questo tipo di malati possono essere assistiti a casa loro, nelle strutture per anziani, in quelle per lungodegenti, se sul territorio viene implementata una rete di servizi ben organizzata con specialisti, infermieri, fisioterapisti, riabilitatori che vanno a integrarsi con la medicina di base.

Un esempio concreto è quello delle cure palliative. Un settore quasi ignorato, in provincia di Bolzano, sino a qualche anno fa, quando era addirittura delegato unicamente ad una struttura privata. Solo dopo molti sforzi di grandi difficoltà si è riusciti ad aprire il primo Hospice presso l'ospedale di Bolzano, ma manca ancora assolutamente una rete di assistenza domiciliare, come quella realizzata ad esempio nella vicina provincia di Trento, che consenta ai malati terminali di essere seguiti nella loro casa come luogo abituale residenza.

Le cifre contenute nel rapporto dovrebbero far riflettere molto attentamente i responsabili del settore sanitario, anche per dare un senso del tutto diverso alla guerra di religione che si combatte, in queste settimane, sulla chiusura di alcuni reparti nei piccoli ospedali della periferia.

Non si tratta, dunque, di sottrarre i servizi sanitari dalle zone più lontane dal centro, ma semplicemente di cambiare filosofia e struttura organizzativa. Non più solo ospedali ma una rete che arrivi proficuamente sino alla porta di casa di chi ha bisogno